Discernimento e verifica della collaborazione

Lettera al Presbiterio e ai Consigli pastorali per il discernimento e la verifica della collaborazione in pastorale tra le parrocchie
15-07-2025

Carissime/i,

desidero dedicare questa lettera n. 40 alla prossima tappa del nostro cammino diocesano in cui tutti siamo coinvolti oramai da un triennio, ma l’impegno a rinnovare il vissuto ecclesiale delle nostre 158 parrocchie viene da più lontano.

A prova di questa affermazione, riporto qui il n. 199 del Libro sinodale, pubblicato nel 2006. Siamo nella Parte terza dedicata alla parrocchia dove, nel IV capitolo dal titolo Pastorale sinodale, è scritto:

Le parrocchie anche piccole fanno parte della nostra storia e cultura. Ne fa fede anche l’attaccamento della nostra gente alle chiese frazionali. In futuro, valutazioni di tipo pastorale potranno imporre una revisione dell’attuale assetto per la diversa strutturazione di presenza della Chiesa sul territorio. In ogni caso questi processi di trasformazione delle parrocchie andranno curati promuovendo forme di partecipazione e di coinvolgimento delle comunità interessate.

Nel numero precedente – 198 – ci si chiede: «Chi è chiamato ad attuare la pastorale sinodale?». La risposta è indubbia: «Innanzitutto la nostra Chiesa particolare e le singole parrocchie».

Questo riferimento ci sorprende: ci precede di un ventennio e, di fatto, con i percorsi fatti finora, ci ritroviamo nella stessa intenzionalità, addirittura in una corrispondente metodologia pastorale. Potremmo dire che non abbiamo deviato dalla via tracciata dal Sinodo diocesano. Occorre, dunque, sfatare la tentazione, paventata da qualcuno, secondo cui ci saremmo attardati su cose non necessarie. In realtà c’è una fedeltà che ha i tratti della corresponsabilità e della creatività a cui non possiamo rinunciare per poter essere Chiesa “vivente” oggi e in questo territorio.

Le parole che il Sinodo diocesano ha forgiato e utilizzato – si pensi a Pastorale sinodale – impattano in modo fecondo e generativo con le parole e le pratiche di tutto il processo di Sinodo a cui ci ha indirizzato papa Francesco e che papa Leone ha rilanciato nella Veglia di Pentecoste il 7 giugno scorso:

La sera della mia elezione, guardando con commozione il popolo di Dio qui raccolto, ho ricordato la parola “sinodalità”, che esprime felicemente il modo in cui lo Spirito modella la Chiesa. In questa parola risuona il “syn” – il con – che costituisce il segreto della vita di Dio. Dio non è solitudine. Dio è “con” in sé stesso – Padre, Figlio e Spirito Santo – ed è Dio con noi. Allo stesso tempo, sinodalità ci ricorda la strada – “odós” – perché dove c’è lo Spirito c’è movimento, c’è cammino. Siamo un popolo in cammino. Questa coscienza non ci allontana ma ci immerge nell’umanità, come il lievito nella pasta, che la fa tutta fermentare. L’anno di grazia del Signore, di cui è espressione il Giubileo, ha in sé questo fermento. In un mondo lacerato e senza pace lo Spirito Santo ci educa infatti a camminare insieme. La terra riposerà, la giustizia si affermerà, i poveri gioiranno, la pace tornerà se non ci muoveremo più come predatori, ma come pellegrini. Non più ognuno per sé, ma armonizzando i nostri passi ai passi altrui. Non consumando il mondo con voracità, ma coltivandolo e custodendolo, come ci insegna l’Enciclica Laudato si’. Carissimi, Dio ha creato il mondo perché noi fossimo insieme. “Sinodalità” è il nome ecclesiale di questa consapevolezza.

Con il Sinodo diocesano (2002-2006) e il Sinodo di tutta la Chiesa (2021-2024) si intreccia una terza componente chiamata Cammino sinodale delle Chiese in Italia (2021-2025). In realtà è la versione italiana del Sinodo di tutta la Chiesa. È, senz’altro, la dinamica che ha più inciso nella nostra Chiesa di Belluno-Feltre in questi anni, dopo la faticosa esperienza della pandemia. Per sviluppare e integrare i nostri percorsi pastorali diocesani abbiamo attinto da tale Cammino, anzi vi siamo entrati con entusiasmo e impegno. Ora siamo in attesa della III Assemblea sinodale, che si terrà a Roma il 25 ottobre e a cui parteciperanno i delegati di ogni diocesi italiana. Tutto questo costituisce il contesto ecclesiale in cui collocare il discernimento e la verifica della collaborazione tra parrocchie che siamo impegnati a portare a termine entro la circostanza della festa patronale di San Martino, l’11 novembre prossimo.

Anche la prospettiva delle Assemblee parrocchiali o inter-parrocchiali, che abbiamo proposto e di cui ho scritto gli elementi motivazionali e portanti nella lettera n. 27 del 2 maggio scorso, va compresa nel cammino aperto dal Sinodo diocesano: «In ogni caso questi processi di trasformazione delle parrocchie andranno curati promuovendo forme di partecipazione e di coinvolgimento delle comunità interessate» (Libro sinodale n. 199).

Prima di entrare in argomento, intendo attenzionare qui il presbiterio e i CP sulla fase attuativa del Sinodo approvata da papa Francesco e comunicata ufficialmente dal Segretario Generale del Sinodo, il card. Mario Grech, con lettera del 15 marzo 2025. Si tratta di un ulteriore percorso che «troverà infine sbocco nella celebrazione di un’Assemblea ecclesiale in Vaticano nell’ottobre 2028». Circa la sua realizzazione, è detto: «Per il momento, pertanto, non si procede con l’indizione di un nuovo Sinodo, optando invece per un processo di consolidamento del percorso compiuto».

Contestualmente a questa lettera, la Segreteria Generale del Sinodo ha pubblicato il sussidio che ci sosterrà in questa ulteriore stagione di attuazione sinodale a partire da quest’anno 2025 fino al 2028: Tracce per la fase attuativa del Sinodo 2025-2028. Una specie di formula sintetica finale appare al punto 3.2: «Il Documento finale sottolinea a più riprese che “spetta alle Chiese locali trovare modalità appropriate per dare attuazione a questi cambiamenti”».

Nel nostro specifico siamo confermati nel portare a frutto la collaborazione in pastorale tra le comunità parrocchiali e la corresponsabilità di tutti nella vita e nella missione della Chiesa.

Quest’ampia introduzione è un aiuto soprattutto a chi non ha chiare le tappe e le finalità del cammino pastorale diocesano e del contesto ecclesiale nazionale e mondiale in cui si inserisce.

 

L’atteggiamento adeguato e le componenti necessarie nel verificare il triennio

Ora cerchiamo di precisare e motivare l’impegno pastorale dei prossimi mesi: verificare e valutare gli atteggiamenti, le modalità e le pratiche con cui ci siamo sperimentati nel collaborare tra parrocchie.

Innanzitutto partiamo dagli intenti da perseguire (cfr. Tracce per la fase attuativa del Sinodo, p. 15), tenuto conto che verificare il triennio di collaborazione tra le parrocchie significa valutare quanto vissuto e non tanto controllare e giudicare.

Nel preparare i momenti di verifica sia in CP sia nell’Assemblea parrocchiale può essere utile e illuminante quanto riportato nel Documento finale del Sinodo, al n. 100:

Ugualmente appaiono necessarie strutture e forme di valutazione regolare del modo in cui sono esercitate le responsabilità ministeriali di ogni genere. La valutazione non costituisce un giudizio sulle persone: essa permette piuttosto di mettere in luce gli aspetti positivi e le aree di possibile miglioramento dell’agire di chi ha responsabilità ministeriali e aiuta la Chiesa a imparare dall’esperienza, a ricalibrare i piani di azione e a rimanere attenta alla voce dello Spirito Santo, focalizzando l’attenzione sui risultati delle decisioni in rapporto alla missione.

Per venire incontro alla richiesta di tempi più distesi e poter portare a termine la verifica del triennio di sperimentazione nella ricorrenza di San Martino, l’11 novembre 2025, nella lettera n. 27, sopra citata, è stata riportata la decisione, maturata con i vicari foranei e i delegati foraniali, di posticipare il termine entro cui tenere le Assemblee parrocchiali o inter-parrocchiali: entro il 30 settembre.

A seguito di questo posticipo si è delineata una diversa collocazione dei due impegni che avrebbero dovuto preparare l’iniziativa delle Assemblee parrocchiali e sfociare in esse:

  1. l’incontro previo del Coordinamento foraniale,
  2. l’incontro del CP come preparatorio dell’Assemblea.

 

Gli attori della verifica: Coordinamento foraniale e Consigli pastorali

Tutte le fasi della verifica vanno svolte a partire dalla Carta d’Intenti e dalla Mappa delle collaborazioni.

Mettiamo in luce alcuni aspetti del duplice impegno che il Coordinamento foraniale e i Consigli pastorali cercheranno di preparare e attuare.

  1. L’incontro del Coordinamento foraniale è stato ideato per permettere ai parroci e ai vicepresidenti dei CP di cogliere in una visione d’insieme – tipica di un organismo che ha la mission di “coordinare” – le intenzioni a cui ispirarsi, i criteri da seguire, le attenzioni da avere, le difficoltà da affrontare e le problematiche da chiarire nell’accingersi a verificare il triennio in questione. In tutto questo non c’è nulla di eccezionale, si tratta di attivare e condividere un ascolto che permetta di conoscere l’esperienza delle altre comunità, di arricchirsi di essa, di fare delle considerazioni insieme per evitare quelle evidenti divergenze tra parrocchie della stessa Convergenza foraniale che a volte mettono in difficoltà le persone e le famiglie. L’incontro del Coordinamento foraniale, alla data odierna, dovrebbe essere già avvenuto. Qualora sia ancora da tenere, si incoraggia il vicario foraneo e il delegato foraniale a convocarlo nei primissimi giorni del mese di settembre.
  2. È importante cogliere il valore dell’incontro del CP come preparatorio dell’Assemblea parrocchiale. Possiamo dire che la vera e propria verifica deve avvenire in CP. Spetta ad ogni CP con il parroco invitare eventualmente anche chi svolge un importante servizio in parrocchia, come anche coinvolgere in aspetti particolari della verifica qualche gruppo più impegnato nell’attività pastorale, come è stato suggerito nella lettera n. 27 di cui sopra.

 Come preparare l’incontro di verifica del CP?

  • È, innanzitutto, impensabile che possa essere compresso in un tempo limitato: certamente non lo si fa in un’ora, forse neppure in un incontro solo. Occorre che ci sia uno spazio temporale disteso, senza affaticare le persone che vi partecipano.
  • Non è metodologicamente appropriato che si intenda la verifica in modo generico e generalizzato. Essa va fatta avendo ben presenti i due sussidi di riferimento: la Carta d’Intenti e la Mappa delle collaborazioni.

La Carta d’Intenti  (n. 6) contiene i quattro passaggi da fare nella verifica. Si tratta dei quattro aspetti in cui ci eravamo impegnati a dare corpo al collaborare in pastorale tra le parrocchie vicine.

Li richiamiamo qui, rimandando alla Carta:

  1. Ogni forma e modalità di collaborazione nella vita pastorale tra le comunità va attuata fin dal suo inizio, a partire dalla fase di progettazione…
  2. Il CP unitario significa e comporta che gli orientamenti di fondo nella vita delle comunità in collaborazione sono condivisi…
  3. I servizi, i ministeri, i mandati svolti nelle comunità e la stessa formazione, siano in questa modalità: “in équipe”, “di gruppo”, con periodicità di incontri per la formazione e progettazione pastorale…
  4. L’esercizio del ministero diaconale e presbiterale assuma forma “sinodale”: da concretizzare in incontri di fraternità tra preti e di condivisione pastorale con équipe e gruppi che svolgono servizi e ministeri nelle comunità in collaborazione…

Per procedere nella verifica è necessario che ciascuno di questi quattro aspetti venga rivisitato da alcuni punti di vista a cui si è già accennato nella lettera n. 27:

  1. richiamare le tappe e i momenti più significativi dell’esperienza di collaborazione per fissarne i progressi compiuti e le acquisizioni maturate;
  2. considerare gli aspetti non riusciti cogliendone il motivo;
  3. identificare gli elementi spuri (non autentici, inopportuni) da risolvere o abbandonare;
  4. tracciare una pianificazione delle priorità e delle aree di miglioramento.

Occorre vagliare ciascuno di questi quattro fronti aperti, anche quello o quelli non sviluppati, cercando di darne ragione.

Ci sarebbero altre due interessanti componenti da considerare mentre si verificano i quattro aspetti di collaborazione:

  1. gli elementi nuovi, non previsti e che, invece, appaiono significativi;
  2. le problematiche in cui ci si è imbattuti ancora irrisolte e le domande aperte che non hanno risposta.

Nella Carta d’Intenti ai nn. 7 e 8 si auspica che le comunità in collaborazione curino alcune attenzioni.

  • Sono intese come “priorità pastorali” (n. 7): innanzitutto ci si riferisce ai “soggetti attivi” verso cui cambiare atteggiamento e ai quali riconoscere il protagonismo: adolescenti, giovani e famiglie; poi è stata indicata l’Iniziazione cristiana attorno cui concentrarsi nella vita delle comunità.
  • Mentre al n. 8 si delinea una sorta di “metodologia pastorale” da apprendere: l’attenzione alle persone nella loro situazione di vita per curare l’essenziale in pastorale, potando ciò che non lo è; inoltre la consapevolezza dell’inedito a cui aprirsi.

Possono essere anche queste interessanti considerazioni motivo di ulteriore valutazione di questo triennio di collaborazione tra parrocchie.

Questa verifica compiuta dal CP, innanzitutto con lo strumento della Carta d’Intenti, permette di rivisitare la Mappa delle collaborazioni:

  • è importante chiedersi se i raggruppamenti di parrocchie descritti possono essere confermati, poiché il CP ritiene che la sperimentazione avvenuta abbia sostanzialmente confermato tale impianto;
  • è necessario approfondire in CP gli elementi di criticità emersi, valutarne l’entità, cercare di delineare l’alternativa che il CP sente doveroso dapprima proporre al Coordinamento foraniale e, poi, a livello diocesano.

Nel cammino percorso vi è una ricchezza di sollecitazioni e di prospettive che ci incoraggia e che dovrebbe infonderci fiducia.

Per tutto questo e con tale metodologia la verifica non sarà né generica né generalizzata. Permetterà, invece, di aver appreso dall’esperienza ecclesiale stessa e dal discernimento nello Spirito come procedere nello stile sinodale di comunione e partecipazione e per vivere la missione affidataci.

 

“Tutti” coinvolti nella verifica: l’Assemblea parrocchiale o inter-parrocchiale

Il valore, il significato, le motivazioni e le finalità della proposta dell’Assemblea parrocchiale o inter-parrocchiale sono riportati all’inizio di questa lettera, mostrando come questo segno sia la naturale maturazione di passi già compiuti, di aspettative reali, di scelte pastorali e di stile sinodale, improntati sulla partecipazione di tutti i battezzati e sulla corresponsabilità nella missione.

Ricostruiamo le caratteristiche dell’Assemblea parrocchiale o inter-parrocchiale:

  1. L’Assemblea non va pensata isolatamente rispetto a tutto il percorso di verifica che comprende il primo momento in Coordinamento foraniale e, poi, il secondo momento in CP, come già delineato. La verifica avvenuta in CP costituisce il contenuto fondamentale che deve essere comunicato in Assemblea, tanto da fungere da obiettivo dell’Assemblea Concretamente il CP rende partecipe l’Assemblea del frutto del discernimento compiuto. Questa trasmissione deve essere “attiva” e suscitare il coinvolgimento dei partecipanti affinché possano esprimere il loro punto di vista, le loro osservazioni critiche e le loro proposte. Il confronto che ne scaturisce è il momento centrale dell’Assemblea. Possiamo a riguardo evidenziare tre finalità che in tal modo vengono assolte:2.
    • l’Assemblea offre l’opportunità di far conoscere l’esperienza di collaborazione tra parrocchie, di aggiornare sul vissuto ecclesiale delle comunità, di diventare un’occasione formativa sul Cammino sinodale;
    • l’Assemblea rappresenta il momento più significativo del “discernimento comunitario” in cui la possibilità di dare la parola ai partecipanti fa crescere il senso di corresponsabilità e permette di elaborare delle scelte condivisibili;
    • l’Assemblea evidenzia la natura e il fine del CP che non è un organismo “di potere”, ma di servizio alla comunità che costantemente rappresenta e a cui rende conto.
  2. L’Assemblea parrocchiale o inter-parrocchiale da proporre come verifica della sperimentazione della collaborazione tra parrocchie è particolare: non è su temi generali e liberi, ma è di verifica di una sperimentazione specifica, dunque il suo sviluppo deve restare fedele a questo punto fondamentale dell’OdG.
      • La convocazione dell’Assemblea si effettua nei modi e forme con cui solitamente si comunicano informazioni importanti in parrocchia: ad esempio negli avvisi che si danno nelle Messe domenicali, nei foglietti settimanali o nei bollettini, nei siti parrocchiali o tramite altri social.
      • La convocazione sia firmata dal parroco unitamente al CP: è bene che fin dalla convocazione sia evidenziato il valore di questo radunarsi ecclesiale. Solitamente quando la comunità ecclesiale si incontra in forma “ufficiale”, l’evento assume un connotato celebrativo che è bene indicare con dei segni o riti (portare all’inizio e collocare in luogo privilegiato il libro dei Vangeli…).
      • Nel CP occorre preparare al meglio lo svolgimento dell’Assemblea: fondamentale è individuare il moderatore che aiuterà tutti i soggetti coinvolti a “stare al loro posto”, a garantire la successione delle fasi dell’incontro, a dare la parola ed eventualmente toglierla indicando i tempi di intervento, a mantenere vigile e rispettosa la gestione dell’insieme.
      • A presiedere l’Assemblea sia il parroco che, comunque, lascia rispettosamente la gestione di essa al moderatore. È bene che sia il CP a scegliere il moderatore, valutando l’opportunità che sia scelto all’esterno del CP. Al presidente sia riservato un intervento iniziale di intonazione e di incoraggiamento. Il moderatore, di seguito, espliciti lo stile e le modalità con cui l’Assemblea si deve svolgere, inoltre definisca bene la tematica in questione e dia indicazione sulle possibilità di intervento.
      • Una questione importante riguarda l’opportunità o no di chiedere il voto dell’Assemblea su alcuni punti o sull’insieme della tematica. Il voto serve per conoscere l’orientamento dell’Assemblea. L’elaborazione di una decisione, invece, risulta più complessa, essendo la comunità ecclesiale articolata nella sua composizione così come anche i compiti e le competenze sono distribuiti a più livelli. Lo scopo di questa Assemblea parrocchiale è di maturare un consenso il più possibile esteso. Spetta, dunque, al CP e al parroco accompagnare, comprendere, interpretare lo svolgimento dell’Assemblea e capirne le dinamiche che si attivano per favorire un discernimento comunitario adeguato e disponibile all’azione dello Spirito Santo. Si consiglia di chiedere il voto solo su punti in cui serva realmente conoscere e quantificare l’orientamento dell’Assemblea.
  3.  Come si svolge l’Assemblea?
    • Innanzitutto essa deve assumere un carattere sinodale e spirituale. Non si tratta di una riunione di amministrazione, ma di un atto ecclesiale in cui ci si impegna davanti a Dio e con i fratelli e sorelle che vi partecipano. Lo spirito e lo stile che la caratterizzano dovrebbero essere simili a quello che più volte viene raccontato negli Atti degli Apostoli: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola» (4,32).
    • La Parola di Dio deve illuminare il ritrovarsi come comunità che si mette in atteggiamento di ascolto e di conversione, similmente a quanto viene detto in Apocalisse 2-3 alle sette Chiese nominate: «Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese». È necessario che all’Assemblea sia data l’intonazione di preghiera e di ascolto. Potrebbe essere scelta come Parola da proclamare Atti degli Apostoli 15,1-31 che narra la cosiddetta Assemblea di Gerusalemme, quando la comunità di Antiochia interpella la comunità apostolica di Gerusalemme per una situazione problematica insorta. Si tratta di una duplice assemblea ecclesiale che si rese necessaria fin dagli inizi per comprendere quali scelte maturare nella missione. Nella Carta d’Intenti al n. 2 si fa riferimento a questo racconto e lo si rapporta alla nostra odierna situazione pastorale.
    • Occorre, poi, che l’Assemblea parrocchiale sia a conoscenza del contesto e delle motivazioni della convocazione. Per questo il CP deve provvedere a informare su ciò che è stata la collaborazione tra parrocchie, come è stata pensata fin dall’inizio e come è stato possibile attuarla. Le ragioni che hanno portato a questa scelta – che ha cambiato i rapporti tra le parrocchie, non più immaginabili come isole, ma in fraternità e collaborazione tra di esse – sono descritte con efficacia nei nn. 3 e 4 della Carta d’Intenti.
    • Si faccia notare che negli incontri dei Coordinamenti foraniali dell’autunno scorso è stato riconosciuto che la dinamica di collaborazione avviata tra parrocchie vicine è una scelta pastorale da portare avanti e sviluppare in sintonia con il Cammino sinodale delle Chiese in Italia. Anche il Consiglio pastorale diocesano e il Consiglio presbiterale si sono espressi e hanno agito a promozione di tale scelta.
    • A questo punto il CP consegna all’Assemblea quanto ha maturato come verifica del triennio di sperimentazione della collaborazione. È corretto che si riporti, seppure sinteticamente, i punti di vista di cui sopra sui quattro aspetti del collaborare tra parrocchie, così come era stato pensato nella Carta d’Intenti. Questo permette ai partecipanti all’Assemblea di esprimere un ulteriore parere a partire da quanto il CP ha potuto valutare, avendo seguito da vicino in questi anni il cammino fatto. Anche le considerazioni particolari con le prospettive, le problematiche e le proposte è bene che siano comunicate ordinatamente e secondo criteri di priorità.
    • È il momento di aprire il confronto in Assemblea, dando la possibilità a tutti di dire il proprio pensiero o di riferire a nome di qualche gruppo parrocchiale, ma in modo ordinato e rispettoso delle dinamiche comunitarie:
      • il moderatore deve avere la conduzione dell’Assemblea, invitando a non andare fuori tema e ad attenersi al tempo di intervento concesso (occorre averlo deciso in CP);
      • il moderatore si faccia aiutare da qualcuno del CP nel raccogliere e ordinare le richieste di intervento;
      • è utile fare una prima raccolta di richieste d’intervento e si dia la parola alle persone che l’hanno presentata, dopodiché il moderatore valuti l’opportunità di chiedere un apporto a qualcuno del CP o al parroco;
      • si veda l’opportunità di avviare un secondo giro di richieste e si proceda come sopra.
    • Qualora il CP abbia da porre una questione particolare all’Assemblea o condividere qualche nota particolare emersa in seno al CP anche in riferimento a qualche criticità o proposta di cambiamento, lo si faccia a questo punto.
    • Si consideri che tra gli interventi o anche direttamente da parte del CP è possibile che si faccia cenno all’ipotesi di unire più parrocchie, accorpandole. A volte si tratta di qualche parrocchia molto ridotta di fedeli e che già da tempo condivide con un’altra vicina tanto da fare tutto insieme. In qualche situazione particolare potrebbe essere opportuno prospettare questa possibilità. Non si tratta di decisioni da prendere, ma è bene che emerga la questione e che si considerino le osservazioni e le proposte a riguardo.
    • La conclusione più pertinente è di riassumere e collegare quanto è emerso dagli interventi, esprimendo come tutto questo va a integrare quanto verificato dal CP. Occorre poi tener conto di eventuali elementi nuovi presentati: occorre ricordarli e impegnarsi a prenderli in considerazione nel CP, eventualmente integrarli e approfondirli.
      • Tale conclusione è pertinente che sia il moderatore e/o il presidente – o chi per loro – a proporla alla fine dell’Assemblea, assicurando che il CP elaborerà tutto quanto.
      • Si può concludere riprendendo l’ultimo punto della Carta d’Intenti (n. 12). Oppure si attinga dal sussidio Lineamenti del Cammino sinodale delle Chiese in Italia.
  4. Per ultimo chiariamo una questione più volte segnalata: si tratta di un’Assemblea parrocchiale o di un’Assemblea inter-parrocchiale in quanto unica da fare insieme tra le parrocchie in collaborazione? Tutte due le possibilità hanno delle ragioni valide:
    • L’Assemblea parrocchiale, in questa situazione di verifica del triennio di sperimentazione del collaborare tra parrocchie, intende offrire a ogni singola comunità l’opportunità di esprimersi e di valutare tale esperienza. Questa modalità non significa che torniamo indietro nella scelta fatta, ma intende valorizzare il sentire particolare di ogni comunità per poi comporlo insieme con quello delle altre. Può diventare più impegnativo quando c’è il CP unitario che in tal caso è bene che sia presente in ciascuna
    • L’Assemblea inter-parrocchiale appare più confacente per le comunità che hanno svolto un tirocinio più lungo di collaborazione. Il fatto di aver condiviso più esperienze e iniziative comuni spinge a questa forma unica.
    • Spetta fare la scelta al CP. Probabilmente se n’è già parlato in sede di Coordinamento foraniale che è il luogo adeguato per un confronto all’interno della Convergenza foraniale. In ogni caso è da motivare anche in Assemblea la scelta operata.
  5. Quale potrebbe essere il punto di arrivo di tali Assemblee? In forma molto sintetica nella lettera n. 27, dove si programmava tutto questo iter di verifica, è stato scritto:
    • o confermare il cammino fatto e impegnarsi a proseguirlo, o formulare la proposta alternativa e migliorativa da valutare a livello di Convergenza foraniale e di Diocesi;
    • ne segue la fase più strettamente diocesana di questa verifica, in particolare nella circostanza di San Martino (11 novembre) e molto probabilmente nella celebrazione di un’Assemblea diocesana, ipotesi da vagliare nel CPD, nel CPr, da parte dei vicari foranei e dei delegati foraniali.
  6. Un ultimo appunto nasce dall’attenzione alle parecchie comunità che in questa stagione estiva stanno preparando e vivendo il cambio di ministero dei loro parroci. Una parola di gratitudine e di apprezzamento va ai confratelli preti, alle comunità, ai CP interessati. Averli visitati e incontrati mi ha arricchito parecchio. A riguardo della verifica, suggerirei di portarla a termine prima di salutare le comunità. Voi le conoscete perché in questo triennio avete esercitato lì il ministero. Fate il possibile per fare anche questo “passaggio di testimone”.

Accogliete il carattere strumentale di questa lettera 40. È stata scritta a motivo di parecchie richieste di chiarimento e di suggerimento sulle fasi della verifica.

Vi assicuro che il tutto è inseribile nel cammino pastorale ordinario: vi offre la possibilità di uno sguardo d’insieme del bene accolto e fatto fruttificare.

Continuiamo nella fiducia. Buon cammino!

Belluno, 15 luglio 2025

+ Renato, vescovo