Ap 7,2-4.9-14; Sl 23(24); 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a
«Noi fin d’ora siamo figli di Dio». Giovanni nella sua lettera si premura di ribadirci: «Lo siamo realmente!». Parte da questo annuncio la particolare celebrazione odierna di tutti i Santi.
A questo mondo, in questa vita tutti noi abbiamo avuto accesso da figli e figlie. Nessuno di noi è creatore del frammento di vita che ha ricevuto. È solo un frammento, ma ha un potenziale di vita come un seme che germoglia, cresce, fiorisce e porta il suo frutto.
Per tutto questo «lo siamo realmente» figli! E se custodiamo la vita che portiamo in noi come “ricevuta”, il nostro essere figli e figlie resterà e si svilupperà lungo tutta la nostra esistenza.
Giovanni nella lettera che abbiamo ascoltato ci svela un aspetto che trasforma profondamente il fatto di aver ricevuto la vita. Dice infatti: «Noi fin d’ora siamo figli di Dio». Questa limpida e netta affermazione che siamo “di Dio”, diventa una verità decisiva che trasfigura totalmente il nostro vivere.
Non siamo figli di nessuno o non riconosciuti, tantomeno abbandonati. Quell’essere “di Dio” diventa la possibilità più bella, più esaltante, più ineffabile di quello che ognuno di noi scopre di se stesso.
C’è una santità che portiamo in noi, donata e affidata con la vita, che non riusciamo neppure ad immaginare nella sua profondità e nella sua preziosità. È rappresentata da quel “di Dio”: «Noi fin d’ora siamo figli di Dio» e «Lo siamo realmente!».
Quando parliamo di santità, dunque di santi e sante come stiamo facendo oggi, noi ci riferiamo innanzitutto a quell’essere “di Dio” che non è il nostro merito che possiamo vantare, non indica i nostri diritti che possiamo rivendicare, non è neppure un potere di cui appropriarci: niente di tutto questo!
Cos’è, allora, la santità nella sua essenzialità e nella sua autenticità? Riprendo l’inizio di quanto abbiamo ascoltato nella seconda lettura: «Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!».
Sì, possiamo dirci santi e santi anche noi per questo nostro dato originario e incancellabile che siamo chiamati figli e figlie di Dio. E tutto ha inizio per quel «grande amore [che] ci ha dato il Padre». Opportunamente Giovanni ci definisce “chiamati”, non “autoconvocati”, non “primi attori”, tantomeno “padroni”, ma “chiamati”, dunque “invitati”, perciò “amati”.
Non è finita qui, però. Giovanni va oltre e confermando questo nostro essere figli, aggiunge: «Ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato».
Essere figli di Dio ha un potenziale che ancora non conosciamo e che non possiamo immaginare. Tutta la nostra vita si gioca in questo “non conosciamo”, in questo “ancora non siamo”, con tutte le trepidazioni, i timori, le incertezze, le cadute che ciò può comportare. Ci siamo tutti in questa “santità trepidante”, permettetemi di chiamarla così. Chi può mai eliminare dalle fibre del nostro esistere l’essere figli di Dio? Neppure alla nostra carne può essere sottratto: anch’essa è convocata e chiamata da Dio ed è dono del suo “grande amore”.
In questi giorni nella liturgia settimanale abbiamo riascoltato le parole proprompenti di Paolo nella sua lettera ai Romani, al cap. 8: «35Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? […] 37Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. 38Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, 39né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore».
Nei Santi e sante che oggi veneriamo ci è anticipato un segno e ci è data una profezia di ciò che “non sappiamo” e che, però, sarà manifestato. Coloro che oggi veneriamo sono già approdati a questa nuova conoscenza e relazione, in attesa che quel «grande amore» con cui siamo stati tutti chiamati alla vita giunga nel suo frutto maturo.
«Rallegratevi ed esultate», ci ha detto Gesù nella mirabile proclamazione delle beatitudini: sarete «chiamati figli di Dio». Nelle beatitudini scorgiamo la santità di Dio svelata totalmente in Cristo. Ma vi riconosciamo anche il cammino di santità a cui siamo chiamati ogni giorno nella nostra fragilità e nella nostra trepidante attesa.
