Stamattina la lettura del vangelo – lo stesso che abbiamo ascoltato poco fa – mi ha preoccupato. Mi sono chiesto: ma come saranno intese le parole di Gesù questa sera a Longarone? Gesù evoca un fuoco che deve essere acceso sulla terra e una sorta di divisione addirittura negli affetti familiari che lui provocherebbe. Ho pensato che tutto questo ha un significato di molto dolore in questo territorio, tra questa gente. Ho immediatamente chiamato per cellulare don Fabiano per chiedergli se fosse cosa migliore cambiare la lettura del Vangelo. Don Fabiano mi ha suggerito di lasciarlo essendo quello previsto dalla Liturgia in questo giorno. Gli devo dire grazie per questa adesione al Vangelo così com’è, senza giravoltole, senza edulcorazioni, direbbe san Francesco d’Assisi: “sine glossa”.
Le parole di Gesù non devono dispiacerci. Non mettono in discussione la verità della sua vita e della sua missione: lui è venuto per condurre tutti alla pace e, di conseguenza, invia i suoi discepoli a fare altrettanto. Le parole di Gesù e il contesto narrativo dell’evangelista Luca ci attestano che non è detto che questa sua azione salvatrice e la loro azione benefica trovino accoglienza. Gesù non ci illude, è leale con noi: ci fa capire che la situazione è seria e il tempo stringe. Per questo vuole che il fuoco che è venuto a gettare – sembra l’immagine del seminatore che getta il seme per terra – fosse già acceso.
Sappiamo anche noi che l’amore quando è autentico, accende, non lascia tutto come prima, arde e può bruciare tutto ciò che è finto, che è falso, che è ipocrita. È vero anche per noi che l’amore vero a volte provoca divisioni, mette in luce le frivolezze, i rinnegamenti e i tradimenti. Gesù ne farà esperienza in quel battesimo in cui presto si immergerà: sono i suoi giorni di passione e di morte e che lui vuole che siano compiuti. Ma in questo bruciare e dividere, l’amore diventa apertura, parto generativo, inizio di vita.
Questa sera l’annuncio di Gesù ci fa bene a tutti. Siamo qui per queste ragioni del cuore, sono le ragioni della nostra fede.
Vorrei con trepidazione ricordarlo per noi tutti, per ciascuna delle comunità a cui sei affidato, caro don Fabiano comunità che, nello stesso tempo, sono affidate al tuo ministero… che a questo cuore della nostra fede e della nostra speranza ci dobbiamo dedicare, lo dobbiamo conoscere e sperimentare di più e meglio. Le nostre comunità non possono metterlo da parte, archiviarlo, perderlo… ma accenderlo ogni giorno. Se ci raduniamo in chiesa, occorre accendere quell’amore. Se operiamo per aiutare gli altri e se organizziamo eventi o attiviamo iniziative, non possiamo non accenderlo…
Le comunità di Longarone, di Igne, di Fortogna, di Castellavazzo, di Podenzoi, di Codissago, di Ospitale sarebbero fredde, aride, isolate senza accendere quell’amore di cui ci parla, ci testimonia, ci partecipa Gesù.
Un’accensione di quell’amore è avvenuta anche domenica 12, quando avete salutato e ringraziato don Augusto. Non smettete di accendere…
Ringrazio il Consiglio pastorale unitario: hanno saputo accendere fuoco in seno alle sette comunità.
Essere Chiesa in questo tempo e in questo territorio, essere comunità cristiane oggi è avere questa passione, questo desiderio, questa fiducia, insomma questo amore.
Le parole che abbiamo ascoltato da Gesù ci invitano a un atteggiamento di attesa, di allerta, di apertura. La sua presenza non è mai del tutto prevedibile; anch’essa è un’accensione che si propaga a catena…
È vero, c’è bisogno di una viabilità migliore, di una sanità più flessibile alle situazioni delle persone e delle famiglie, c’è bisogno di un’amministrazione più strategica, c’è bisogno di servizi più efficienti… sì, c’è bisogno anche di tutto questo, ma – credetemi – se manca l’accensione dell’amore di cui ci ha parlato di Gesù, verrebbe a mancare il colore e il calore della vita!
Il ministero di don Fabiano è orientato a questo condiviso accendersi dell’amore.
