Seconda domenica di Quaresima

Il Gesù feriale, il Gesù festivo

a cura di don Renato De Vido

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«È il figlio mio, l’amato, oggetto di tutta la mia benevolenza». Un papà non oserebbe pronunciare una simile lode, temendo di essere frainteso, o di non dire tutta la verità. Gesù riceve dal Padre, durante questo episodio così misterioso, l’elogio più bello che un figlio può meritarsi. Nel momento in cui traspare un po’ della sua luce, della sua vera identità, Gesù viene dichiarato “conforme” a suo Padre, “conforme” a Dio.

1. Partire da quest’ attestato centrale ci aiuta ad inquadrare anche perché il vangelo ci ha trasmesso il fatto della trasfigurazione.
Apparentemente siamo molto distanti dalla triplice prova, dalla triplice tentazione di domenica scorsa. Ci si chiede se è lo stesso Gesù che è stato passato al vaglio dal tentatore, e che ha dovuto cavarsela da solo. In questo caso, invece, tre apostoli e due profeti dell’antico Israele vengono messi in comunione tra di loro, vengono “interfacciati” da quell’unico punto di riferimento che è lui, e fanno da testimoni al fulgore della sua figura.
La nostra fede tradizionale – in maniera forse pedante per qualcuno – ha usato una formula che è ormai codificata da secoli per dire come stanno le cose: il duplice volto di Cristo, quello tentato e quello trasfigurato, sono le sue due nature, quella umana e quella divina, che esistono insieme nell’unica persona.
Non si finirebbe mai di lavorare attorno a questa “formula” per rendere comprensibile il mistero di Cristo. Ma il primo appello del vangelo è quello di guardarlo, di fissarlo bene, di immaginare i raggi che escono da lui per dare luce anche al mondo di oggi, anche al torpore della nostra religiosità.

2. Su quel monte, Pietro e gli altri hanno fatto i conti con una realtà che fa parte sostanziale della vita di fede: per un po’, ma per un po’ assai significativo, hanno avuto l’occasione di pensare a quanto Dio riserva a chi gli sta vicino. Chissà cos’è successo veramente su quell’altura; chissà qual è stata la successione degli eventi…
Hanno vissuto, per alcuni minuti, nella luce di Dio e ne hanno provato gioia e timore. In genere, noi tendiamo a pensare che questo ci accadrà al momento della morte, quando sarà tolto il velo. Ma i santi non sono stati estranei neanche a questi momenti; non sono necessari né dobbiamo cercarli, ma esistono.
L’altra dimensione è quella che tocca direttamente Gesù: Il Gesù feriale non è disgiunto dal Gesù festivo. Egli è il Figlio di Dio dichiarato dal Padre, non è un uomo un po’ eccezionale. Ci può essere vera fede cristiana senza riferimento alla vera identità di Cristo? Si può continuare a dirsi discepoli suoi senza ascoltarlo come maestro?

3. Il modello di chi vuole camminare in questa direzione è Abramo. Lo chiamiamo “padre” nella fede perché la svolta decisiva nella sua vita è avvenuta quando ha ascoltato ed è partito, cominciando una paternità che non si estinguerà mai. Quando la sua esistenza era ormai al capolinea, data l’età e dato il radicamento nella sua regione; quando non si aspettava più niente dalla vita, è raggiunto da una chiamata che poteva uscire soltanto dal cielo.
Ogni vangelo è un dono che ci viene presentato dal Signore. A volte è semplice, leggibile subito, a volte un po’ più complicato. Noi lo prendiamo così anche quello odierno: un regalo fatto alla comunità, come Cristo ha regalato ai suoi intimi uno spaccato inatteso della sua persona.

don Renato De Vido