Prima domenica di Quaresima

Abbiamo vinto 3 a 0!

a cura di don Renato De Vido

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L’esito dello scontro, per fortuna, è stato positivo per noi: abbiamo vinto 3 a 0! E soprattutto abbiamo vinto senza fare fatica, perché c’era lui al nostro posto, e in lui abbiamo recuperato quell’altra partita finita male, dove il nemico ci umiliò inesorabilmente nella persona dei nostri capostipiti, Eva ed Adamo.

1. Non è così disinvolta e superficiale la pagina del vangelo, e tanto meno la prima lettura. Anzi sono nate tutte e due sul terreno di una grossa domanda: come impostare sapientemente la vita? Come scovare le insidie più evidenti e pericolose? Per non correre il rischio di quei tifosi che stanno incollati al televisore o che si agitano tanto nello stadio, ma che non sono capaci neanche di far rotolare il pallone. Danno consigli ai giocatori e insulti all’arbitro, ma se ne stanno seduti.

Questo vangelo ci parla di “tentazioni” subite da Gesù durante i suoi anni di apostolato. La parola giusta, però, sarebbe “esame, prova”. Cominciano tutte con un ritornello: “Se sei il figlio di Dio”… comportati da Dio! Cioè metti la natura, Dio e tutti i regni al tuo servizio. Sembra un invito a nozze. Satana lo invita a regnare da solo, in piena autonomia dal Padre. Gesù decide di dipendere da Dio, e la sua libertà sta proprio in questa decisione.

2. Gesù viene spinto dallo Spirito nel deserto. È lo stesso Spirito che è appena sceso su di lui alle acque del Giordano. Sembra una contraddizione. Sembra che sia Dio stesso a mettere Gesù nella condizione di venir provato dal maligno. In realtà, anche in questo caso il Signore Gesù non vuole sottrarsi alla nostra situazione umana: vuole spingersi fino in fondo.

La Quaresima è un tempo di verità: così ci viene offerta. E la prima domanda che fa sempre onore alla verità suona così: Chi sono io? Chi è l’uomo? Una creatura di Dio, come Adamo ed Eva. Sono un prodigio di Dio: tale è ogni vita. Ma sono debole, fragile, messo alla prova da tante circostanze, capace – nella mia libertà – di seguire il bene o di compiere tanto male.

Pensiamo a come chiamiamo le cose: molte volte non si parla di peccato, come relazione di poco amore al Signore; si preferisce parlare di difetto, di errore, di distrazione, di stanchezza. Cose reali, certo, ma che non tolgono la nuda verità del nostro aver scelto il male! Occorre l’onestà di ammetterlo. Se guardiamo in faccia il nostro peccato, è più facile deporlo nelle mani di Colui che ha già vinto non solo le sue prove, ma è anche il solo a poter vincere le nostre, con noi e per noi.

La tentazione di regnare facendo a meno di Dio rimane sempre. Non avere bisogno di nessuno e fare ciò che voglio, è un sogno. La realtà ci smentisce: è che siamo tutti interdipendenti.

C’è una condizione: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Ci viene ricordato che saremo sempre stanchi, scontenti e agitati fino a quando non avremo trovato l’Infinito.