Aggiungere vita ai nostri giorni

Omelia di inizio anno civile nella solennità Maria Madre di Dio
01-01-2020

Nm 6,22-27; Sal 66 (67); Gal 4,4-7; Lc 2,16-21

«Quando furono compiuti gli otto giorni…».

Il racconto del Vangelo ci indica la preziosità e la fecondità del tempo che viviamo. Gesù assume il nome nell’ottavo giorno dalla sua nascita. Il suo nome racconta che “il Signore salva”.

Da parte di Dio sempre il tempo è “storia di salvezza”.

È molto bello che nella seconda lettura, l’apostolo Paolo riconosca che il tempo giunge a pienezza, quando Dio manda il suo Figlio, quando questi nasce da Maria. Ogni figlio che nasce in questo mondo segna una «pienezza del tempo». Lo vivono con intensità e trepidazione i genitori; come di fatto è stato per Maria e Giuseppe.

Il tempo non se ne va semplicemente, come spesso banalmente si dice. Il tempo è legato alla vita. Ognuno di noi è un segno della pienezza del tempo che è venuta quando Dio ha mandato suo Figlio, nato da Maria.

Vi auguro di riconciliarvi con il tempo che ci è donato. Contarne i giorni, come suggerisce la Parola di Dio, è sapienza, è scoprire il senso del nostro vivere. Anche l’anno nuovo a cui siamo iniziati oggi è gravido di vita. È un tempo che giunge a pienezza.

Come Maria impariamo a custodire il tempo che ci viene donato. Siamo chiamati a fare del tempo il luogo della vita. Potremmo, dunque, fare nostro questo detto: «Non aggiungere giorni alla tua vita, ma vita ai tuoi giorni». Dedichiamoci, dunque, ad aggiungere vita ai nostri giorni.

Nel suo messaggio per questa giornata mondiale della pace, papa Francesco, formula alla fine questo augurio: «Ogni persona, venendo in questo mondo, possa conoscere un’esistenza di pace e sviluppare pienamente la promessa d’amore e di vita che porta in sé».

Se guardiamo a Maria, che la liturgia di oggi ci presenta come “madre di Dio”, siamo aiutati a riconoscere e a raccogliere nel tempo che viviamo la benedizione di Dio. Dio ci benedice in questo suo e nostro tempo.

Nella prima lettura sono riportate le parole che il Signore dice a Mosè a favore del popolo: «Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».

Portare il nome di Dio, quel nome che il bambino nato da Maria e adagiato nella mangiatoia ha assunto per tutti noi: «Il Signore salva». Questo nome che portiamo è la benedizione che ci sostiene.

La nostra piccola e frastagliata storia umana non è un destino andato male, non è un vicolo cieco.

Aiutiamoci ad accogliere e a fare nostro l’annuncio che ancora può destarci e riattivare la nostra speranza: quello stesso che i pastori hanno ricevuto e, poi, riconosciuto nel segno del «bambino adagiato nella mangiatoia» con accanto Maria e Giuseppe. È la benedizione di Dio che portiamo con noi e che siamo chiamati ad elargire ovunque e a tutti.

Così ci ha confermati l’apostolo Paolo nella seconda lettura: «E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei vostri cuori lo Spirito del suo Figlio».

Come Maria portiamo lo Spirito del Figlio di Dio!

Auguri.