Commemorazione dei fedeli defunti

Belluno e Feltre
02-11-2020

Is 25,6a.7-9; Sl 24(25) ; Rm 8,14-23; Mt 25,31-43

Isaia ci parla di un Dio “di futuro”: preparerà, strapperà il velo e la coltre, eliminerà la morte, asciugherà le lacrime, faraà scomparire l’ignominia…

Sì, c’è un’attesa in Dio. Egli conosce che noi siamo nella precarietà della vita che nasce e muore. Ma Dio si è votato alla Vita. Ecco perché egli con noi vive di futuro: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza».

«La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità» (Rm 8).

Il limite della morte.

L’esperienza dell’epidemia ci ha posti di fronte alla morte, limite radicale della condizione umana, in maniera brutale. Corpi morti che scompaiono e che non si vedranno mai più, corpi morti senza possibilità di un ultimo saluto e di un rito che aiuti il lutto. La pandemia è stata un memento mori. Una memoria della nostra caducità che ci dovrebbe aiutare a concentrarci su ciò che nell’esistenza è centrale, essenziale, vitale. Un simile memento mori, in quella società che la sociologa canadese Céline Lafontaine chiama postmortale, è uno shock culturale di straordinaria portata.

Il limite che la morte è ha questa importanza: di fare della vita un quadro dandole una cornice. La morte rende vivibile la vita dandole una fine. Inumana è una vita senza fine. Si smarrisce, nell’umanità non limitata dalla morte, il senso dell’unicità di ogni persona e dunque non nasce la relazione di gratuità, non c’è la gioia di ciò che è unico. Ciò che è unico è prezioso, ma anche precario: la precarietà fa parte della preziosità. La morte è condizione della vita proprio nel suo mettere un confine alla vita stessa. […] In questo senso possiamo affermare che il limite è grazia. Perché ci libera dall’inumanità. E ci consente, con quella morte vitale che è l’amore fino a spendere la vita per gli altri, di vivificare la vita mortale che ci tocca in sorte» (Luciano Manicardi).

Il Vangelo ci porta al limite della vita e della morte, ci porta al vertice, lì dove siamo chiamati all’amore che è darsi nella vita, spendere la vita per gli altri ed è vivificare la vita mortale portarla al dono della risurrezione di Gesù.