Gesù cucitore dei pezzi frammentati

Domenica II di Pasqua – Feltre Concattedrale
19-04-2020

At 2,42-47; Sl 117(118); 1Pt 1,3-9; Gv 20,19-31

Domenica scorsa – giorno della risurrezione di Gesù – il racconto del quarto evangelista ci ha portati alla tomba, dove il corpo di Gesù era stato posto subito dopo la sua deposizione dalla croce ad opera di Giuseppe d’Arimatea. All’alba furono Maria di Magdala e, poi, Pietro e «l’altro discepolo che Gesù amava» ad andare al sepolcro. Ora negli eventi successivi, narrati dall’evangelista Giovanni, è Gesù ad andare a quest’altra tomba che è il luogo dove stavano, a porte chiuse, i discepoli «intimoriti». Adesso è Gesù a cercare i suoi, a farli uscire dal sepolcro della paura. È iniziata, così, una sorta di catena di risurrezioni che giunge fino a noi, oggi. Infatti anche noi ci ritroviamo chiusi in questa condizione di pandemia; dunque, bisognosi di aprire la vita e di uscire da una sospensione della vita comunitaria, sociale, relazionale; di rompere una costrizione che ci rende lontani, se non addirittura assenti, l’uno all’altro. Tante situazioni del nostro esistere bramano aperture di risurrezione.

È commovente cogliere la premura e la pazienza di Gesù Risorto che con insistenza raggiunge i suoi, entrando nel ritmo dei loro incontri. Si fa cucitore dei pezzi frammentati e rotti. Intende ricomporre i discepoli, spaccati da delusioni e paure, frantumati dal dolore della perdita dei loro sogni, orfani del loro Maestro. Registriamo tra di loro un venir meno della vicendevole fiducia. Quando questa viene a flettersi e a spegnersi, incombe un clima di morte, di rarefazione dei rapporti, di sfiducia che diventa presa di distanza, forse anche sospetto l’uno verso l’altro. Successe così nei confronti di Maria di Magdala e delle altre donne che ai discepoli parve che vaneggiassero (Lc 24-10-11).

In realtà, da parte sua, Gesù aveva fatto una promessa, secondo il quarto evangelista, nel contesto dell’Ultima Cena. Erano state parole di radicale impegno da parte di Gesù, portando così a maturazione il suo voler bene ai discepoli: «Non vi lascerò orfani, vengo a voi… Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore gioirà e la vostra gioia nessuno potrà togliervela» (Gv 14,18; 16,22).

Gesù risorto si manifesta essenzialmente fedele alla sua promessa, è degno di fiducia.

Lui, risorto, si è fatto presente tra i discepoli per ricostruire tutto della loro vicenda, per portare a frutto la scelta di averli chiamati e di averli accompagnati fino alle vicinanze della croce.

I racconti evangelici ci attestano che, a partire da quel primo giorno della settimana, Gesù risorto è con noi, di risurrezione in risurrezione. Si accosta ai suoi discepoli per scuoterli dalle loro paure e chiusure, per incoraggiarli, per iniziarli sulla via nuova della sua Pasqua.

Dai racconti di questi inizi comprendiamo che è possibile riconoscere Gesù in questa condizione nuova di risurrezione se facciamo esperienza di quanto descritto dagli Atti degli Apostoli: «Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune». Si tratta di nuova vita. È il dono in cui ci coinvolge il Risorto. Nei primissimi tempi, durante gli eventi della Pasqua di Gesù, non c’è solo la decisione dei discepoli di mettersi insieme, di volersi bene. Questo «stavano insieme» scaturisce dal risorgere di Gesù ed è la condizione di questa nuova chiamata a seguirlo nella sua Pasqua. Gesù risorto intende estendere questa novità ovunque, così come in quei primi otto giorni Gesù risorto raggiunge i discepoli, nella particolarità di ciascuno: pensiamo a Tommaso raggiunto otto giorni dopo. La presenza del Risorto si concretizza nel dono dello Spirito Santo che arreca pace, suscita perdono, offre la presenza del Risorto nel momento in cui i discepoli si riuniscono nel nome di Gesù per spezzare insieme il pane.

C’è nei racconti di oggi una premura del Signore Gesù che giunge a noi e ci coglie nei nostri bisogni e nelle nostre attese: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto». Queste parole di fedeltà pronunciate da Gesù, in un qualche modo le riprende l’apostolo Pietro nella seconda lettura: «Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui». Sono parole che rappresentano quello che Gesù ha fatto con i discepoli e con Tommaso: «Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso».

Sono le parole che abbiamo pregato nel salmo responsoriale: provengono dalla fede del Popolo d’Israele, ma si compiono pienamente in Gesù risorto, che è come «la pietra scartata dai costruttori, divenuta la pietra d’angolo». Ed ecco la preghiera che è anche il nostro annuncio di Pasqua e la nostra testimonianza di vita: «Il suo amore è per sempre».