Due apostoli affannati e una donna spaurita. Ben poca cosa di fronte al mistero compiutosi. Una rappresentanza minima dell’umanità; senza mancar loro di rispetto: rappresentanza non qualificata o non qualificata abbastanza per diffondere una notizia che non ha uguali. Noi, in buona sostanza. Noi gestori di quello che Dio ha compiuto di più grande e di più eccitante dopo la creazione del mondo. Noi depositari del dono più fervido lasciato per cambiare direzione alla vita e alla speranza. Noi chiamati a stupirci ancora e ancora, prima di affermare assieme ai primi due apostoli: “credo, Signore; crediamo se tu ce ne dai la forza e la freschezza”.
1. “Si preannunciava un’alba triste, presso un sepolcro. La tomba di Gesù non è una tomba speciale; è una tomba nuova, perché frettolosa era stata la sepoltura, ma sempre tomba, luogo dove il percorso termina. Con una tristezza in più: in quella grotta di pietra non è finito solo il corpo di un amico, è finita la speranza di un regno”.
Questi erano i bilanci da fare il primo giorno della settimana, il primo dopo il sabato. Questa l’aria che aleggiava su discepoli e discepole pronti a celebrare il lutto. Ed invece…
Non servono molti ragionamenti per rispondere a questa domanda: se la Pasqua non fosse mai avvenuta, non ci troveremmo a celebrarla dove si può, e a sentirne l’assenza dove non è permesso a causa di una morìa che ci tiene lontani dalle chiese e dalle piazze.
2. Quando si tratta della Pasqua non si deve tuttavia parlare sbrigativamente ed esclusivamente di “Resurrezione”. Il fatto è lì, inoppugnabile: il morto non era più tale, il cadavere non è più una cosa inanimata; Gesù è uscito da una tomba ben sigillata; ha disfatto le bende e abbandonato il sudario; ha anche eluso la sorveglianza delle guardie; in una parola: ha esercitato la sua superiorità sulla morte in modo fermo e determinato.
Il termine “Pasqua” vuol dire di più; nella sua origine ebraica significa “passaggio”, e sicuramente si trattava di una festa di primavera che coinvolgeva molto i popoli nomadi che iniziavano la transumanza e le nuove nascite nelle greggi. Qui si tratta di uno spostamento da una situazione negativa ad una dimensione rinnovata, inaspettata e divina, si tratta di un cambiamento di registro, di un orizzonte che dà euforia.
Pasqua è un vivente che consacra la sua presenza nella storia degli uomini.
3. Quel morto in croce è ora rivestito della potenza di Dio. E la croce che appariva come l’impotenza, è diventata la potenza di Dio nel mondo. Anche se Cristo sembra allontanato dalla casa del mondo, egli è nella stanza più intima del mondo. E coloro che non accettano che il mondo avanzi così, si perpetui così, coloro che vogliono cieli nuovi e una nuova terra, sanno che la Pasqua matura come un seme di luce nella terra, come un seme di fuoco nella storia.
Che cosa ne sarebbe oggi, se Cristo non fosse risorto? Se la Resurrezione non fosse un evento reale, sarebbero inutili tutte le iniziative di apostolato, inutile la celebrazione della domenica, inutile il sacrificio di tante persone che impiegano la propria libertà per la causa del Vangelo. La giornata di oggi sarebbe celebrazione di un sogno, non di un evento.
Non meravigliatevi se noi predicatori ci lasciamo catturare oggi da un po’ di retorica. Ci è dato di celebrare con voi qualcosa – meglio: Qualcuno – che dà ragione di tante cose, anche se non di tutte. Soprattutto dà ragione di quello che proclamiamo nella professione di fede: “per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo”.