La parrocchia ucraina a Belluno è una delle 146 comunità in Italia

15 anni della parrocchia ucraina in diocesi

«il Popolo di Dio ha superato i confini confessionali»

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Quindici anni della comunità ucraina in diocesi di Belluno-Feltre: quindici anni di immigrazione, quindici anni, di cui l’ultimo scorcio fa i conti con le storie drammatiche di chi arriva in Italia perché scacciato dalla guerra. La parrocchia ucraina a Belluno è una delle 146 comunità in Italia; e padre Yuriy Khodan, il parroco, fa parte di un Esarcato, quello ucraino in Italia, che ha ormai 64 sacerdoti stabili.

«L’immigrazione ucraina in Italia è cominciata nel 1996 – racconta il visitatore apostolico degli Ucraini in Italia, Dionisio Lahovic, che ha presieduto per la circostanza la Divina Liturgia nella chiesa di Loreto, sabato 5 ottobre, assieme al vescovo di Belluno-Feltre Renato Marangoni – ma è dall’anno 2000 che il flusso di persone che scelgono l’Italia come Paese di destinazione non accenna a calare», perché in Ucraina i problemi non sono diminuiti da vent’anni ad oggi. «Anzi – prosegue monsignor Lahovic – ora l’immigrazione dall’Ucraina sta crescendo, perché la guerra spinge anche molti giovani a lasciare il paese». Se prima della guerra l’immigrazione ucraina era solo declinata al femminile, con plotoni di badanti ad assistere gli anziani del Belpaese, dal 2014 sono le giovani famiglie a lasciare la loro terra. Il risultato? «19mila bambini ucraini nelle scuole italiane; e un terzo della popolazione ucraina in Italia (le statistiche ufficiali parlano di 300mila, ma è probabile che la cifra vada aumentata quasi del doppio con le presenze non ancora regolarizzate, ndr) che ha meno di 30 anni».

Chi è entrato in chiesa a Loreto, e ha partecipato alla celebrazione con il ritmo dilatato del rito bizantino, si è accorto di una gestualità e di una popolarità trascurate dall’atteggiamento intellettualista occidentale. Oggi, in Italia, come la popolazione ucraina vive la sua fede? Il vescovo Lahovic prende a prestito le parole da papa Francesco e dice «qui come in Ucraina è il popolo di Dio che supera le distinzioni confessionali e cammina insieme nella via del Vangelo. «Io – asserisce il vescovo Lahovic, ucraino ma con carta d’identità brasiliana – non ho mai avuto qualcosa da ridire con i cristiani ortodossi, ma non è così per tutti».

L’Ucraina vive infatti dal dicembre 2018 una divisione confessionale quanto mai complicata. Dall’anno scorso, una parte della chiesa ortodossa in Ucraina ha chiesto l’autocefalia (qualcosa di più della semplice autonomia, ndr) e l’ha ottenuta dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli, col risultato di aumentare la tensione con il patriarcato di Mosca… «Tra greco cattolici (cattolici, cioè, fedeli a Roma, che celebrano e amministrano la Chiesa però con il rito bizantino, ndr) e cattolici latini – sottolinea invece il vescovo Lahovic – c’è collaborazione a tutti i livelli: si organizzano assieme gli aggiornamenti pastorali, si vivono assieme gli esercizi spirituali… qualche tensione c’è quando si tratta di decidere a quale comunità, greco cattolica o latina, va affidata una chiesa che viene riaperta al culto: in Ucraina, come in tutto il blocco ex sovietico, tutte le chiese erano state sequestrate e divenute proprietà dello Stato sotto il regime comunista».

In ogni caso, conclude il visitatore apostolico, «il Popolo di Dio ha superato i confini confessionali; molta gente qui in Occidente frequenta le chiese latine, e molti ortodossi le chiese greco cattoliche e viceversa; molti ucraini, qui in Italia, si sono lasciati alle spalle l’ateismo militante del periodo comunista per tornare alla fede o per conoscere per la prima volta il Vangelo».

don Giuseppe Bratti