Si spegneva il 31 marzo 2004

15° anniversario della morte di mons. Vincenzo Savio

Un ricordo indelebile

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Alle ore 8.42 di mercoledì 31 marzo 2004 si spegneva nella sua camera in vescovado mons. Vincenzo Savio, vescovo della nostra diocesi dal 18 febbraio 2001 fino alla morte. Furono pochi anni di episcopato, contrassegnati nella prima fase da un’esuberanza, che aveva aperto le porte della nostra piccola Chiesa locale, portandovi aria nuova con tante iniziative inedite. E poi i mesi della malattia, che trasformarono di giorno in giorno il suo capezzale in un’originale cattedrale episcopale, da cui con dignità diede ai suoi diocesani e all’intera Italia una sublime testimonianza di speranza e di fiducia in Dio.

Come dimenticare il testamento spirituale, dettato il 25 marzo? Lo troviamo sorprendentemente citato in moltissimi siti web: basta digitare “sono senza misura contento di Dio” e le pagine si moltiplicano a dismisura. «Se dovessi solo abbozzare un testamento spirituale, la mia confessione di lode e di richiesta di perdono non finirebbe più […] la cosa più importante è dire a tutti che io sono senza misura contento di Dio. Una meraviglia! Una sorpresa continua tale da poter dire a me, con convinzione, che in ogni istante la Sua misura era piena e pigiata. Avrei potuto salutare la vita terrena in ogni istante sentendomi «riempito» di gratuità e di stupore. Credo, anzi sono certissimo, che Lui ha molte cose da far quadrare in me e non di poco conto. Kyrie eleison! Tra le sorprese la fraternità, le collaborazioni e tutte le amicizie […] Non mi sono risparmiato nel dire alle persone che volevo bene intensamente».

Il 27 marzo mons. Savio chiede che gli sia portata l’icona del volto del Redentore del beato Angelico, allora esposta nella chiesa di san Rocco, davanti alla quale detta una preghiera: «Un volto. Dall’eterno si prolunga nei nostri piccoli giorni. Un volto. Un Dio che ha cercato l’uomo».

Nell’omelia per il suo funerale, il 2 aprile 2004, il card. Angelo Scola riprende un passo della lettera pastorale, che mons. Savio aveva scritto per il secondo anno di preparazione al Sinodo diocesano: «”Donna, perché piangi?” è la domanda del “giardiniere” alla Maddalena. Questa domanda si è trasformata, qualche tempo fa, sulla penna del Pastore Vincenzo, in quest’altra rivolta a tutto il suo popolo: “E tu, Chiesa di Belluno-Feltre, perché piangi?”. In questo momento questa stessa domanda evangelica diventa ancor più stringente, viene rivolta a ciascuno di noi personalmente. Ed assume in tal modo la forza di una provocazione irresistibile: “Perché piangi?”. Come? Ci vien da reagire con Maria di Magdala: “Hanno portato via il mio Signore e non dovrei piangere?”. Ci è tolto un Pastore, che era un cristiano, un uomo riuscito, e ancora chiedi: perché piangi? […] L’abbiamo visto nel nostro vescovo Vincenzo l’implacabile procedere del male che stravolge la fisionomia del corpo, ma sappiamo che mentre è all’opera questa distruzione del corpo mortale si prepara l’abitazione eterna del corpo trasfigurato. “Gesù le disse: ‘Maria!’ Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse: ‘Rabbunì, Maestro!’”. Questo scambio di parole, questo incrociarsi di sguardi, sono la potente espressione d’amore dell’incontro definitivo del Risorto con Maria Maddalena. Questo stesso destino attende il vescovo Vincenzo. Ed attende anche noi.»

Questo è il segno che mons. Savio è stato tra noi!