A cura di don Ezio Del Favero

170 – La scala del cielo e la vigilia del tempo

La tua vita non conoscerà più il buio e la malinconia, ma solo la dolce attesa di ogni tuo desiderio!

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La scala del cielo

In un angolo sperduto del mondo, nel folto di una foresta ai piedi di una catena montagnosa, c’era una scaletta, una semplice scala a pioli, di vecchio legno stagionato e usurato. Era circondata da abeti, larici e betulle: alberi maestosi e stupendi. Là in mezzo, la povera scala sembrava davvero meschina.

Un giorno, tre boscaioli che lavoravano nella foresta arrivarono fin là per identificare gli alberi più adatti a fabbricare i tetti, i mobili, i violini e gli abeti più belli per ricavarne alberi di Natale.

Videro la scala e la considerarono con commiserazione: «Ma che robaccia è questa?», esclamò il primo. «Qualcuno l’avrà portata fin qui per buttarla via!», aggiunse un altro. «Non è buona neanche da bruciare!» commentò il terzo uomo.

Uno di loro impugnò l’ascia e abbatté la scala con due colpi ben assestati. Essa cadde immediatamente, essendo davvero una cosa da niente. I boscaioli si allontanarono ridacchiando.

Ma quella era la scala su cui ogni sera si arrampicava l’omino che accendeva le stelle. D’allora, su quella foresta, il cielo rimase al buio, anche la notte di Natale!

La vigilia del tempo

Ai piedi della montagna, un vecchio albero si ergeva in una radura, all’interno della foresta, immerso nella foschia di un mattino d’inverno.

Se ne stava là, tutto infreddolito, con i rami nudi, a guardare il cielo carico della neve che, di lì a poco, avrebbe preso a posarsi leggera sulle sue braccia stanche. Neppure una gemma colorata, nulla che gli portasse un po’ della Festa del Natale. Cominciò allora a singhiozzare col vento che gli passava accanto e quel triste lamento, appena sussurrato, giunse lontano, quasi all’orizzonte della realtà, e si posò sul cuore di due bambini addormentati. Fu così che dal sonno di quelle due piccole creature nacque un sogno meraviglioso che sarebbe volato fino al vecchio albero.

«Fra qualche giorno sarà Natale…», pensava l’albero sospirando. «Come vorrei essere anch’io pieno di luci, coperto dei sorrisi dei bambini, sentire quel calore dentro, avere un giorno da rincorrere per sempre!».

Fu allora che accadde qualcosa di magico. Da lontano, l’albero vide arrivare una strana creatura, avvolta in un manto rosa e azzurro come l’aurora. I suoi passi erano lenti, quasi si librasse nell’aria a non voler sfiorare la terra, addormentata sotto la grigia coperta dell’inverno.

Chiunque fosse quella Signora, l’albero capì che stava dirigendosi verso di lui, perché la radura dove tanti e tanti anni prima aveva piantato le sue radici era assai lontana da ogni sentiero. Quando la Signora gli fu accanto, il vecchio albero, aiutato da un soffio di vento, cercò di farle un inchino, ma la sua scorza antica gli permise appena di piegare i suoi rami più alti.

Lei gli sorrise. «Chi sei?», mormorò l’albero. «Sono la Vigilia… la Vigilia del Tempo…» e, dicendo quelle parole, sprigionò una luce così intensa che per un istante ogni cosa attorno sembrò sparire, offuscata da quell’intenso bagliore.

«Io vado per il mondo a regalare la luce e il sentimento che hai provato, che riempie di magia ogni attesa… Regalo me stessa alle creature, rendo eterna la loro gioia, gioiosa l’attesa». L’albero non disse nulla, ma la Signora avvertì ugualmente la sua immensa solitudine. «Ho portato qualcosa per te, ma sono il cuore e il sogno di due bambini che devi ringraziare. Adesso si risveglieranno, ma questa notte aspetta il loro sogno! Ci sarò anch’io». Il vecchio albero non poteva immaginare che cosa sarebbe accaduto, ma un profondo senso di dolcezza e di gioia lo attraversò dalle radici ai rami più alti, mentre la Signora svanì nel nulla.

Il giorno cominciò a correre veloce, come le nubi. Quell’attesa fu dolce, rapida come il volo del falco; fu quasi un sorriso. Poi, la sera giunse silenziosa, discreta… quasi in punta di piedi. L’albero guardò le mille stelle occhieggiare verso l’infinito. Poi, d’improvviso, da un raggio di Luna scese la Signora della Vigilia del Tempo e si fermò ai piedi del vecchio albero. Due uccellini, a un cenno di quella dolce creatura, presero a tuffarsi nel cielo e a riportare, a ogni volo, un frammento di stella, per posarlo ora qua ora là sui suoi rami. In poco tempo il vecchio tronco divenne l’albero più bello che non si fosse mai visto.

Quando con un sorriso l’albero fece per ringraziare di quel dono meraviglioso, la Signora del tempo gli disse: «Non ringraziare me. Questo dono è opera di due bambini che nei loro sogni hanno voluto regalarti una Vigilia di Natale tutta loro. Ora io vi aggiungerò il mio regalo… A questa Vigilia aggiungerò la Vigilia dell’Eternità. Da oggi, ogni notte e ogni istante saranno Vigilia. La tua vita non conoscerà più il buio e la malinconia, ma solo la dolce attesa di ogni tuo desiderio!».