La dedicazione dell’altare, la benedizione del nuovo ambone e della nuova cattedra

Nel segno della coralità

FOTOGALLERY - Il 29 marzo 2025, anno santo giubilare, si iscriverà negli annali della Cattedrale

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Due occhioni sgranati osservano con curiosità. Sono gli occhi di una bambina, che la mamma accompagna con lo sguardo, mentre la piccola sale sul primo gradino del nuovo ambone per vedere bene tutto quello che succede attorno all’altare.

L’olio viene copiosamente versato dal Vescovo sulla pietra e poi sparso a mani nude su tutta la superficie; il fumo dell’incenso sale da cinque incensieri posti sull’altare da altrettanti ministranti che quasi inscenano una perfetta coreografia; tre ministranti percorrono l’aula e le navate riempiendo le volte di un profumo di oriente. Tre tovaglie vengono posate sulla mensa; sette candelabri sono collocati davanti all’altare e, dopo l’accensione dei ceri, un’esplosione di luce scende dal capocielo, dal lampadario dorato che aleggia tra la cupola e l’altare per simboleggiare la discesa dello Spirito Santo nel ricordo della Cena.
Un’abbondanza di segni, sicuramente troppo complessi per quella bambina, che però ricorderà quel momento, come lo ricorderanno tutti i presenti, perché è stato un rito cui raramente capita di assistere. L’ultima dedicazione dell’altare risaliva al 10 novembre 1878, dopo la devastazione del terremoto del 1873. Ora anche il 29 marzo 2025, anno santo giubilare, si iscriverà negli annali della Cattedrale di Belluno.

Una liturgia che impegna due ore piene, aperte con il ricordo del battesimo e l’aspersione dell’assemblea. E poi l’ascolto della Parola di Dio e il commento del Vescovo, dall’alto del nuovo ambone appena benedetto. Quindi la suggestione delle litanie dei santi, tra i quali sono stati ricordati i due beati della diocesi, Bernardino da Feltre e papa Giovanni Paolo I, i tre patroni – Martino, Vittore e Corona – e altri santi di cui la tradizione ha tramandato il legame con la nostra terra: Ermagora e Fortunato, Lucano, Prosdocimo e Gioatà. Un prolungato silenzio avvolge il momento in cui il piccolo vangelo che fu di Albino Luciani viene murato nel masso sotto la mensa. E poi la solenne preghiera di consacrazione, cui segue l’unzione con il crisma, l’incensazione e l’illuminazione.

Attorno al Vescovo, una folta presenza di presbiteri – una sessantina – provenienti da ogni parte della diocesi, ma anche alcuni rappresentanti dell’Ufficio liturgico nazionale. Tra di loro siede anche il vescovo emerito Giuseppe Andrich. Sicuramente ha colpito i presenti lo stringersi di tutti attorno al nuovo altare per la prima celebrazione eucaristica; come di effetto è stato vedere il nuovo calice, modellato sull’antico calice del diacono Orso, risalente al VI secolo, divenuto logo della diocesi.

Certamente adeguata e intonata alla solennità del momento la scelta dei canti, in un bel dialogo tra l’assemblea e il Coro diocesano, diretto da don Sandro Gabrieli e accompagnato all’organo da Loris Serafini.

Alla regia di questa composta e solenne celebrazione si è confermata la maestria di don Alex Vascellari, capace di essere cerimoniere, ma soprattutto abile nel coinvolgere persone e un bel gruppo di giovani (anche giovani donne) nel ruolo di ministranti. Il tutto nel segno della coralità.

Al termine della celebrazione, certamente seguita in diretta su Telebelluno da molti fedeli, è stato letto il messaggio di vicinanza di Papa Francesco.


© foto Luca Zanfron