At 19,1-8; Sal 67; Gv 16,29-33
Nella giornata di ieri il nostro celebrare l’Ascensione del Signore ci ha portati a Gerusalemme. Abbiamo raccolto lì la Parola che Gesù ha affidato alla sua Chiesa, dunque anche a ciascuno di noi: «Riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8). Nel racconto evangelico di ieri Luca ci ha detto che Gesù condusse fuori da Gerusalemme verso Betania i discepoli e «mentre li benediceva si staccò da loro e veniva portato su in cielo»; poi ha aggiunto che essi «tornarono a Gerusalemme con grande gioia» (Lc 24,51-53). Ecco dove è iniziata la nostra testimonianza a Gesù. Il nostro essere Chiesa è partito da lì: da Gesù che mentre benedice torna la Padre, si scosta dai discepoli e libera in essi la forza dello Spirito. Ci sorprendono i primi discepoli di allora – gli apostoli – che tornarono a Gerusalemme pieni di gioia.
Oggi noi siamo qui nella basilica di sant’Antonio. Guardiamo a questo santo che ci testimonia la medesima gioia che provarono gli Apostoli. Sant’Antonio è per noi testimone della benedizione di Gesù e della forza dello Spirito su cui, in tutti i tempi e fino ai confini della terra, si radicano la vita e la missione della Chiesa. Noi oggi viviamo della stessa benedizione e riceviamo la medesima forza dello Spirito Santo.
Ma qual è e dov’è la nostra gioia? C’è una gioia del Vangelo a cui non possiamo rinunciare, che non dovremmo mai ostacolare o bloccare. Oggi, in realtà, siamo tentati di mostrare un volto di cristianesimo deluso e sfiduciato, forse timoroso. Troppe volte sembriamo stanchi nel dare testimonianza a Gesù, eppure il Vangelo ci è continuamente partecipato ed è nelle nostre mani, sparso ovunque come seme abbondante nel campo della vita di noi tutti, nei cammini delle nostre comunità, nelle strade del mondo.
È molto significativo quanto ci è stato narrato negli Atti degli Apostoli. Si è sparsa così la Chiesa ovunque, in tante, secondo la parola di Gesù. Abbiamo ascoltato poco fa che all’inizio, nelle piccole comunità che andavano formandosi, si vivevano le nostre stesse difficoltà di oggi. I discepoli della comunità di Efeso a Paolo, che li visitava, dichiarano: «Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo». Paolo non esita: condivide con loro la gioia del Vangelo che portava in cuore e li battezza nel nome del Signore Gesù. Ed ecco «discese su di loro lo Spirito Santo».
Papa Leone, domenica 18 maggio nell’Eucaristia di inizio del suo ministero, ci ha detto, con parole semplici ed efficaci, una cosa profonda e pienamente evangelica che non doppiamo perdere o tralasciare: «Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù».
Desidero incoraggiare ciascuno e ciascuna di voi di portare nel cuore questo invito, di custodirlo nelle comunità a cui appartenete, di viverlo ovunque ci si incontra con gli altri: si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù, anzi di farlo con il suo amore che noi continuamento riceviamo in dono.
Così si riaccenderà la gioia e la speranza nei nostri volti, nei nostri pensieri, nei nostri affetti. Viviamo in un mondo piuttosto disperato, tormentato da piccole e grandi guerre, perché l’amore vero spesso è manipolato e contrastato. Nel Vangelo proclamato poco fa, che l’evangelista Giovanni colloca nell’ultima cena, Gesù si è fatto già carico della situazione odierna che ci lascia feriti, dispersi e preoccupati. Ma Lui apre una nuova e infinita possibilità di vita e di gioia: «Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».
Dobbiamo avere coraggio e farci “pellegrini di speranza”. Gesù ci ha rassicurati: egli ha vinto il mondo. Ma come lo ha fatto? Ha vinto il mondo non abbandonandolo, non giudicandolo, non condannandolo, non scappando da esso, non disprezzandolo, ma amandolo, appassionandosi ad esso, mettendosi a suo servizio, donandogli tenerezza e guarigione. È la via evangelica seguita da Sant’Antonio. Come ha detto papa Leone: «Si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù».