A cura del gruppo giovani di AC di Cesiomaggiore e Santa Giustina

Il nostro giubileo

A Cergnai un momento di preghiera come “restituzione” del Giubileo degli adolescenti

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Mercoledì 18 giugno, a partire dalle ore 20.30, i giovani del gruppo AC di Cesiomaggiore e Santa Giustina ha proposto un momento di preghiera per raccontare l’esperienza del pellegrinaggio giubilare a Roma, vissuto con il gruppo diocesano dal 25 al 27 aprile scorsi. Dopo un piccolo pellegrinaggio, la chiesa di Cergnai ha accolto i numerosi fedeli convenuti, a cui i ragazzi hanno proposto una riflessione sul Vangelo dei discepoli di Emmaus: l’intento – raggiunto! – era quello di restituire alla comunità le emozioni, i pensieri, i sogni che mettersi in cammino verso Roma ha smosso in loro. All’incontro, che si è concluso con un momento di festa, ha partecipato anche il Vescovo Renato. In seguito, il racconto dei ragazzi, il loro commento e alcune risonanze che hanno suscitato e che chi ha condiviso questo momento ha potuto scrivere sui foglietti che sono stati portati all’altare.

 

Perché questo Giubileo a Cergnai?

Che cosa vuol dire essere pellegrini? Se ce lo avessero chiesto prima del giubileo probabilmente avremmo risposto pensando solamente alla fatica che si compie in un viaggio, alla difficoltà e ai mille imprevisti che si possono trovare lungo la strada.

Noi però non siamo stati solo pellegrini, siamo stati pellegrini di speranza. Andare a Roma, in un momento così particolare, ci ha costretti a vivere emozioni contrastanti. È stato intenso, scomodo a tratti e senza dubbio faticoso ma è stato anche travolgente.

Il pellegrinaggio è un intreccio perfetto tra compagnia e spiritualità: il proprio credo, la propria sicurezza, condivisa e capita dai propri amici, da coloro che hanno dentro di loro il desiderio di compiere lo stesso viaggio che stai percorrendo tu, è una sensazione che ti fa capire che anche tra le metro affollate di sconosciuti ed un gruppo di persone che forse non conosci benissimo, non sarai mai solo e ci sarà sempre qualcuno disposto a prendersi cura di te.

Il camminare insieme ha portato ad una ricchezza di emozioni che hanno continuato a lavorare dentro di noi. Un cantautore dice «è bella la strada per chi cammina». Noi abbiamo deciso che quello che avevamo vissuto era bello, è bello camminare insieme come gruppo giovani da ormai un po’ di anni, è bello pregare insieme: l’esperienza a Roma e in particolare alla Basilica di San Paolo Fuori le Mura ha dato la scintilla per accedere la passione in noi di «creare» un momento di preghiera per il Giubileo. La scelta di Cergnai può apparire «strana»: abbiamo deciso di valorizzare una località un po’ isolata, a volte dimenticata, ma che grazie al suo ambiente esprime una sua unicità, unicità che si respira anche nella sua comunità.

Pensare alla struttura della preghiera, la selezione del brano del Vangelo, il simbolo della rete sono state azioni molto dibattute: sono cariche dei nostri ragionamenti. Abbiamo voluto raccontare il nostro pellegrinaggio insieme, il valore aggiunto della compagnia: il passo dei discepoli di Emmaus ci è sembrato, tra tutti, il più azzeccato per noi, per il nostro vissuto. L’idea della rete nasce invece proprio dallo scartare un brano, quello in cui Gesù fa diventare Simone e gli altri discepoli «pescatori di uomini»: la rete ci è sembrata uno strumento di accoglienza universale, di chi arriva e vuole stare insieme, un ottimo mezzo per raccogliere i pensieri di tutti.

 

Il nostro commento al Vangelo

l Vangelo dei discepoli di Emmaus ci racconta di un cammino fatto insieme, di cuori inquieti e di occhi che si aprono solo alla fine. È la storia che ci somiglia molto, soprattutto dopo il nostro pellegrinaggio a Roma per il giubileo. Si parte con pensieri e sentimenti che grazie al camminare cambiano, si trasformano, maturano.

Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti.

Anche noi ci siamo messi in cammino. Prima del Giubileo, pensare di essere “pellegrini” ci faceva immaginare solo fatica, gli intoppi, i ritardi. Ma presto abbiamo scoperto che essere pellegrini significa molto di più: è camminare affiancati, aspettarsi, conoscersi davvero. È condividere un pezzo di strada, con la consapevolezza che non si arriva da nessuna parte da soli. Andare a Roma, in un momento così particolare, ci ha costretti a vivere emozioni contrastanti. È stato intenso, scomodo a tratti e senza dubbio faticoso ma come hanno detto alcuni dei miei compagni di viaggio è stato anche travolgente.

Egli entrò per rimanere con loro.

Il pellegrinaggio è un intreccio di compagnia e spiritualità: il proprio credo, la propria sicurezza, condivisa e capita dai propri amici, da coloro che hanno dentro di loro il desiderio di compiere lo stesso viaggio che stai percorrendo tu, è una sensazione che ti fa capire che anche tra le metro affollate di sconosciuti ed un gruppo di persone che forse non conosci benissimo, non sarai mai solo e ci sarà sempre qualcuno disposto a prendersi cura di te. Un po’ come per il cammino descritto dal vangelo: dialoghi profondi sulle scritture e momenti di condivisione quotidiana come un pasto, con persone che percorrono non solo i tuoi passi ma anche le tue sensazioni. Le aspettative per questo viaggio sono state diverse, qualcuno di noi ha anche cercato la Fede con il peso dell’inquietudine della vita di tutti i giorni: questa esperienza ha bussato alla nostra porta e come per i discepoli di Emmaus, anche per noi Dio è entrato per rimanere con noi.

Quando fu a tavola con loro, prese il pane.

Sulla via per Roma abbiamo capito che la speranza non è un’idea astratta: è un’esperienza concreta che nasce quando si vive insieme, quando si mangia una manciata di frutta secca seduti su un marciapiede, quando si sposta il peso dello zaino dell’altro, quando si ride, ci si ascolta, si prega. In questi gesti semplici Gesù si è fatto presente, proprio come nello spezzare il pane con i discepoli.

Non ardeva forse in noi il nostro cuore.

Abbiamo sentito anche noi il cuore che ardeva dentro, perché ci siamo riconosciuti parte di qualcosa di più grande: una Chiesa giovane, viva, fatta di volti diversi ma uniti dalla stessa sete di senso. In mezzo a migliaia di sconosciuti, ci siamo sentiti a casa. Ci siamo detti con gli sguardi e con i gesti quello che i discepoli hanno detto a Gesù: «Resta con noi». E Lui è rimasto. Nei legami nati o riscoperti, nella bellezza di Roma, nella fatica condivisa, nella preghiera fatta insieme anche solo con il silenzio. Ci ha accompagnati senza che ce ne accorgessimo, e solo dopo, come i discepoli, abbiamo capito chi era davvero quel “Viandante”.

Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.

Ora sappiamo che non basta avere qualcuno accanto: la compagnia vera è quella che ci aiuta ad aprire gli occhi. A vedere il valore delle persone, a cogliere la presenza di Dio nei dettagli, a non dare più nulla per scontato. Come per i discepoli di Emmaus, anche noi capiamo quella istantanea presa di consapevolezza, quell’aprire gli occhi, quando chi ci era accanto non è più con noi, come se proprio l’assenza della persona ci restituisca la sua essenziale presenza nella nostra vita.

Il pellegrinaggio ci ha insegnato che nella vita non esiste più un “io” e un “tu”, ma solo un “noi”. E che quel “noi” – se vissuto con sincerità e condivisione – è il luogo dove Dio si fa vicino, dove ci parla lungo la strada e ci fa ardere il cuore.

 

Il nostro giubileo

  1. Dalla fatica del viaggio impariamo sempre qualcosa e troviamo risorse che non sappiamo di avere.
  2. Resta con noi Signore. Fa’ sentire le tue braccia che ci sorreggono.
  3. Il viaggio più importante per me è il matrimonio: viaggio che compio con mio marito, persona che mi è sempre accanto e che mi ha insegnato ad avere fiducia in me stessa nonostante le fatiche e le sconfitte.
  4. Il viaggio della vita è quello con le mie figlie.
  5. Non ero da sola un anno fa. in realtà l’ho sempre saputo anche se non ci pensavo o non me ne rendevo conto. quella forza di continuare a vivere veniva da te, oltre dalle persone vicine.
  6. Un bel viaggio la vita. ricco di emozioni e di … preoccupazioni! ho sempre incontrato persone che mi hanno fatto buona compagnia. qualche volta sono stata esigente qualche volta tollerante ma sempre contenta.
  7. Mi hai portato in braccio per tanti anni. riuscirò a camminare da sola prima o poi?
  8. Roma. sono i miei amici le persone più importanti perché mi aiutano a vivere l’esperienza in pieno e a distrarmi dalle mie pare.
  9. Anche se non ho mai fatto viaggi con comitive penso che anche quattro passi insieme alle persone conosciute e non sia sempre un’esperienza nuova sia nel dialogo ma anche per lo scambio di idee e emozioni.
  10. Il fidarsi della parola del Signore: non temere, io sono con te!
  11. La vera compagnia è quella che ci fa aprire gli occhi.
  12. Il coraggio di una richiesta che viene da un sentimento buono: «Resta con noi che si fa sera». E Lui si è fermato.
  13. Ho fatto un viaggio con mia sorella; avevamo un rapporto litigioso, ma da lì le cose sono cambiate e sono contento che il nostro, ora, sia un rapporto pacifico, con molti bei momenti.