Storia del Giubileo - 29

«Parola semplice e alta, paterna e bella»

La proclamazione della festa di Cristo Re coronamento dell’Anno giubilare

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L’Anno Santo che doveva volgersi nel 1925 fu fin da subito nei pensieri di Papa Pio XI eletto sommo pontefice appena tre anni prima dell’evento, il 6 febbraio 1922. Achille Ratti, brianzolo di Desio, aveva trascorso tutta la sua vita sacerdotale in biblioteca, grazie ad illuminati superiori che ne avevano compreso e apprezzato la sua caratura di studioso. Nell’assorto raccoglimento della Biblioteca Ambrosiana prima e nella Biblioteca Apostolica Vaticana poi, si dedicò a proficue ricerche storiche e filologiche. A questi templi del sapere venne improvvisamente sottratto all’età di 62 anni per essere proiettato sulla scena pubblica e ne seguì così una carrellata di rapide promozioni che nel giro di due anni e mezzo (giugno 1919 – febbraio 1922) lo videro diventare arcivescovo e nunzio in Polonia; nello stesso giorno (13 giugno del ’21) fu creato cardinale e arcivescovo di Milano; dopo soli sei mesi venne eletto Papa.

Fin dalla sua prima enciclica, Ubi arcano (23 dicembre 1922), Pio XI parlò dell’Anno Santo, che si sarebbe aperto giusto due anni più tardi, come occasione, nella quale i vescovi di tutta la Chiesa eran invitati a giungere a Roma per dar segno di comunione e unità cattolica. All’inizio del 1923, Pio XI stabilì che in occasione del prossimo giubileo si allestisse nel Palazzo Apostolico una mostra missionaria. È da ricordare che egli fu nel Novecento il Papa più sensibile all’attività missionaria, in conformità alle sue convinzioni ecclesiologiche. Pio XI era ispirato dal pensiero fondamentale che la Chiesa, oltre alla prerogativa e al dovere di condurre l’uomo alla salvezza eterna, ha la capacità di illuminare sui principi basilari per la costruzione di un ordine sociale degno della persona umana. Pio XI si considerava rappresentante di Cristo “re della pace” e quindi sentiva come uno dei compiti principali del suo pontificato la promozione della pace o, secondo un’espressione a lui cara, della “pace di Cristo nel Regno di Cristo”. Convinto di questa missione sociale della Chiesa, Pio XI diede ampio impulso alle associazioni laicali, promosse la stipulazione di concordati con i nuovi stati nati dalla fine della Grande Guerra, e per l’Italia chiuse l’annosa Questione Romana, si mostrò sempre avverso ad ogni nazionalismo esagerato.

Con la bolla Infinita Dei misericordia (29 maggio 1924, festa dell’Ascensione) Pio XI indiceva il giubileo. Scopo immediato era dichiarato, come da sempre, il perdono e la sanazione spirituale dei singoli, ma questo (Pio XI vi insisteva) avrebbe comportato un beneficio sociale di maggior coesione tra gli uomini redenti. E a tal proposito auspicava il progresso circa tre obiettivi: la pace tra i popoli, la sistemazione internazionale della Terra Santa e il ritorno alla Chiesa cattolica delle altre comunità cristiane. La familiarità con la storia, faceva indulgere il Papa a considerare i sacrifici affrontati da coloro che si fecero pellegrini nei precedenti giubilei, pur di raggiungere Roma, e incitava i fedeli a non essere pusillanimi nel mettersi in viaggio.

Il suo invito trovò piena accoglienza. Nel corso del 1925 i soli pellegrinaggi italiani furono 594 per un totale di 401.889 pellegrini, ai quali vanno aggiunti quanti arrivarono nell’Urbe privatamente, stimati in circa 100.000. I pellegrinaggi esteri furono 463, dei quali 101 da paesi extraeuropei, per un totale di poco più di 200.000 pellegrini. Come mai prima d’allora, il giubileo ebbe un aspetto universale, per il fatto che si videro gruppi provenienti da paesi equatoriali, dall’estremo Oriente, come dalle più lontane plaghe settentrionali. Nel corso delle udienze per i singoli gruppi, i semplici fedeli poterono avvertire con particolare calore la paternità del Papa, che grazie alla sua conoscenza della storia faceva riferimenti al passato e alle tradizioni dei gruppi nazionali. Un testimone autorevole riferisce dello speciale calore dei discorsi del papa, dal momento che chi lo ascoltava “era colpito dalla sua parola semplice e alta, paterna e bella; densa di pensiero sempre, caratteristicamente manzoniana per la facile eleganza dello stile”.

Questa sapiente armonizzazione di identità nazionale e coscienza di unità, questo saper affermare l’universalità cattolica, che non mortifica le identità particolari, ma le armonizza; che nel mentre valorizza le peculiarità delle nazioni, ne proclama la pari dignità, sfociò l’11 dicembre nella proclamazione della festa di Cristo Re dell’Universo, coronamento dell’Anno Santo. Proclamare la regalità di Cristo significava per Pio XI annunciare al mondo che Cristo è l’unica vera guida dell’uomo, che ogni popolo ha uguale dignità, che la Chiesa ha una natura e una funzione sociale. Per queste convinzioni Pio XI ingaggiò negli anni Trenta una lotta epica. Ma questa è un’altra storia.

don Claudio Centa