Se nelle feste del Natale abbiamo abbassato lo sguardo quasi a terra, nel luogo della mangiatoia, dove era stato deposto Gesù, il nostro sguardo oggi si spinge nel cielo buio dell’Oriente.
Nell’oscurità i sapienti scorgono una nuova stella, che porta con sé l’annuncio della nascita di un grande Re. Non esitano a mettersi in cammino, a lasciarsi alle spalle case e affetti, certezze e comodità di una vita in cui ogni giorno assomiglia all’altro.
Alcuni dei grandi annunci di queste feste di Natale sono notturni: possiamo immaginare il sogno di Giuseppe, che sfinito si addormenta, e proprio nell’incoscienza del sonno un angelo gli suggerisce come risolvere la questione con Maria: «Prendila con te, quel che è generato in lei non è opera umana, ma di Dio». È notte alla nascita di Gesù: un angelo avverte i pastori del grande evento: «Su coraggio, alzatevi e andate a vedere il vostro Salvatore«. È notturno anche il canto degli Angeli che sopra la stalla di Betlemme cantano il Gloria a Dio nell’alto dei cieli.
I magi partono da lontano e viaggiano necessariamente di notte. La stella cometa di giorno non può essere vista. Nessuna stella alla luce del giorno può essere vista. Soffermiamoci un attimo su questo particolare. Il buio è necessario alla fede.
Una delle grandi paure dei bambini, e non solo, è la paura del buio, del vuoto, dello sconosciuto. Quando ci si trova immersi nell’oscurità si perde l’orientamento, il senso dello spazio, ci si sente privi di forze adatte ad uscire da quella situazione. Ma se nel buio il bambino percepisce la voce conosciuta della mamma, del papà, o una persona di cui si fida, e ancora di più se questa vicinanza è anche fisica, il bambino accetta di trovarsi al buio, perché non si sente solo e abbandonato a se stesso. Alcuni santi e sante ci parlano di questa notte oscura, in cui tutto è tenebra e niente sembra poter alleviare il buio interiore che li attanaglia, fino a svuotarli di forze, o addirittura toglie loro la fiducia nella presenza di Dio.
Immersi nel buio della notte i magi scrutano il cielo, che più è buio più è capace di rivelare le stelle più lontane. Notte dopo notte, alzàti e insonni calcolano e studiano traiettorie e costellazioni. Si accorgono che, per camminare sicuri su questa terra, occorre alzare lo sguardo al Cielo. Quelle stelle che essi conoscevano e chiamavano per nome, non sono bastate per farli alzare. Anzi, li hanno tenuti ben saldi e legati alla loro terra, alle loro abitudini. Ma quando sorge la gran stella decidono che vale la pena lasciare tutto e partire.
Partono di notte, per non perdere l’indicazione. Partono di notte, non come ladri o per tenersi nascosti, ma perché finalmente capiscono in che direzione andare: c’è una mèta da raggiungere. Non sanno dare ancora un nome alla loro destinazione. Secondo loro deve essere un grande Re, destinato a cambiare per sempre non solo le loro vite, ma anche le sorti del mondo intero.
Giunti al limite della terra, quasi sulle rive del Mediterraneo, entrano tra lo stupore generale, nella Città Santa: Gerusalemme. È la città del Tempio, è la dimora dell’arca dell’Alleanza, la città conquistata del Re Davide. Ma non è lì il Bambino, come non è quella la città in cui il Re Davide è nato. Lì il re Davide ha governato, è vissuto, ma non è la sua città. Le sue origini sono poco lontane, in un villaggio alle porte di Gerusalemme, dicono i saggi a Erode. È Betlemme di Giudea la città del gran Sovrano, quella è la città del Pastore d’Israele, di Colui che sconfisse Golia, che conquistò il Regno, che fece di tutti i popoli un sol Regno!
Stupisce che nessuno a Gerusalemme si metta in cammino con i magi. Forse ritenuti pazzi, o perlomeno eccentrici. Appena escono, all’imbrunire, da quella città che verrà distrutta, e di cui resterà un cumulo di macerie, scomparse le sue luci vuote, ecco comparir di nuovo la luce di quella stella amica, che li guida a destinazione. Sopra la capanna di Betlemme la stella scompare, non serve più. La luce della fede squarcia le tenebre del dubbio. Vince il buio delle paure e dei timori. Ecco i magi che, come i poveri pastori, scesi a terra dai loro cammelli, offrono al Bambino Gesù i loro doni.
Un incontro che li fa nuovi, hanno veduto e hanno creduto. Ancora una volta il buio e il sonno diventano messaggeri: l’angelo del Signore li avverte che per strada diversa facciano ritorno al loro paese. Se anche noi abbiamo incontrato Gesù, Egli ci mostra vie nuove, che non temono neppure l’oscurità più profonda.
Il presepe del monastero di Pennabilli
Alcuni scatti del presepe realizzato da suor Elena Manganelli e dalle consorelle nel monastero delle agostiniane di Pennabilli (Rimini). Un saluto alla comunità nel ricordo di don Francesco Silvestri.