ECUADOR

Aneddoti dalle missioni

“Non occorre che facciate robe speciali... Se capiranno che li amate, sarete amati a vostra volta”

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In tutti i posti dove siamo stati come volontari per le Missioni, dobbiamo dire che la gente ci ha voluto bene. Per quello che mi viene in mente ora, non abbiamo fatto niente di particolarmente speciale, abbiamo soltanto applicato quella regola che ci venne detta dal primo sacerdote missionario che ci accolse all’arrivo del nostro primo viaggio importante: “Non occorre che facciate robe speciali, ricordatevi che, per questa gente, l’importante è che vogliate bene a tutti. Se capiranno che li amate, sarete amati a vostra volta”. Applicammo questa regola fin dal principio e tutto fu molto più facile. Partecipavamo a tutte le cose che venivano organizzate e facemmo presto amicizia con tutti. Poi, ogni tanto, qualche cosa succedeva che, a ricordarla ora, ci fa sorridere. Ad esempio, quella volta che, giunti nella comunità andina voluta da padre Josè Pedandola, con lo scopo di conoscerci e di darci il benvenuto, arrivarono quasi tutti gli abitanti, capitanati dal Presidente, portandoci in regalo una bella pecora. Le hermanite (suore) furono particolarmente contente di questo dono perché pensarono subito alla festa che avevano organizzato per la domenica successiva. La povera bestia, una volta cucinata, sarebbe diventata il piatto forte del pranzo. La sera la legammo a una corda fuori di casa e ce ne andammo a dormire. La mattina successiva la corda c’era, ma la pecora no. Durante la notte erano venuti a riprendersela! Palesemente indispettito mi recai a casa del Presidente a raccontargli il fatto e a porgere le dovute lagnanze. Questi assunse un’aria afflitta e ci rassicurò che avrebbe fatto le dovute indagini, punito i colpevoli e riconsegnato a noi la pecora, tutto a tempo debito… Fu così che per la festa mi affrettai a comperare un bel po’ di chili di mortadella e una valanga di panini, che comunque erano già stati ordinati. Devo dire che tutti ci rasserenammo in occasione della Messa che venne celebrata prima dell’abbuffata, soprattutto grazie all’omelia di Padre Josè che con le sue parole tenne tutti molto attenti e interessati.

Sono passati circa trent’anni da questo nostro primo viaggio in Ecuador ma certi ricordi sono sempre molto vividi. Oggi molte cose sono cambiate ma il ricordo del passato ogni tanto si affaccia prepotentemente alla mente. Ed è così che ricordo quel giorno che, accompagnati dal nostro Padre Josè, ci recammo in visita da un suo confratello che aveva parrocchia una ventina di chilometri da noi. Quando giungemmo davanti alla povera casa che fungeva da canonica, notai subito, attaccata al muro, una bacheca con vari foglietti come ci sono un po’ in tutto il mondo. Tra orari delle funzioni e comunicazioni varie, un paio di questi attirarono la mia attenzione: il primo, in un bellissimo corsivo diceva, ovviamente in spagnolo: “Per lavorare qui, non occorre essere pazzi, però aiuta molto!” L’altro, sempre in tema, declamava: “Ser locos es una ayuda para la mision” (essere matti è un aiuto per la missione). Questi foglietti, palesemente ironici, mi fecero aumentare la curiosità di conoscere questo parroco. Quando ci aprì la porta e cominciò a parlare con noi, potei capire subito quanto fosse in gamba. In una specie di cucina stava facendo catechismo ad adulti e ragazzi e il bene che gli volevano si toccava con mano. Oggi questo ricordo, sebbene a distanza di tanti anni, è una cosa che mi rallegra e mi fa ringraziare il Signore di avermi dato la grazia di viverla.

Mario Bottegal