La Messa nella notte di Natale

Annunciare le meraviglie di Dio

Nella situazione di pandemia Dio ci dischiude un orizzonte di meraviglie, di amore e cura per la vita

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Un invito ad annunciare la meraviglia dell’amore di Dio. Così si è conclusa l’omelia della Messa di Natale del vescovo Renato Marangoni nella Cattedrale di Belluno. «Eccoci a Natale», ha cominciato il Vescovo, sottolineando che c’era chi lo stava vivendo lì in duomo, chi nella sua comunità, chi attraverso la televisione, ma tutti erano come intorno alla capanna di Betlemme. E a tutti era giunto l’invito contenuto nel salmo che era appena stato proclamato: «Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza, in mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie». Un invito che spinge altrove – ha fatto presente mons. Marangoni – che dischiude un orizzonte di meraviglie che chiede di narrare a tutti i popoli. E anche l’evangelista Luca, annunciando una grande gioia, dice che sarà di tutto il popolo.

Oggi, nel nostro tempo, nel travaglio di questa seconda ondata di pandemia – ha continuato il Vescovo – ci siamo noi a raccogliere l’annuncio, a custodirlo nel cuore, ad alimentare l’attesa che suscita, a narrarlo in mezzo alle genti. Dio ci sorprende, attraverso l’incursione dell’angelo ci raccomanda di non temere. Sì, questo Dio sorprendente si presenta a noi nuovo, superando le immagini e le pratiche a cui ci eravamo abituati. Anche il canto della moltitudine celeste ci scuote dicendoci: «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama».

E noi – ha proseguito il Vescovo – siamo qui a chiederci come sia possibile oggi annunciare una grande gioia, raccontare di una nascita che è una promessa di salvezza per tutti, riconoscere la possibilità di un inizio, coinvolgere tutti in un cammino di liberazione e di superamento del peso del peccato, a volte della monotonia della vita, delle incongruenze della nostra storia umana. Come annunciare?

Monsignor Marangoni ha risposto dicendo di essersi commosso nel pomeriggio in carcere, ricevendo da un detenuto una lettera con disegnate due mani ammanettate, ma con la catena spezzata. Insieme al disegno il riferimento al salmo 124 («Il laccio si è spezzato e noi siamo tornati in libertà») e questa considerazione: «Noi ultimi tra gli ultimi, oggetto di disprezzo e scherno, persino biasimo degli altri detenuti, siamo grati perché anche per noi è venuto e si è dato Gesù Cristo, il messia di cui è detto “Dove il peccato abbonda, la grazia sovrabbonda; inoltre, se il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi».

Ecco il Natale – ha considerato il Vescovo – il laccio dell’oppressione più pesante è spezzato. Siamo grati. Ci è donato Gesù Cristo. La grazia sovrabbonda, il Figlio vi farà liberi. E poi la conclusione. «Sì, il Natale in questa condizione di limitazioni sembra più sobrio, più rarefatto, più distanziato, ma il suo annuncio e il dono che arreca è una meraviglia sempre nuova. Dio non tradisce la vita ma la ama, la cura, la guarisce, la carezza, la protegge, ne rimargina la ferita, la risuscita. Annunceremo questa meraviglia».

Carlo Arrigoni

Leggi l’omelia del Vescovo nella notte di Natale