Natale di nostro Signore Gesù Cristo

C’è una parola per te

a cura di don Giorgio Aresi

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C’è una parola per te, che sei smarrito e confuso

«C’è una parola per te uomo e donna del mio tempo che ti senti smarrito, come se la vita e la storia fossero una confusione senza senso. Una parola per te che ti sei convinto che le domande serie non hanno risposte, che i cammini degli umani sono sentieri interrotti che non portano da nessuna parte, che le disgrazie e le fortune ti capitano addosso e non c’è altro da fare che cercare rifugio in qualche angolino tranquillo. C’è una parola per te che ti sei convinto che conviene zittire la speranza che invita a guardare lontano e accontentarsi di programmare fino a domani, di sospendere le decisioni definitive, di vivere alla giornata» (M. Delpini, Omelia, Pontificale nella Solennità di S. Ambrogio, Milano, 7 dicembre 2020).

Queste sono parole arrivate al cuore di chi le ha ascoltate o lette, risuonate qualche giorno fa nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, proprio il giorno in cui si ricorda il grande Vescovo.

Per chi si sente smarrito, per chi ha perso un senso alla propria vita, per chi non ce la fa più colpito dalla malattia, dalla morte della persona che amava, per chi ormai non ha più qualcosa per cui valga la pena vivere, o l’unico obiettivo che ha in una giornata è di arrivare a sera per addormentarsi e non pensare più a niente, qualcuno dice: c’è una parola per te.

E allora adesso la domanda possiamo farcela: ma quale “parola” può cambiare questa nostra vita e il modo di vedere tutto ciò che ci sta attorno?

La risposta è in queste parole che – nel momento in cui decidiamo di prendere sul serio il mistero vero, l’unico senso del Natale – cambiano forse tutto: «Egli è presente qui e ora: qui e ora! Tutto deriva di qui; tutto deriva di qui, perché tutto cambia. La Sua presenza implica una carne, implica una materia, la nostra carne. La presenza di Cristo, nella normalità del vivere, implica sempre di più il battito del cuore: la commozione della Sua presenza diventa commozione nella vita quotidiana. Non c’è niente di inutile, non c’è niente di estraneo, nasce un’affezione a tutto, tutto, con le sue conseguenze magnifiche di rispetto della cosa che fai, di precisione nella cosa che fai, di lealtà con la tua opera concreta, di tenacia nel perseguire il suo fine; diventi più instancabile. Realmente, è come se si profilasse un altro mondo, un altro mondo in questo mondo» (don Luigi Giussani).

Egli è presente qui e ora. Ma chi? Emmanuel.

La Parola che cambia tutto nella mia vita, in ogni umana piega del mio vivere – anche degli eventi più incomprensibili e drammatici, faticosi e fragili – è la presenza vera, reale, di Dio che si fa uomo come me. Dio è ciò che di più universale e concreto c’è nella nostra vita e nel mondo.

E cosa può fare allora questo Dio nella mia vita? La presenza di Cristo, nella normalità del vivere, implica sempre di più il battito del cuore: […] diventa commozione nella vita quotidiana.

Dio è nella normalità della mia vita. Qualcuno ha detto che per vivere meglio bisogna vivere “come se Dio non ci fosse”. Ecco il Natale cambia radicalmente la prospettiva. Senza Dio non vivi meglio; se togli Dio – se togli Gesù Cristo – la vita la quotidianità diventa un peso, un enigma che il più delle volte non sei capace di risolvere. La vita diventa qualcosa che “devi” sopportare, con tutti i suoi casini, le sue incomprensioni, le sue contraddizioni, fino al problema ultimo e definitivo della morte che ti strappa ogni cosa e da ogni cosa che può averti reso felice.

Senza questo Dio che ha il nome e il volto di Gesù, il cuore si “ferma”; capisci solo la precarietà di tutta la realtà e dell’intera vita: sei destinato a morire e basta, e ogni giorno è un passo verso la fine di tutto.

La domanda allora che posso farmi, oggi, in ogni Natale è solo una: ma che cos’è alla fine questa vita che sto vivendo?

E la risposta è ancora in quelle parole: Non c’è niente di inutile.

Togliamo Dio dalla vita, vale a dire la risposta vera a tutte le domande più vere e cosa resta? Se non abbiamo una risposta alle nostre domande ci troviamo a vivere nell’inutilità. Ti chiedi: ma allora che cosa ha senso? E finiamo che non viviamo, subiamo la vita e accettiamo tutto.

Come scriveva Gilbert Keith Chesterton: chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto.

Ma chi è che può darci davvero una risposta a ciò che il nostro cuore domanda? che senso ha vivere, amare, sposare un uomo o una donna, mettere al mondo dei figli, credere, essere prete?

Ecco a queste domande nemmeno Google potrà mai dare una risposta che ci possa accontentare.

La presenza di Cristo, nella normalità del vivere […] nasce un’affezione a tutto, […] diventi più instancabile. Realmente, è come se si profilasse un altro mondo, un altro mondo in questo mondo.

Possiamo decidere di rassegnarci: accettiamo di non prendere nemmeno in considerazione l’ipotesi di Dio nella nostra vita. Possiamo accontentarci di una vita mediocre.

Una vita mediocre è amare quella persona perché “devo” amarla; avere cura dei miei figli solo perché li ho messi al mondo; fare il prete perché è quello che mi è capitato di fare, senza capire che una cosa è “fare” il prete, altra cosa è “esserlo”.

Oppure possiamo prendere sul serio il Natale: Dio che è entrato nella nostra vita. Ma non un Dio perso chissà dove, un Dio che è solo una “parola” da pronunciare senza nome e senza volto, perché così mettiamo d’accordo tutti e siamo tutti d’accordo – il sincretismo va di moda anche nella Chiesa, talvolta -.

No, Dio è Gesù di Nazareth, nato a Betlemme di Giudea, da una donna che si chiamava Maria, concepito per opera dello Spirito Santo.

Dio è quel bambino che i sapienti Magi si sono mossi per vederlo. Dio è quel ragazzo cresciuto in età, sapienza e grazia, con Maria sua madre – la Madonna – e Giuseppe. Dio è quell’uomo che un giorno ha chiamato Andrea, Giovanni, Pietro, Giacomo…e li ha fatti diventare pescatori di uomini e suoi Apostoli, testimoni in ultimo della sua morte e risurrezione. Dio è il crocifisso e che da 2000 la Chiesa annuncia risorto dai morti il terzo giorno, secondo le Scritture.

Dio è quello che incontro nella mia vita in questa realtà così maltrattata e ignorata che è la Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica, con tutti gli errori che ha fatto nella sua storia, ma che è voluta e continuamente amata proprio dal nostro Signore Gesù Cristo.

E allora che il Natale sia questo, nel sentire vere queste parole: «se ti senti una persona da niente la parola di Gesù ti rivela l’altezza della tua vocazione; se ti senti smarrito e confuso per quello che capita, la rivelazione del mistero di Cristo ti invita a contemplare il compiersi del desiderio di Dio di rendere partecipi tutti della sua vita; se ti senti peccatore oppresso dalla tua storia sbagliata, l’annuncio del perdono di Dio ti apre alla speranza e alla possibilità di rimediare e alla vocazione a costruire una vita bella, santa, lieta» (M.Delpini, ibi).

Che la nostra vita, nella luce del Natale sia una vita che dire felice non è impossibile.