Due relazioni e una testimonianza nella seconda giornata del corso «Abitiamo la terra, la nostra Casa comune»

Autenticità e comunità per il futuro della montagna

Gli interventi di Lucio Cavazzoni, Marcello Martini Barzolai, Viviana Ferrario e Marco Paolini

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Due relazioni e una testimonianza nel pomeriggio di oggi (sabato 12 settembre) nel contesto del corso «Abitiamo la terra, la nostra Casa comune – Approfondimento montagne» che si sta tenendo a San Marco di Auronzo per iniziativa di Casacomune, Uncem e Diocesi di Belluno-Feltre.

Il primo a prendere la parola è stato Lucio Cavazzoni, presidente Goodland e socio fondatore di Casacomune, che si è detto convinto che la montagna del futuro non potrà stare senza agricoltura e ha invitato a rendersi conto che il cibo è anche un fatto di responsabilità, verso noi stessi e verso chi lo produce, mentre c’è chi è attento prevalentemente al guadagno che può procurare come dimostra il fatto che il grano e il latte di qualche anno fa erano totalmente diversi da quelli di oggi.

Questa situazione – ha detto ancora Cavazzoni – può aprire una possibilità alla montagna, quella di produrre invece per la salute, cioè recuperare i modelli della tradizione per adattarli al nostro tempo, avvicinando produttori e fruitori, considerando come regola fondamentale l’autenticità di tutto il processo e delle parti in causa, non solo quella dell’etichetta. Per la montagna è poi necessario applicare il senso della misura: no quindi a coltivazioni intensive perché le terre alte non le reggerebbero e non sarebbero autentiche. Sì invece a catene corte e a una trasformazione basata su supporto scientifico.

Da Cavazzoni è giunto anche l’invito a stare attenti come consumatori, cioè a non cercare solo il prodotto che costa meno. Bisogna andare oltre la rete e arrivare al legame, ad avere un progetto comune e impegni comuni, il che comporta unire persone, imprese, istituzioni, comunità diverse tra loro per far pesare questi legami per i cambiamenti che si vogliono perseguire. Cavazzoni le ha chiamate comunità intenzionali e di pratiche, che richiedono anche un percorso culturale.

C’è poi stata la testimonianza di Marcello Martini Barzolai, allevatore del Comelico, che ha spiegato di essere l’erede di una tradizione di secoli e di valori. Valori come l’attenzione alla salute e al territorio che sono necessari, come sono indispensabili anche nuovi strumenti per lo sviluppo dell’agricoltura in montagna come associazioni fondiarie, piccole stalle e falegnamerie fatte dal pubblico e poi date in gestione (le istituzioni – ha sottolineato – devono fare di più per sostenere l’attività del comparto primario, ma anche il consumatore deve essere disposto a pagare di più per permettere la presenza produzioni di qualità).

Il terzo intervento del pomeriggio è stato quello di Viviana Ferrario, professore associato in Geografia presso l’Università di Venezia, che ha fatto presente che in questo periodo la montagna ha un forte impatto mediatico, è di moda, e non solo per il turismo. Per questo è importante stare attenti all’immagine che si dà del territorio perché è performativa, cioè contribuisce a determinare comportamenti e decisioni che a loro volta incidono poi sull’immagine (una buona immagine apre a un futuro positivo, un’immagine triste e sconsolante – per esempio di un territorio che non fa che spopolarsi – invece lo rende più difficile).

Le produzioni creano rapporti sociali – ha fatto presente ancora Ferrario – costruiscono il territorio, modellano il paesaggio, come i prodotti parlano del territorio. Ma perché ciò avvenga in modo positivo c’è bisogno di politiche adeguate e quindi è necessario che qualsiasi progetto per la montagna sia condiviso, bisogna in un certo senso impadronirsene perché l’immagine che ne deriva al territorio sia quella desiderata.

Alla luce di queste premesse Ferrario ha concluso con quattro domande su cui riflettere anche per quanto riguarda la realtà bellunese.

  • Quale progetto condiviso abbiamo per la nostra montagna?
  • La montagna produttiva è capace di essere sostenibile?
  • Siamo capaci di impossessarci dell’immagine che vogliamo dare della montagna?
  • La montagna bellunese riuscirà a far passare l’idea di non essere un territorio in svendita?

A chiudere l’intensa giornata l’intervento del drammaturgo Marco Paolini. Non uno spettacolo, bensì una raccolta di pensieri e immagini, raccontate con passione da parte di un attore che vive e conosce la montagna. Da vaia a all’orso, da zoldo all’uso diverso delle parole tra valle e valle, tutti stimoli per ricordare le tradizioni, mescolati alla realtà della gioia e della fatica del vivere in montagna.