A cura di don Giorgio Lise (2ª domenica di Avvento - anno A)

Ci mettiamo in cammino

È necessario uscire da noi stessi per incontrare Gesù, l’unico capace di renderci “nuovi”.

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Accogliamo l’invito che ci viene dalla Parola di Dio di questa seconda domenica di Avvento: metterci in cammino e impegnarci giorno per giorno in una sincera conversione.

1. L’evangelista Matteo sottolinea l’accorrere attorno al Battezzatore di una moltitudine di genti, provenienti non da un solo paese, ma dall’intera regione della Giudea.

È il primo messaggio: qualcosa di nuovo deve succedere. Ognuno deve mettersi in stato di esodo. Bisogna individuare da che cosa uscire e bisogna saper scoprire dove e verso chi andare. Tutti ci accorgiamo che le cose, come stanno, non vanno bene. Non siamo contenti di come va il mondo. Non siamo contenti delle strutture sociali che ci siamo date e che governiamo. Non siamo contenti dei nostri rapporti interpersonali. Spesso siamo scontenti anche di noi: sentiamo di sprecare un sac­co di vita e di energie per cose secondarie e futili; e ci accorgiamo di trascurare o di non aver più tempo per le cose più importanti. Ma non dobbiamo rassegnarci. Abbracciamo con fiducia la visione di Isaia: se vogliamo, da un vecchio e spesso deludente tronco umano come è a volte è la nostra vita cristiana, può spuntare un virgulto nuovo, una nuova umanità, un nuovo modo di pensare, di essere, di fare. Ma è necessario uscire da noi stessi per incontrare Gesù, l’unico capace di renderci “nuovi”.

2. C’è un altro messaggio che la liturgia di questa domenica ci propone: “convertitevi” dice Giovanni. Convertirsi vuol dire cambiare. Ma cambiare come? L’apostolo Paolo è chiaro: significa diventare costruttori di unità, di fraternità, di comu­nità; significa (per dirla sempre con l’Apostolo) avere “sull’esempio di Gesù gli stessi sentimenti e accogliersi gli uni gli altri”. Allora, davvero, in questo nuovo modello di vita, il lupo riuscirà a convivere con l’agnello e il leone giocherà con il bambino. Vedete: il Signore ci ha fatti diversi, non per essere nemici, ma per aver tutti qualcosa di nostro e di originale da portare per costruire la comunità. Allora il capolavoro da realizzare è quello di amarci fino a sentire di aver qualcosa da donare con umiltà e generosità; al tempo stesso, sentire di aver bisogno degli altri e saperli accogliere con riconoscenza e gioia.

Se facessimo convergere, per il bene di tutti, ciò che abbiamo e ciò di cui abbiamo bisogno; se riuscissimo a costruire una convi­venza dove i beni di tutti diventano un unico bene per tutti, avremmo fatto spuntare dal vecchio tronco un germoglio di vita nuova.

In altre parole: faremo nascere e crescere tra noi ciò che Cristo, ponendo la sua dimora in mezzo a noi, ha inaugurato: un Regno di fraternità e di pace.

3. Tutto questo, cari amici, avendo ben chiaro che il “convertitevi” che Giovanni Battista chiede ai suoi – e oggi a noi – non si porta a compimento una volta per tutte (il verbo greco indica un’azione continuata). Pertanto, è necessario ogni giorno, ogni istante, scegliere di “cambiare”! La conversione infatti è un cammino continuo, quotidiano durante il quale, a volte, occorrerà, con coraggio, porre mano alla scure per tagliare quelle radici di peccato che non permettono la fioritura di nuovi germogli.

Tuttavia noi non ci scoraggiamo, anzi proseguiamo decisi nel nostro cammino, ben consapevoli di essere chiamati a percorrere con costanza e fedeltà questa strada, non sentendoci mai degli “arrivati”: la “conversione” infatti è una ricerca che ci fa “trovare”, ma che riprende a “cercare” ancora, dopo aver trovato! Pensiamoci.