Papa Francesco ha istituito l’Anno di San Giuseppe, fino all'8 dicembre 2021

Con cuore di Padre

Un commento alla lettera apostolica «Patris corde»

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Se san Giovanni Paolo II espresse con il motto «Totus tuus» il suo affidamento a Maria, papa Francesco non fa mistero della sua devozione a san Giuseppe, in un pontificato iniziato il 19 marzo 2013; il 16 gennaio 2015, nell’incontro con le famiglie a Manila, confidava: «Vorrei anche dirvi una cosa molto personale. Io amo molto san Giuseppe, perché è un uomo forte e silenzioso. Sul mio tavolo ho un’immagine di san Giuseppe che dorme. E mentre dorme si prende cura della Chiesa! E quando ho un problema, una difficoltà, io scrivo un foglietto e lo metto sotto san Giuseppe, perché lo sogni! Questo gesto significa: prega per questo problema!». Il 18 dicembre 2018, nella Santa Messa a Santa Marta, chiedeva a san Giuseppe «la grazia di saper sognare cercando la volontà di Dio nei sogni» e nella relativa solennità del 2019, il 19 marzo: «Io penso alla Chiesa, oggi, in questa solennità di san Giuseppe. I nostri fedeli, i nostri vescovi, i nostri sacerdoti, i nostri consacrati e consacrate, i Papi, sono capaci di entrare nel mistero?». L’8 dicembre di quest’anno, con la lettera apostolica «Patris corde», il Papa ha celebrato il 150mo anniversario della proclamazione di san Giuseppe a patrono della Chiesa: ha ricordato in questo testo come «dobbiamo sempre domandarci se stiamo proteggendo con tutte le nostre forze Gesù e Maria, che misteriosamente sono affidati alla nostra responsabilità, alla nostra cura, alla nostra custodia. Il Figlio dell’Onnipotente viene nel mondo assumendo una condizione di grande debolezza. Si fa bisognoso di Giuseppe per essere difeso, protetto, accudito, cresciuto. In questo senso san Giuseppe non può non essere il Custode della Chiesa».

Sette i paragrafi del testo: san Giuseppe come padre amato, padre nella tenerezza, padre nell’obbedienza, padre nell’accoglienza, padre dal coraggio creativo, padre lavoratore, padre nell’ombra. Il primo ricorda la devozione del popolo cristiano: «la fiducia del popolo in San Giuseppe è riassunta nell’espressione “Ite ad Ioseph”».

San Giuseppe e i robot: Uno a zero

Si potrebbe così riassumere il secondo paragrafo, dedicato a san Giuseppe padre nella tenerezza; di san Giuseppe il Papa pone in risalto la tenerezza nella custodia di Gesù. Invece «il Maligno – scrive Francesco – ci fa guardare con giudizio negativo la nostra fragilità, lo Spirito invece la porta alla luce con tenerezza. È la tenerezza la maniera migliore per toccare ciò che è fragile in noi. Il dito puntato e il giudizio che usiamo nei confronti degli altri molto spesso sono segno dell’incapacità di accogliere dentro di noi la nostra stessa debolezza, la nostra stessa fragilità. Paradossalmente anche il Maligno può dirci la verità, ma, se lo fa, è per condannarci. Noi sappiamo però che la Verità che viene da Dio non ci condanna, ma ci accoglie, ci abbraccia, ci sostiene, ci perdona». Il tema della tenerezza è tornato nell’udienza generale del 23 dicembre: «L’altro giorno, parlando con alcuni scienziati, si parlava dell’intelligenza artificiale e dei robot… ci sono robot programmati per tutti e per tutto, e questo va avanti. E io dissi loro: “Ma qual è quella cosa che i robot mai potranno fare?”. Loro hanno pensato, hanno fatto delle proposte, ma alla fine sono rimasti d’accordo in una cosa: la tenerezza».

L’obbedienza di padre in figlio

Nel paragrafo dedicato all’obbedienza di san Giuseppe, il Papa istituisce un trait d’union tra l’obbedienza del padre e quella del Figlio al Padre celeste: «Nel nascondimento di Nazaret, alla scuola di Giuseppe, Gesù imparò a fare la volontà del Padre. Tale volontà divenne suo cibo quotidiano (cfr Gv 4,34)».

Accogliere la storia prima degli uomini

San Giuseppe è padre nell’accoglienza: una virtù che riguarda prima di tutto la storia, con i suoi avvenimenti inaspettati, spesso importuni o dolorosi: «La vita spirituale che Giuseppe ci mostra non è una via che spiega, ma una via che accoglie. Solo a partire da questa accoglienza, da questa riconciliazione, si può anche intuire una storia più grande, un significato più profondo». Infatti: «Tante volte, nella nostra vita, accadono avvenimenti di cui non comprendiamo il significato. La nostra prima reazione è spesso di delusione e ribellione. Giuseppe lascia da parte i suoi ragionamenti per fare spazio a ciò che accade e, per quanto possa apparire ai suoi occhi misterioso, egli lo accoglie, se ne assume la responsabilità e si riconcilia con la propria storia». Con questo «L’accoglienza di Giuseppe ci invita ad accogliere gli altri, senza esclusione, così come sono, riservando una predilezione ai deboli, perché Dio sceglie ciò che è debole (cfr 1 Cor 1,27), è «padre degli orfani e difensore delle vedove» (Sal 68,6) e comanda di amare lo straniero».

San Giuseppe, padre dal coraggio creativo

Secondo papa Francesco, il coraggio creativo è una virtù che «emerge soprattutto quando si incontrano difficoltà. Infatti, davanti a una difficoltà ci si può fermare e abbandonare il campo, oppure ingegnarsi in qualche modo. Sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere». È l’atteggiamento di san Giuseppe in Egitto; è inoltre la prospettiva evangelica per cui «nonostante la prepotenza e la violenza dei dominatori terreni, Dio trova sempre il modo per realizzare il suo piano di salvezza. Anche la nostra vita a volte sembra in balia dei poteri forti, ma il Vangelo ci dice che ciò che conta, Dio riesce sempre a salvarlo, a condizione che usiamo lo stesso coraggio creativo del carpentiere di Nazaret, il quale sa trasformare un problema in un’opportunità anteponendo sempre la fiducia nella Provvidenza».

Padre lavoratore

È il paragrafo più marcato dall’attualità del Covid: «imploriamo San Giuseppe lavoratore perché possiamo trovare strade che ci impegnino a dire: nessun giovane, nessuna persona, nessuna famiglia senza lavoro!». Infatti «la persona che lavora, qualunque sia il suo compito, collabora con Dio stesso, diventa un po’ creatore del mondo che ci circonda».

Sottotraccia evidente

Il paragrafo «Padre nell’ombra» è una citazione esplicita di un romanzo su san Giuseppe, «L’ombra del padre» del polacco Jan Dobraczynski. «Il mondo ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, rifiuta cioè chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto; rifiuta coloro che confondono autorità con autoritarismo, servizio con servilismo, confronto con oppressione, carità con assistenzialismo, forza con distruzione. Ogni vera vocazione nasce dal dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio. Anche nel sacerdozio e nella vita consacrata viene chiesto questo tipo di maturità. Lì dove una vocazione, matrimoniale, celibataria o verginale, non giunge alla maturazione del dono di sé fermandosi solo alla logica del sacrificio, allora invece di farsi segno della bellezza e della gioia dell’amore rischia di esprimere infelicità, tristezza e frustrazione». Padri non si nasce, lo si diventa – scrive il Papa – ogniqualvolta «qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro». L’orizzonte della famiglia e quello della Chiesa si fondono: «Anche la Chiesa di oggi ha bisogno di padri. E ogni sacerdote e vescovo dovrebbe dire: Sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo (Prima lettera ai Corinzi)». «Essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. Forse per questo, accanto all’appellativo di padre, a Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di “castissimo”. Non è un’indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita». Il testo si conclude con una nuova preghiera a san Giuseppe.

La Penitenzieria apostolica ha accompagnato la lettera con la concessione di speciali indulgenze fino all’8 dicembre 2021. Sono concesse, a esempio, «ai fedeli che reciteranno le Litanie a San Giuseppe (per la tradizione latina), oppure l’Akathistos a San Giuseppe, per intero o almeno qualche sua parte (per la tradizione bizantina), oppure qualche altra preghiera a San Giuseppe, propria alle altre tradizioni liturgiche, a favore della Chiesa perseguitata ad intra e ad extra e per il sollievo di tutti i cristiani che patiscono ogni forma di persecuzione».

don Giuseppe Bratti