Riflessione del direttore della Caritas sul messaggio per la Giornata mondiale della pace

Cultura della cura, nuova globalizzazione

«...debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente»

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Da quando si è riconosciuta la globalizzazione come il fenomeno caratteristico della società contemporanea, è nata anche la consapevolezza dei suoi effetti perversi, che ne ha generato un’interpretazione complessivamente negativa: la globalizzazione, infatti, è accusata di aver cancellato le identità culturali e le libertà politiche, di aver posto il mondo alla mercé di poteri occulti di natura economico-finanziaria, spesso indipendenti dal controllo delle stesse democrazie. Non v’è dubbio che questi aspetti esistano e possano apparire dominanti, ma non è ingenuo ritenere che vi siano anche opportunità preziose, tali da incidere sullo sviluppo dei popoli, sulla giustizia e la pace. Giovanni Paolo II riteneva, ad esempio, che accanto alla globalizzazione economico-finanziaria con le sue implicazioni di ingiustizia e di oppressione, dovesse farsi valere una globalizzazione dei diritti umani e della dignità delle persone.

Oggi il dibattito sul conflitto tra globale e locale si arricchisce di una più profonda comprensione: si tratta di un fenomeno ineluttabile, che si può subire, ma che si può anche governare. La pandemia di quest’anno ha mostrato come frontiere e muri non abbiano potuto impedire al virus di sconvolgere la vita di buona parte del pianeta e che, per uscirne, non sia possibile prescindere dalla solidarietà internazionale, sia per limitare gli effetti di natura sanitaria ed economica, sia per assicurare a tutti i mezzi per debellare il male. Eppure, non sembra venir meno l’egoismo nazionale o sociale, che determina maggiori disuguaglianze all’interno delle Nazioni e fra i popoli.

Nel tempo della pandemia da Covid-19, che è divenuto un fenomeno globale, vi sono state testimonianze generose di medici, infermieri, cappellani, volontari, ma accanto a esse hanno ripreso «nuovo slancio diverse forme di nazionalismo, razzismo, xenofobia». Osserva papa Francesco, nel messaggio diffuso per la 54.ma Giornata Mondiale della Pace: «Questi e altri eventi che hanno segnato il cammino dell’umanità nell’anno trascorso, ci insegnano l’importanza del prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza». Di qui la scelta del tema della Giornata da parte del Papa: «La cultura della cura come percorso di pace», ossia una «cultura della cura per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente».

La cura che Dio ha manifestato per le sue creature e che Gesù Cristo ha vissuto nel suo ministero terreno è diventata modello e fondamento della dottrina sociale della Chiesa, sulla scorta dell’esempio generoso di tanti testimoni della fede, fino a costituire «un prezioso patrimonio di principi, criteri e indicazioni, da cui attingere la “grammatica” della cura: la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per il bene comune, la salvaguardia del creato».

Quest’anno, data la situazione di emergenza, non potrà svolgersi il “Cammino della pace”, che negli ultimi anni ha preceduto la Messa vespertina in cattedrale a Belluno, tuttavia nel mese di gennaio si terrà una serie di appuntamenti on line, «passi di pace», a cura della Commissione triveneta di Pastorale sociale e del lavoro, a partire dal 1° gennaio alle ore 16.00. Si tratta di un percorso interdiocesano, un “cammino disarmante”, che avrà come punto di riferimento l’accordo votato in sede di Nazioni Unite per l’avvio di un disarmo nucleare, più volte auspicato dal Papa e ora condiviso da molti Paesi.

diac. Francesco D’Alfonso
direttore Caritas diocesana

 

Passi di pace