Storia del Giubileo

Dante e Petrarca pellegrini a Roma

Ogni settimana veniva mostrata ai pellegrini la reliquia della Veronica

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Abbiam visto nella precedente puntata un notevole numero di pellegrini si recò a Roma per il primo giubileo. Tra tanti pellegrini anonimi non mancarono devoti di particolare caratura, quali i due giganti delle lettere italiane dell’epoca: Dante Alighieri e Francesco Petrarca.

Il 1300 è l’anno in cui Dante, «nel mezzo del cammin di nostra vita», vale a dire trentacinquenne, situa il suo viaggio di nei tre regni ultraterreni dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso. Ma in quello stesso anno svolse quasi certamente un viaggio di più modesta fatica fisica, ma di ricca grazia interiore a Roma in occasione del giubileo, indetto dal suo acerrimo nemico Bonifacio VIII.

Che Dante sia stato pellegrino in occasione del primo anno santo della storia è dato per certo da illustri studiosi di letteratura italiana quali Giulio Ferroni e Marco Santagata. Quest’ultimo al proposito scrive: «il viaggio a Roma, più che un’ipotesi, sembra una certezza. Non sappiamo però in quale periodo dell’anno sia avvenuto».

Dante, nel canto XVIII dell’Inferno, descrive con la vivezza propria di un testimone oculare il sistema che era stato escogitato per regolare il passaggio dei pellegrini su “ponte sant’Angelo”, che all’epoca era l’unico ponte per attraversare il Tevere e raggiungere la basilica di San Pietro. Sul ponte eran stati stabiliti due sensi di marcia: uno verso Castel Sant’Angelo, e quindi verso San Pietro, l’altro inverso, in direzione della piccola altura di Monte Giordano: «come i Roman per l’essercito molto, / l’anno del giubileo, su per lo ponte / hanno a passar la gente modo colto, / che da l’un lato tutti hanno la fronte / verso ’l castello e vanno a Santo Pietro; / da l’altra sponda vanno verso ’l monte» (Inferno, XVIII, 28-33).

Quale sia stata una delle maggiori attrattive del pellegrino Dante, lo si può evincere dalla Vita nova, condotta a termine pochi anni innanzi, nel 1295. Dante vede passare per Firenze pellegrini attratti a Roma dal vedere l’effigie di Cristo «in quel tempo che molta gente va per vedere quella imagine benedecta, la quale Gesocristo lasciò a noi per exemplo della sua bellissima figura» (ed. Barbi XL, 1; ed. Gorni 29, 1).

Dante vedendoli compresi nell’anelito di contemplare il volto di Cristo, ritrae questi pellegrini con espressioni di struggente lirismo: «Deh, peregrini, che pensosi andate / forse di cosa che non v’è presente, venite voi da sì lontana gente / com’alla vista voi ne dimostrate».

Ed infatti, il rito di maggiore rilievo, che si svolse nel corso del primo anno santo, fu l’ostensione settimanale della reliquia della Veronica ai pellegrini, reliquia altrimenti ostensa solo nella Settimana Santa. Il fiorentino Giovanni Villani nella Cronica che compose di ritorno da Roma da questo primo anno santo così ci riferisce: «E per consolazione de’ cristiani pellegrini, ogni venerdì o dì solenne di festa si mostrava in San Pietro la Veronica del sudario di Cristo». Del desiderio dei pellegrini di contemplare il velo della Veronica (esortazione a ricordare che tutta la vita è pellegrinaggio per poter arrivare là dove si gode della visione diretta del volto di Cristo), Dante così si esprime in due intense terzine: «Qual è colui che forse di Croazia / viene a veder la Veronica nostra, / che per l’antica fame non sen sazia, / ma dice nel pensier, fin che si mostra: / Signor mio Gesù Cristo, Dio verace, / or fu si fatta la sembianza vostra?» (Paradiso, XXXI, 103-108).

Pure Francesco Petrarca, che fu pellegrino a Roma in occasione del secondo anno santo, quello del 1350, aveva in precedenza messo in risalto l’ostensione del velo della Veronica quale momento maggiormente desiderato dai pellegrini. Il vecchio pellegrino «rotto dagli anni et dal cammino stanco” affronta difficoltà e fatiche per vedere la vera immagine (vera icona, trasformatasi per metatesi in Veronica), viatico efficace alla sua aspirazione di vedere il sembiante di Cristo in cielo: «Movesi il vecchierel canuto et bianco / del dolce loco ov’à sua età fornita / et da la famigliuolo sbigottita che vede il caro padre venir manco / […] et viene a Roma, seguendo ‘l desio, / per mirar la sembianza di Colui / ch’ancor lassù nel ciel vedere spera» (Canzoniere, 16).

don Claudio Centa
Continua – 10


Nell’immagine: Ostensione della Veronica ai fedeli, xilografia, in Mirabilia Urbis Romae, 1475.