La riflessione di un giovane presente

Dopo il convegno diocesano

Dal “Chi me lo fa fare?” al “Sì, ce la possiamo fare!”

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14 e 15 settembre 2019, Centro Papa Luciani, Col Cumano di Santa Giustina. Ma “chi me lo fa fare?”: non è solamente il titolo del Convegno, ma anche uno degli ultimi messaggi mandati la sera prima a una mia cara amica. Invece, ancora una volta la realtà si è rivelata sorprendente. Sono stati due giorni di convegno molto intensi, che hanno costantemente richiamato alla responsabilità del cristiano nei confronti del territorio in cui è chiamato ad abitare.

Due giorni, dunque, in primis all’insegna dell’ascolto: numerose infatti sono state le testimonianze di religiosi e laici, professori e imprenditori coraggiosi che hanno saputo attirare l’attenzione del numeroso pubblico presente grazie all’autenticità che traspariva dai loro volti mentre pronunciavano i loro discorsi. Discorsi quasi mai astratti, ma improntati alla concretezza che deriva da un’esperienza vissuta sul campo, in prima persona: hanno portato con sé e riferito gioie, dolori, fatiche, soddisfazioni, ma la nota predominante era quella dell’entusiasmo di chi ha intrapreso un compito perché chiamato e animato da Qualcosa di più grande, di chi si è fatto radicalmente colpire dalla promessa di beatitudine del Vangelo.

E quando – tra una piccola pausa caffe, un giretto per sgranchire le gambe, o una fugace sigaretta – si ascoltano simili parole e si vedono simili volti, il contagio è assicurato. L’atmosfera della sala era pregna di fiducia, di speranza, di idee e progetti che – messi magari in un canto – cominciavano a risvegliarsi nei cuori dei presenti: quasi che dal “Chi me lo fa fare?” si fosse passati, repentinamente, al “Sì, ce la possiamo fare!”.

Una sala gremita di volti di persone realmente salvate, in cui anche il buon vecchio F. Nietzsche, forse, si sarebbe trovato a proprio agio e avrebbe probabilmente rivisto la sua tagliente e per questo vera tirata d’orecchi: “Se Cristo è risorto, perché siete così tristi? Voi cristiani non avete un volto da persone salvate”, cioè felici, redente! Sì, la Resurrezione era nell’aria, in quei due giorni, forse più di altri. Ed è solo un simile entusiasmo, da serbare e coltivare nel proprio cuore assieme alle nostre comunità, che può rimettere in moto idee, progetti, volontà per lavorare e cooperare assieme e tentare di fare qualcosa da “salvati” per “salvare” giorno dopo giorno il proprio territorio, come abbiamo sperimentato nell’attività di gruppo. È una sfida, certo, ma che nasce da una certezza: noi cristiani siamo chiamati all’attività sociale e politica da e per conto di Qualcuno di più grande, che non ci ha lasciati indifferenti.

Come i volti dei relatori rivelavano, certo, ci vuole una certa dose di follia: erano un po’ folli Giuseppe con il suo progetto per i contadini pugliesi, così come suor Francesca, responsabile della Formazione sociale e politica della diocesi di Padova (solo per citarne due). Ma è una follia che scaturisce dall’amore e che pertanto responsabilizza.

Da qui, un monito per tutti noi: siamo un po’ meno chierichetti e un po’ più…folli! Forse si comincerebbe a guardare le cose e ad agire con occhi nuovi e mani operose.

Federico Paniz