A cura di don Roberto De Nardin (Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria)

Dove sei?… Eccomi!

Riferimento di un’umanità nuova, che come lei si si apre a rispondere con fiducia a Dio, dicendo ogni giorno: “sì”

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Chissà cosa avrà provato quella ragazza di nome Bernardette, in un marginale villaggio sui Pirenei, Lourdes, nel raccontare nel suo dialetto guascone al parroco Peyramale quel nome che la “bella Signora” a lei apparsa le aveva consegnato in risposta alla sua esplicita domanda: «io sono» – aveva detto la visione – «l’Immacolata Concezione». Era il 25 marzo 1858. Questo nome le sarà suonato quantomeno difficile, addirittura incomprensibile, ignara del fatto che qualche anno prima a Roma – guarda caso, l’8 di dicembre – il papa Pio IX ne aveva solennemente dichiarato il “dogma”, suffragato dal senso delle fede di tutto il popolo di Dio. “Immacolata Concezione”. Un cammino di consapevolezza per cui sono voluti secoli: quante discussioni, quanto riflettere. Eppure con la solennità di oggi lo proclamiamo: per dono singolarissimo, Maria, è stata preservata dal peccato originale in vista del suo parto verginale. Di tempo da quella solenne definizione del Magistero ne è passato, e con esso anche la sensibilità e l’orizzonte di senso, fattori che rischiano di compromettere anche a noi la piena comprensione di questa verità di fede – “dogma” appunto – che, parlando di Maria, parla sempre di Cristo, parla della Chiesa… parla anche di noi, discepoli e pellegrini del 2023! Ci basti allora partire dalla fonte, dalla Parola che in questa solennità ci è donata e che ci aiuta, più di qualunque altra devozione, ad entrare davvero in questa festa, a comprendere bene la promessa che in essa è dischiusa.

Innanzitutto, una domanda: «Dove sei?». A porla è Dio stesso, il Creatore, verso la sua creatura, la più bella – l’uomo e la donna -, ingannata e fuggiasca nel giardino di Eden. È il “peccato originale” che si è insediato nel suo cuore chiudendolo, per paura, alla libertà di essere figlio/a amato/a, sempre e incondizionatamente. È la nudità della nostra finitudine che è divenuta scoperta che vergogna e imbarazza. È immersione nello “smog” del limite in cui tutti noi, senza responsabilità diretta, nasciamo: un mondo frammentato e diviso, segnato dalla rottura di un’armonia originaria, in cui è tanto facile fallire nel perseguire il bene; in cui è quasi scontato scivolare nel ripiegamento che illude ed esclude. Quante volte lo possiamo aver sperimentato? Chi ha paura, chi non si fida, chi si vergogna, chi possiede, chi non ama, irrimediabilmente avverte il fiato corto di un’esistenza che ha interrotto gli “approvigionamenti” alla fonte della vita; si è nascosto nella vergogna della sua nudità; possiede cose morte senza più donare vita. Eppure, nonostante ciò, il Creatore non ha espresso la sentenza di condanna; ha lanciato – e continua a lanciare – la sua voce, appassionata ed amante, che cerca in chi ha creato a sua immagine l’eco di una risposta…

Ecco allora la risonanza, vibrante e grandiosa, nell’insignificante Nazareth, attraverso la giovane voce di una piccola, vergine, promessa sposa: Maria. La riascoltiamo in questa festa nella pagina dell’Annunciazione, nella prima scena che la fa comparire protagonista della storia di salvezza. «Ecco la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola». Maria risponde all’invito dell’angelo di Dio; risponde “sì” al Creatore che cerca la sua creatura, liberamente e senza paura. Spoglia nella sua umiltà. E questo suo “eccomi” è eco, chiara e nuova, alla chiamata originaria di Dio, che anche dopo la caduta non si è lasciato vincere dall’ingratitudine. Il senso della festa di oggi predispone allora proprio a questa pagina: il cuore di Maria è stato purificato dalla paura di dire quel “sì”, dal senso di depressa nullità o di arrogante supponenza che ancora rischia di annidarsi nel cuore di molti, facendoli convinti che proprio il nudo limite della propria vita non possa tramutarsi in storia di salvezza.

«Io sono l’Immacolata Concezione»: nome difficile, forse. Ma la buona notizia che racconta è bellissima: Maria è segno e riferimento di un’umanità nuova, che come lei si fida dell’impossibile e si apre a rispondere ancora con fiducia a quel di Dio che la viene a cercare, dicendo ogni giorno: “sì”.