Era ospite di casa "Kolbe" a Pedavena

È morto don Igino Cardin

Prete della diocesi di Padova, ha svolto il suo ministero in Valle del Boite

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Nella serata di ieri, 27 gennaio, presso l’ospedale di Feltre, è morto mons. Igino Cardin. Aveva 91 anni e dal 2013 era ospite della “Casa Santa Maria Gloriosa – Casa P. Kolbe” a Pedavena. Era nato a Campodarsego, in provincia di Padova, il 25 febbraio 1929. Dopo il percorso di formazione, era stato ordinato presbitero nella chiesa del Seminario maggiore patavino il 4 luglio 1954.

A parte alcuni anni impegnati nel seminario della diocesi di Sabina-Poggio Mirteto, don Igino ha vissuto tutto il suo ministero nella nostra diocesi, sempre a servizio delle comunità della valle del Boite, San Vito, Borca e Vinigo. Vicedirettore fin dal 1954, dal 1971 divenne direttore dell’Istituto Dolomiti Pio X. Nel 1986 divenne delegato regionale per la pastorale del tempo libero. Dal 1990 fu presidente della commissione diocesana per la pastorale del tempo libero. Nel 1979 venne annoverato tra i cappellani di Sua Santità, divenendo “monsignore”. Il 7 settembre 1994 fu insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

I funerali si terranno lunedì 1° febbraio alle ore 14.30 nella chiesa di Borca di Cadore.

 

Leggi l’omelia del Vescovo alle esequie di don Igino

 


Oltre ai dati biografici, resta il ricordo della sua amabile figura: riprendiamo la sentita testimonianza appuntata da don Riccardo Parissenti, pievano di San Vito di Cadore e parroco di Borca di Cadore, per il foglietto parrocchiale.

In memoria

Al messaggio con cui gli annunciavo la morte di don Igino, don Luigi Del Favero, nato e cresciuto a Venas, ha risposto così: «Ai nostri paesi ha fatto del bene!». Credo che molti nella Valle del Boite possano sottoscriverlo, ricordando mons. Cardin e quanto ha rappresentato l’Istituto Pio X, quando non era solo un albergo, ma una struttura che aiutava la crescita di ospiti e valligiani, nell’ambito scolastico, culturale e religioso.

Proprio a Venas, ogni volta che con don Igino ritornavamo in macchina insieme, dopo qualche riunione con i preti a Pieve o a Belluno, appena vedeva il Pelmo esclamava: «Ricordo l’autunno del 1954, quando giovane prete mi hanno mandato a Borca e arrivato qui ho visto i colori del bosco e il Pelmo…». Fu amore a prima vista! A parte alcuni anni passati a insegnare nel seminario di Sabina-Poggio Mirteto, tutto il suo ministero si è svolto all’ombra del Pelmo. Superati i settantacinque anni, dovendo lasciare il Pio X, chiese a don Osvaldo di essere accolto nella canonica di Borca: insieme hanno potuto servire questa comunità fino alla morte di don Osvaldo, il 6 agosto 2008. La sua opera è poi continuata fino al luglio 2013 quando, per il manifestarsi di alcuni problemi alla memoria e delle difficoltà alle gambe che gli impedivano di fare le scale, ha deciso di andare nella struttura di Pedavena riservata ai preti anziani. Anche in questa scelta ha preferito restare con i bellunesi, che erano diventati i suoi confratelli, anziché tornare a Padova. All’ombra del Pelmo, vicino a don Osvaldo, troverà sepoltura.

Nel cuore, ripensando a don Igino, trovo alcune immagini preziose. Anzitutto la fraterna e sincera benevolenza con cui mi ha accolto quando sono divenuto parroco di San Vito e Borca. Il Vescovo mi aveva detto che in canonica avrei trovato un altro prete e il mio timore iniziale era di riuscire ad andare d’accordo e farmi accettare da lui. Ho sentito subito che mi voleva bene. Quando è mancato mio padre, mi è stato particolarmente vicino. Mi ha dato buoni consigli in quei primi periodi per me difficili, ma non imponeva mai le sue decisioni, dicendomi che adesso il parroco ero io… Ho molto apprezzato la sua lealtà e la sua nobiltà d’animo.

Una seconda immagine me lo mostra seduto in confessionale, sia a Borca che a San Vito: mentre celebravo, dall’altare vedevo la fila delle persone che attraverso di lui accostavano il sacramento del perdono e chiedevano consigli alla sua esperienza e alla sua saggezza. È stato un servizio silenzioso ma prezioso, che ci è mancato molto.

Una terza immagine mi fa venire in mente i tanti turisti, in passato ospiti del Pio X, tra cui molti preti, che d’estate passavano a salutarlo, testimoniando relazioni ben coltivate. Anche la cassetta della posta era sempre piena di lettere con i timbri postali più disparati: molto del suo tempo da “pensionato” lo dedicava a scrivere lettere alle persone conosciute nel corso negli anni. Dopo che lasciò Borca, per lungo tempo il campanello della canonica ha continuato a suonare, premuto da persone che chiedevano di lui.

Il momento più brutto è stato il giorno in cui mi ha chiesto di accompagnarlo a Pedavena. Siamo andati con Agnese, che tanto lo aveva aiutato: allontanandoci da Borca, abbiamo sentito un nodo alla gola. Finchè ci ha riconosciuto, abbiamo cercato di passare a trovarlo con regolarità: mai una volta che si sia lamentato. Aveva nostalgia del Cadore, ma accettava quello che la vita gli stava riservando, per prepararsi all’incontro con il Padre.

Nel suo testamento spirituale scrive: «Un ricordo e un saluto cordialissimi ai carissimi fedeli di Borca e di San Vito di Cadore, cui mi sono dedicato specialmente negli ultimi anni. Ho voluto bene agli amici sacerdoti delle due comunità che mi accolsero con amor fraterno da tanti anni. Dal Paradiso, dove spero di andare per la Misericordia del Signore, pregherò in maniera speciale per tutti e dalle vette splendide del Pelmo e dell’Antelao vi seguirò».

Grazie, don Igino. Riposa in pace.

don Riccardo