Formazione a distanza anche in seminario

Una testimonianza dai seminaristi di Trento e Belluno-Feltre

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Anche la nostra “casa” del seminario si è svuotata da un mese e mezzo: la decisione – assunta insieme per rispetto delle indicazioni sanitarie – è stata sofferta (per noi seminaristi la vita di comunità è fondamentale), ma ora possiamo dire di coglierne anche riflessi positivi, allo stesso modo in cui siamo passati dalla Quaresima alla Pasqua di Risurrezione.

Sembra strano per noi seminaristi infrangere i ritmi della vita comune a cui siamo abituati e che danno un’ossatura alla nostra giornata, ma quest’anno è accaduto l’imprevedibile: vivere il seminario da casa. La grande sfida che si è aperta per noi che stiamo vivendo questi anni di formazione è quella di incarnare nella vita domestica i nostri ritmi abituali del Seminario: la preghiera, lo studio, la vita comune: sì anche lei è rimasta fedele compagna delle nostre giornate e settimane. Anche noi ci siamo attrezzati, benedicendo e valorizzando gli strumenti tecnologici perché ci permettono di incontrarci, parlare e “stare insieme”, attingendo a piene mani alla creatività, che in questo momento ci salva.

Come tutti, o almeno molti, ci siamo tuffati nel mondo delle videochiamate  e noi ci siamo affidati alla piattaforma Zoom (“ZoomVideo Communications”, il nome completo, una società di servizi di teleconferenza che fornisce servizi di conferenza remota che combina videoconferenza, riunioni online, chat e collaborazione mobile) su cui riusciamo a fare i nostri incontri di comunità a cui partecipiamo noi giovani in formazione di Trento e Belluno-Feltre e i nostri tre preti formatori. L’idea di fondo è stata quella di portare questo tempo straordinario il più possibile vicino al nostro ordinario di comunità, la formazione settimanale, la preghiera sulla Parola di Dio, la preghiera quotidiana  organizzati in piccoli gruppi e inoltre, nella settimana santa per vivere più in comunione, abbiamo iniziato assieme la giornata con la preghiera dell’Angelus e le Lodi mattutine. Anche lo studio non si è fermato e quindi si prosegue con il programma, grazie ai nostri professori che si sono resi molto disponibili.

La vita di comunità è certamente l’elemento unificante, necessario per la crescita umana e spirituale, come pure l’esperienza della parrocchia e degli incontri con i giovani che viviamo durante il fine settimana: anche queste dimensioni si sono armonizzate a questo tempo e ci si è dovuti reinventare la modalità di incontro che però ha portato a maturazione dei frutti molto belli come Via crucis alternative, condivisioni sul Vangelo e condivisioni anche sul modo di vivere questo tempo.

Eppure  dobbiamo benedire la nostra debolezza, che forse ora ci è più chiara, perché soltanto chi non si sente autosufficiente chiede aiuto, cioè compie il gesto più umano che possa esistere: abbandonarsi nelle mani di un altro. Da qui nasce l’amicizia e l’amore. “Non ci si salva da soli” ci ha ricordato il Papa, ma è Gesù che ci rammenta tutto ciò, sottolineando con forza che sono i poveri, i piccoli, gli esclusi, gli abbandonati che entreranno nel regno dei cieli.

Che cosa ci salva? Che cosa ci unisce? In che cosa sperare? A che cosa aggrapparci? Di una cosa sono certo: non siamo soli, Gesù è con noi, è sulla barca, è nel nostro mare in tempesta. Sembra che dorma, e quanto è assordante il suo silenzio! Eppure Lui c’è, e se tutti i nostri schemi sono saltati, uno è rimasto, saldo come un baluardo, un vessillo al quale aggrapparci: Dio. Il nostro Dio naviga con noi, non ci salva da solo, ma ci indica una via, ci dà un motivo per vivere. Ecco che la fede si rivela come una roccia stabile nella fedeltà a quella pietra, che è sorgente d’acqua viva, pozzo che disseta l’anima, luce che dà vita. Usciti da tutto ciò saremo diversi, migliori. L’unica soluzione sarà quella di rimetterci alla scuola del maestro e prendere sul serio quell’ammonimento che Gesù fa al giovane ricco “una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; e vieni! Seguimi!” (Lc 18, 22), cioè, in altre parole, per diventare discepoli c’è bisogno di un cuore libero e povero, e quindi di tornare all’essenziale. Ripartire da ciò che conta davvero, per ricominciare e rimetterci in cammino, certi che la “speranza non delude” (cfr Rm 5, 5).

Questo tempo di pasqua può darci una chiave di lettura importante: dal prodigioso duello tra Vita e Morte, il Signore della vita appare vittorioso e ci accompagna con una gioia immensa che caratterizza questi prossimi Cinquanta giorni e tutta la nostra vita di cristiani. Come dice un canto giovanile: “Noi veniamo a Te ti seguiamo Signor solo tu hai parole di vita e rinascerà dall’incontro con te una nuova umanità”.

FILIPPO E ANDREA per la comunità del Seminario