A cura di don Renzo Roncada (6ª domenica di Pasqua - Anno B)

Frutti di amore e di carità

Se il cristiano si rivela incapace di amare, è un fallito

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Oggi ci siamo accorti come il nostro Dio è sempre in anticipo sui nostri itinerari, sulle nostre scoperte, perfino sulle nostre decisioni. «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto». Prima di scegliere, scopro che Qualcuno mi ha già scelto. Io posso decidermi, soltanto perché Qualcuno si è già deciso nei miei riguardi. Soprattutto nell’amore Dio ci precede: «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato suo Figlio».

San Giovanni, nella continuazione del racconto del testamento di Gesù durante l’ultima cena, ci dice che i cristiani devono portare molto frutto. Nelle tre letture di questa domenica si specifica quali devono essere questi frutti: devono essere frutti di amore e di carità. L’amore costituisce l’impegno fondamentale del cristiano. Se il cristiano si rivela incapace di amare, è un fallito.

Questo comandamento fondamentale del Signore viene sottolineato ben nove volte nella seconda lettura e altre nove volte nel Vangelo. Quasi un’ossessione per Gesù. Vuole che entri bene in testa perché questa deve essere la vita del cristiano. L’amore che Dio ha per il Figlio vuole che arrivi a ciascuno di noi e noi, a nostra volta, dobbiamo donarlo agli altri.

La condizione per rimanere nell’amore è molto semplice: consiste nell’osservare i comandamenti e il riassunto di tutti i comandamenti è l’amore. Ma perché noi dovremmo fare tutto questo? Il Vangelo ce lo dice chiaro: «Perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». Quindi il punto di arrivo è una cosa molto bella; penso che tutti vorremmo vivere sempre nella gioia.

Ma come è possibile arrivare a questo: «Amatevi come io ho amato voi»? Sarebbe semplice, ma come possiamo arrivare ad amare Dio? Noi, in genere, amiamo chi vogliamo, come vogliamo, quando vogliamo, quanto vogliamo, e ci illudiamo di saper amare perché diciamo è una cosa che viene da sé. Ma quando ci imbattiamo nella frase: «Come io vi ho amati», allora dobbiamo almeno sospettare che il nostro saper amare sia limitato, molto limitato. Cristo ci ha amati morendo per noi e amando anche e soprattutto i suoi nemici.

Non sono io che devo scegliere il prossimo da amare, ma è il prossimo che aspetta da me l’amore. Amare non significa dare qualcosa, ma dare se stessi. E qui capiamo quanto analfabeti siamo in fatto di amare.

Gesù nell’ultima cena, ci insegna solo l’amore, quell’amore che lui ha ricevuto dal Padre e che è l’unica cosa che ancora non sappiamo; l’unica cosa che ancora non facciamo; l’unica cosa, però, per cui valga la pena di cominciare.