Storia del Giubileo - 32

Gaudete in Domino

La novità voluta da Paolo VI: che il Giubileo si celebrasse prima nelle Chiese locali e in seguito a Roma

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Secondo l’ormai secolare tradizione, per la precisione stabilita appunto mezzo millennio prima, nel 1975 si svolse l’Anno Santo nella fissata scadenza venticinquennale. Ma non era poi così scontato che quell’evento avesse luogo. Quell’Anno Santo sarebbe caduto a dieci anni di distanza dalla chiusura del Concilio Vaticano II, del quale ampi settori della Chiesa rimarcavano soprattutto le sue note di discontinuità: la fine del trionfalismo ecclesiastico, che aveva la sua espressione in riti antiquati e di marcata solennità, il superamento di una visione di Chiesa troppo “romana”, la critica a forme devozionali e a concetti teologici, tra questi l’indulgenza, considerati non rispondenti all’uomo contemporaneo. La società civile poi si caratterizzava per esser sempre più desacralizzata, se non addirittura acristiana, e poco disposta a dare ascolto ai richiami degli uomini di Chiesa su importanti questioni morali; vedasi il grave smacco del referendum del 1970 che avallava la legge sul divorzio.

Nell’udienza generale del 9 maggio 1973, Papa Paolo VI rivelava ai fedeli di essersi a lungo “domandato se una simile tradizione meriti d’essere mantenuta nel tempo nostro, tanto diverso dai tempi passati e tanto condizionato da un lato dallo stile religioso impresso dal recente Concilio alla vita ecclesiale, e, dall’altro da disinteresse pratico di tanta parte del mondo moderno verso espressioni rituali di altri secoli”. Con un genuino senso della Tradizione, Paolo VI trovò che un tale evento, rinnovato nelle sue espressioni, era nella sua sostanza una valida realizzazione di “quello sforzo indefesso e amoroso che la Chiesa rivolge ai bisogni morali della nostra età”. Paolo VI in quella udienza, e poi nei documenti attuativi delle settimane seguenti, insisteva con forza che nel suo nucleo essenziale l’Anno Santo è un momento di rinnovamento interiore dell’uomo e, in un passaggio dai toni ispirati, egli dice che tale rinnovamento è offerto all’uomo contemporaneo che pensa, ma ha smarrito la certezza della Verità; all’uomo che lavora, ma irretito nel produrre smarrisce il dialogo con l’altro; all’uomo che gode, si diverte, ma nel suo stordimento si trova poi sempre più amareggiato.

Costituito nei giorni seguenti il comitato centrale e postolo sotto la presidenza del cardinale Massimiliano de Fürstenberg, il 31 maggio Paolo VI gli scriveva che gli obiettivi del Giubileo erano due: il rinnovamento interiore dell’uomo e la riconciliazione tra gli uomini. Il primo comporta la riconciliazione con Dio che “avviene anzitutto a livello di profondità, nel sacrario interiore, dove la coscienza è chiamata a operare la sua conversione”; il secondo obiettivo è conseguenza del primo: “la riconciliazione tra gli uomini come dimensione sociale” della riconciliazione con Dio.

Il Comitato centrale venne costituito con un criterio di grande internazionalizzazione: vi furono infatti chiamati laici ed ecclesiastici di 17 paesi dei cinque continenti. Il Comitato si dedicò ad una indagine sociologica circa i flussi dei pellegrini in modo di programmarne adeguatamente l’accoglienza; predispose i rituali delle celebrazioni; in particolare fu di supporto alle Conferenze episcopali delle varie nazioni per l’organizzazione dell’anno santo a livello locale.

Questa fu infatti una novità voluta da Paolo VI: che il Giubileo si celebrasse prima nelle Chiese locali e in seguito a Roma, così da giungere al 1975 ben preparati. Nella Pentecoste 1973 (10 giugno) si inaugurava la preparazione al Giubileo nelle diocesi secondo modalità che le Conferenze episcopali avrebbero accordato; Paolo VI stabiliva che dalla prima domenica di Avvento (2 dicembre) sino all’apertura dell’anno santo a Roma (24 dicembre 1974) nel pellegrinaggio alle cattedrali e ai santuari scelti dai vescovi si sarebbe ottenuta l’indulgenza giubilare.

Con quale cura Paolo VI andasse preparando il Giubileo risulta dal fatto che dopo la bolla di promulgazione (23 maggio 1974) egli dedicò le udienze generali per trattare esclusivamente dell’Anno Santo. Nei suoi interventi, svolti sempre con riferimento a temi conciliari, l’Anno Santo assumeva il profilo di una realizzazione pastorale conciliare abbracciante la Chiesa universale.

Notevole fu la partecipazione dei fedeli al Giubileo: 8.700.000 coloro che giunsero a Roma, che mai aveva accolto così tanti pellegrini in occasione di un Anno Santo. Molti furono gli incontri con cristiani di altre confessioni, il più notevole dei quali quello del 14 dicembre con la delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, nel decennale della reciproca cancellazione delle scomuniche del 1054.

Il frutto più importante dell’instancabile predicazione di Paolo VI, fu il documento Gaudete in Domino, invito a volgersi Cristo fonte della vera gioia.

don Claudio Centa