L’anno santo del 1950 costituì un evento, sul quale Papa Pio XII riverso tanto impegno e nel quale ripose molte attese. Il 26 maggio 1949, Pio XII promulgò la bolla Iubilaeum maximum, con la quale indiceva l’apertura del giubileo alla notte di Natale di quell’anno. Ma già dal 1948 il Papa aveva manifestato di volersi dedicare con impegno a questo evento. La bolla culminava con un appello accorato ai fedeli a recarsi a Roma: «Ora non rimane altro, diletti figli se non invitarvi con paterno amore ad accorrere numerosissimi durante il periodo dell’anno espiatorio a Roma: Roma diciamo che è per i fedeli cristiani di qualsiasi nazione come un’altra patria dove possono venerare il luogo nel quale fu riposto dopo il martirio il primo degli apostoli; dove possono vedere le sacre catacombe dei martiri, i monumenti della fede e della pietà degli antenati e visitare il padre comune che , stendendo ad essi le braccia, attende con animo amorevole il loro arrivo». Questo appello ritornava lapidario e pressante nel radiomessaggio del 23 dicembre 1949: «ogni cristiano può e deve dire Roma mihi patria». Insomma Roma è la patria d’eccellenza per i cattolici.
Esprimendo la consapevolezza per le difficoltà economiche del viaggio e del soggiorno a Roma, Pio XII rendeva assai più semplice l’acquisizione dell’indulgenza: una sola visita a ciascuna delle quattro basiliche giubilari, anche nello stesso giorno. Quale differenza dalle trenta visite in giorni diversi stabilite da Bonifacio VIII nel 1300!
Il convergere a Roma, questo movimento fisico era per il papa riflesso di un movimento ben più importante dello spirito: «il grande ritorno» a Dio. Questo fu il tema programmatico del giubileo che «non sarà una festività chiassosa, non un pretesto di pie distrazioni, neppure un vanitoso sfoggio di forze cattoliche». No, l’Anno Santo doveva essere vissuto come il «grande ritorno»: degli increduli e ostili vero il cristianesimo alla fiducia in Dio, dei fedeli cattolici ad una fede più consapevole e ardente, dei cristiani separati da Roma, delle nazioni e della società moderna all’ordine stabilito dal Creatore e rigettato in quanto avvertito antagonista della libertà umana.
L’appello cadeva in un mondo che portava ancora le ferite dei totalitarismi novecenteschi e della Seconda Guerra; inoltre nuove ferite si stavano aprendo nella società umana. La Germania devastata, divisa in due con nove milioni di profughi dai territori ceduti alla Polonia. L’Italia in gravi difficoltà economiche, e politicamente polarizzata in due campi aspramente confrontatisi nelle determinanti elezioni del 1948. La decolonizzazione, che se era praticata con avvedutezza e abilità politica dalla Gran Bretagna, mentre la Francia, arroccata nelle sue rivendicazioni, si impelagò nelle guerre di Indocina e Algeria. Alla Seconda Guerra era subentrato uno stato di conflittualità latente, la Guerra fredda, con un mondo diviso in due blocchi geopolitici e proprio in quel 1950 lo scoppio della guerra in Corea rischiò di trascinare i due blocchi in un conflitto che sarebbe stato di gravità immane.
Pio XII come un profeta (ne aveva anche le physique du rôle) insiste con toni ardenti e termini ispirati, che ricordano Osea 14,2, sul «grande ritorno», sull’invito ad una rinascita, una rigenerazione, un «ritorno dell’intera umanità ai disegni di Dio».
Durante il giubileo, come già il suo predecessore, Pio XII visse numerosi incontri con i pellegrini. Le udienze generali furono 117 in Vaticano e 56 a Castel Gandolfo, sempre con grande partecipazione: in aprile si ebbe una media 40.000 partecipanti ad udienza e il picco fu raggiunto il 16 settembre con 70.000 presenze. Ben 6.187 le udienze particolari che Pio XII concesse a piccoli gruppi di pellegrini e 48 alle autorità civili.
Il «grande ritorno» a Dio comporta un’adesione alla verità e incontrando i docenti di teologia, Pio XII ricordò loro il compito grave di «insegnare a tutti, sinceramente, tutta la verità in vigore nella Chiesa, senza alcuna corruzione e senza alcuna diminuzione». È in tale contesto che il 1° novembre viene solennemente proclamato il dogma dell’Assunzione di Maria al cielo.
Il «grande ritorno» comporta la lotta personale contro il male e la pratica del bene. Tale impegno è illustrato nelle canonizzazioni. Da notare che su otto canonizzazioni, sei sono donne. Tra queste Maria Goretti, la cui canonizzazione venne celebrata il 24 giugno alla presenza del presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, e di 300.000 fedeli: veniva dato un modello di santità che sottoponeva a critica l’incipiente edonismo della società post-bellica.
Insomma il messaggio del giubileo era che soltanto in un ritorno a Dio, in una riscoperta della fede, si sarebbe operato un rinnovamento non solo dei singoli, ma anche della società internazionale.
don Claudio Centa
Nella foto: Pio XII incontra un gruppo di pellegrini.