«Trovare mezzi creativi per coinvolgere i bambini e i giovani». Era una delle indicazioni più “spinose” nei documenti preparatori offerti dalla Segreteria vaticana del Sinodo. Perché coinvolgere i bambini? E soprattutto come coinvolgere i giovani? Del resto, l’antifona per cui la Chiesa si sente «in debito di ascolto» era nata proprio nel sinodo del 2018, quando il Papa ammetteva: «una Chiesa “in debito di ascolto” anche nei confronti dei giovani, che spesso dalla Chiesa si sentono non compresi nella loro originalità e quindi non accolti per quello che sono veramente, e talvolta persino respinti».
In queste ultime settimane, alcuni insegnanti di religione hanno tentato di proporre il gruppo sinodale anche ai loro studenti. Stanno pervenendo alcune sintesi di questi incontri. Un insegnante ha chiesto e ottenuto dai suoi ragazzi il permesso di rendere pubblico quanto emerso: lo riprendiamo, con nomi di fantasia.
La prima fase della conversazione prevede, come in tutti i gruppi sinodali, il racconto dell’esperienza. La domanda sul tavolo era: «insieme ai tuoi amici, vi sentite ascoltati e valorizzati come giovani?». Rosanna subito risponde: «Mi sento abbastanza ascoltata, però sento che c’è un pregiudizio nei miei confronti, perché mi ritengono ancora piccola». L’amico Kevin aggiunge: «Capita spesso di non essere ascoltato, specialmente da mio padre. Non mi considera, io invece mi ritengo valido». Sulla stessa linea, Alessia: «Non mi sento ascoltata, il mio parere non conta, specialmente con il papà». Poche battute che confermano una richiesta di ascolto.
Guardando più specificamente al rapporto con la comunità cristiana, Marco dichiara candidamente: «In famiglia mi sento ascoltato, nella Chiesa mi guardo attorno e non vedo spazio, ci sono solo vecchi». E David soggiunge: «Dopo il catechismo non ho più nessun tipo di rapporto con la chiesa. Invece mi sento ascoltato dagli amici: ho fatto una bella esperienza di ascolto con un amico». Marina invece ammette: «In famiglia mi sento ascoltata, anche nella chiesa. Il battesimo l’ho fatto per rispetto dei nonni. Mi sono allontanata dalla parrocchia, perché ho troppi impegni e non ce la faccio a frequentare». Stefano sembra confermare la linea degli amici: «Mi sento ascoltato dagli amici e in casa. Non frequento la chiesa per i troppi impegni che ho. Però mi sono sentito accolto». E la già citata Alessia: «Ho frequentato la chiesa e l’ACR e li ricordo ambienti simpatici. Adesso ho un po’ abbandonato, come tanti altri giovani che tendono a scartare la chiesa».
Nella seconda fase – quella della risonanza, in cui ognuno viene invitato a sottolineare quanto lo ha colpito nelle parole di un altro – l’accento si sposta sulla libertà: «Mi ha colpito Marco, che può prendere le sue decisioni»; «mi sono accorto di essere stato spinto e forzato, di non aver potuto decidere per me»; «I sacramenti non devono essere imposti per far piacere ai nonni… Così sono sprecati».
E così è maturata una sintesi, dove viene chiesta «una chiesa più aperta verso i giovani, che offra un ascolto vero, personale, della vita che vivono… meno incasellamento e più attenzione alle persone». Non senza due auspici: «Superare la divisione tra le generazioni e trovare un linguaggio davvero comprensibile ai giovani».
Che cosa dire? Grazie per la franchezza, grazie per il vostro contributo. Grazie anche al vostro insegnante. [DF]