Storia del Giubileo - 18

Il tesoro della Chiesa

La predicazione di Giovanni Tetzel e la reazione di Martin Lutero

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Dopo che la prassi della Chiesa sulle indulgenze si era consolidata e sfociò nel giubileo del 1300, venne anche l’insegnamento ufficiale del magistero ad illustrare la dottrina dell’indulgenza.

Il Concilio di Vienne nel 1312 intervenne con estrema chiarezza contro l’abuso di alcuni questuanti religiosi che bandivano indulgenze che concedevano la remissione “della colpa e della pena”. Il Concilio insegnò che la colpa del peccato può essere rimessa solo con l’assoluzione sacramentale e quindi solo chi pentito si è accostato alla confessione può accedere alla grazia dell’indulgenza, che concede la remissione parziale o completa della pena temporale.

Papa Clemente VI con la bolla Unigenitus Dei Filius (27 gennaio 1343) convocava il secondo giubileo, quello del 1350. Si tratta di un testo importante in quanto è il primo documento del magistero pontificio sulla dottrina delle indulgenze. Il Papa faceva propria la riflessione teologica elaborata nel Duecento e particolarmente quella di San Tommaso d’Aquino. Il documento parte dalla redenzione di Cristo, il quale ci ha salvati non a prezzo di cose corruttibili come l’oro e l’argento (1 Pt 1, 18-19), ma con il suo sangue prezioso. Ciò costituisce per la Chiesa un tesoro infinito, «mediante il quale, quelli che ne fanno uso divengono partecipi dell’amicizia di Dio». A questo tesoro si accumulano inoltri i meriti della Vergine Maria e quelli di tutti i santi. Questo tesoro è stato affidato alla Chiesa affinché, attraverso il potere delle chiavi esercitato dai successori di Pietro, venga distribuito per la salvezza dei fedeli «e che con misericordia fosse applicato, per cause particolari e ragionevoli, ora per una totale, ora per una parziale remissione della pena temporale dovuta per i peccati a favore di coloro che veramente sono pentiti e si sono confessati».

Nel corso del Duecento i teologi avevano dibattuto a fondo su una questione particolare: le indulgenze potevano essere applicate ai fedeli defunti che si trovavano in Purgatorio? A tal proposito la discussione tra i teologi fu vivace; alcuni sostenevano che il potere delle chiavi, vale a dire l’autorità data da Cristo al Papa, non poteva estendersi al Purgatorio, altri invece davano risposta positiva. Tra questi ultimi vi era il grande teologo San Bonaventura, per il quale le indulgenze potevano dai fedeli essere applicate alle anime dei defunti in modo di suffragio. Fu però soltanto nel 1457 che si riscontra la prima indulgenza applicabile ai defunti, promulgata da papa Callisto.

In occasione dell’inizio della rivolta luterana, venne promulgato un documento pontificio importante circa le indulgenze. Qui non posso dare che brevissimi cenni sulle vicende che lo occasionarono. Nella primavera del 1517 ebbe inizio anche in Germania la predicazione di un’indulgenza indetta tre anni prima da papa Leone X; l’opera da compiere era contribuire con un’offerta per la costruzione della nuova basilica di San Pietro. La bolla presentava l’insegnamento tradizionale sull’indulgenza: 1) remissione della pena del peccato già rimesso quanto alla colpa; 2) vi poteva accedere soltanto chi era sinceramente pentito e confessato; 3) l’indulgenza poteva essere applicata alle anime del Purgatorio per modo di suffragio; 4) una grazia particolare consisteva nella concessione di una lettera penitenziale con la quale si poteva ottenere l’assoluzione durante la confessione ad un semplice prete di peccati riservati al Papa. Come si vede la bolla era priva di ogni stortura ed abuso. L’esecuzione di un’opera buona (sostitutiva delle antiche penitenze) quale un atto caritativo o un pellegrinaggio era elemento costitutivo dell’indulgenza. In questo caso essa venne indicata in una elargizione per l’erigenda Basilica di San Pietro.

Ma il predicatore, il domenicano Giovanni Tetzel, si esprimeva in modo grossolano e scorretto quanto all’applicazione dell’indulgenza per i defunti: andava dicendo che per applicare a costoro l’indulgenza era sufficiente che il fedele facesse l’elemosina senza bisogno di confessarsi e comunicarsi. Tetzel, che mostra doti di abile pubblicitario, forgia uno spot in rima: «Wenn das Geld im Kasten klingt, die Seele in den Himmel springt!», cioè: «appena il denaro tintinna nella cassetta, l’anima salta [dal Purgatorio] in Paradiso».

Anticipo subito che sarebbe riduttivo nei confronti di Lutero dire che egli reagì a queste grossolanità. La predicazione delle indulgenze non fu la causa della sua rivolta, ma solo l’occasione, che gli dette modo di manifestare delle convinzioni dottrinali concernenti temi ben più centrali della dottrina cristiana. Ma su ciò alla prossima puntata.

don Claudio Centa


Nell’immagine: Raffaello, Ritratto di Leone X, 1518, Firenze, Galleria degli Uffizi (foto: www.opificiodellepietredure.cultura.gov.it)