Una voce autorevole, una testimonianza convinta. È quella resa nella serata di domenica 16 agosto, nella chiesa parrocchiale di Canale d’Agordo, dal giornalista Andrea Tornielli. Nato a Chioggia nel 1964, Tornielli ha collaborato con Il Sabato e con 30giorni; ha lavorato per Il Giornale ed è stato vaticanista de La Stampa e coordinatore del sito web Vatican Insider. Ha pubblicato una sessantina di volumi, tra i quali due dedicati a Papa Luciani, scritti a quattro mani con Alessandro Zangrando: Papa Luciani. Il parroco del mondo (1998) e Papa Luciani. Il sorriso del santo (2003). Dal dicembre 2018 è direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede.
Nella serata, organizzata dalla Fondazione Papa Luciani, Tornielli ha presentato con convinzione alcuni aspetti della figura di Luciani, che lo rendono particolarmente attuale nel contesto sociale ed ecclesiale del 2020, anche 42 anni dopo la morte.
1. Il primo aspetto è proprio l’aver mostrato nei suoi 33 giorni di pontificato il sorriso misericordioso di Dio. Il giornalista ha ricordato la testimonianza di un insegnante di religione di Milano, che propose ai suoi alunni di riscrivere la parabola del figlio prodigo. Quasi tutti ne variarono il finale con un accento severo: il padre castiga il figlio reprobo e lo mette a lavorare con gli schiavi. Sintomo di «un certo moralismo che oggi va per la maggiore», in cui si perde la peculiarità del cristianesimo, la gratuità dell’amore di Dio. Ed ecco la coraggiosa parola di Papa Luciani durante la prima udienza generale del 6 settembre 1978: «Io rischio di dire uno sproposito, ma lo dico: il Signore tanto ama l’umiltà che, a volte, permette dei peccati gravi. Perché? perché quelli che hanno commessi, questi peccati, dopo, pentiti, restino umili». Non era una boutade, perché dietro c’era una lunga tradizione teologica, che dai Padri della Chiesa passa per Francesco di Sales. È su questi temi che la gente semplice ha amato Giovanni Paolo I, perché presentava il volto di un Dio che ama.
2. Un secondo aspetto di attualità di Luciani – ha continuato Tornielli – sta nel suo programmatico “Vangelo dell’umiltà”. Era un uomo preparato, colto, capace; ma in tante e tante occasioni sottolineò che ogni merito deve essere tutto e solo di Dio, nella consapevolezza che è Lui a compiere il bene. «La prima virtù? È l’umiltà, dice sant’Agostino. La seconda? Ancora l’umiltà. La terza? Sempre l’umiltà. Un carro di buone opere guidate dalla superbia – ribadisce san Gregorio Nisseno – conduce all’Inferno; un carro piene di mancanze condotto dall’umiltà porta in Paradiso».
Gustosa e coraggiosa la metafora che accostava a un asinello il solenne Vescovo di sessant’anni fa, applaudito da tutti nelle sue visite alle parrocchie: «Quando mi viene fatto un complimento, ho bisogno di paragonarmi all’asinello che portava Cristo il giorno delle palme. E mi dico: quello, se, sentendo gli applausi della folla, si fosse insuperbito e avesse cominciato – somaro com’era – a ringraziare a destra e a sinistra con inchini da prima donna, quanta ilarità avrebbe suscitato! Non fare una figura simile!». È la convinzione, risalente ai Padri della Chiesa, che leggeva il ruolo della Chiesa nella cifra del mysterium lunae: la Chiesa può solo riflettere la luce di un Altro, non di luce propria.
3. Un terzo aspetto che rende attuale la testimonianza di Papa Luciani è la sua innata capacità di spiegare la dottrina cristiana: «Sapeva rendere accessibili a tutti le verità di fede». La capacità di spiegare è indice di profonda preparazione: Luciani era la figura opposta di quella caricatura agiografica, che lo rendeva un sempliciotto. Questo è attuale proprio perché oggi molti denunciano che si è interrotta la trasmissione della fede. Luciani era convinto che ogni predicazione è efficace quanto più è catechistica: donde l’urgenza di tornare al kerygma, di usare una forma piana anche di fronte agli intellettuali. Luciani seguiva le orme del suo amato parroco e quelle di Pio X, suo predecessore a Venezia, oltre che a Roma. Fu Gianni Baget Bozzo a evidenziare che nel secolo XX, dopo lunghi e grandi pontificati culturali, il Conclave scelse tre Patriarchi di Venezia, tutti caratterizzati da un’indole spiccatamente pastorale: Pio X nel 1903, Giovanni XXIII nel 1958 e Giovanni Paolo I nel 1978.
4. Un ulteriore aspetto di attualità, evidenziato da Tornielli, è stata l’attenzione ai poveri. Luciani è stato spesso classificato nella polarità tra conservatore e progressista. In realtà egli era molto aperto al sociale. Nell’unica sua uscita dal Vaticano, prendendo possesso della cattedra del Laterano, papa Luciani ricordò «i peccati, che gridano vendetta al cospetto di Dio sono […] opprimere i poveri, defraudare la giusta mercede agli operai»; e aggiunse: «Roma sarà una vera comunità cristiana, se Dio vi sarà onorato non solo con l’affluenza dei fedeli alle chiese, non solo con la vita privata vissuta morigeratamente, ma anche con l’amore ai poveri».
Una sottolineatura attualissima, se pensiamo che a papa Francesco è stato additato come marxista per aver ricordato questi doveri sociali. Nell’ultima udienza del 27 settembre 1978, papa Luciani andò anche oltre: «…la proprietà privata per nessuno è un diritto inalienabile ed assoluto. Nessuno ha la prerogativa di poter usare esclusivamente dei beni in suo vantaggio oltre il bisogno quando ci sono quelli che muoiono per non aver niente». Citava Paolo VI, che a sua volta citava sant’Ambrogio, inserendosi a pieno titolo nella grande tradizione della Chiesa.
5. Attualissime sono inoltre la lealtà e la fedeltà dimostrate al Papa dal vescovo Luciani dopo la pubblicazione di Humanae vitae. È nota la sua posizione aperturista sulla contraccezione, ma è più luminosa la sua adesione al magistero del Papa. Oggi, in un contesto ecclesiale, in cui i frastuoni del web danno fiato anche all’aperta dissociazione dalle posizioni del Papa da parte di variegate frange del cattolicesimo, la testimonianza di Luciani diventa un esempio fulgido.
6. Da ultimo, risuona attualissima l’adesione di Luciani al Concilio Vaticano II, sempre nell’odierno contesto in cui sugli stessi social e sulla stampa non mancano voci che ancora mettono in discussione il Concilio. Luciani aveva avuto una formazione preconciliare, ma l’ambiente in cui era cresciuto e la testimonianza di parroci aperti alle novità e al cooperativismo lo avevano disposto alle novità in arrivo. Tornielli ha concluso con un testo del 1964, in cui Luciani spiegava la dichiarazione conciliare Dignitatis humanae, testo che risuona attuale anche 56 anni dopo: «Qualche vescovo – affermava Luciani – si è spaventato… Ci sono quattromila musulmani a Roma: hanno diritto di costruirsi una moschea. Non c’è niente da dire: bisogna lasciarli fare. Se volete che i vostri figli non si facciano buddisti o non diventino musulmani, dovete fare meglio il catechismo, fare in modo che siano veramente convinti della loro religione cattolica» (OpOm IX, 260). La fede si trasmette con la testimonianza, non con la paura di chi ha una fede e una cultura diverse dalla nostra. Sembrano parole scritte nel dibattito italiano attuale! [dDF]