Martin Lutero era appena uscito da un profondo travaglio interiore ed era approdato alla certezza che si è salvi in forza della sola fede senza bisogno delle opere. Pertanto egli reagì non tanto verso gli abusi di Tetzel, quanto piuttosto verso l’indulgenza in se stessa, dal momento che vedeva in tale pratica una tipica espressione della religione delle opere, vale a dire di quella convinzione per la quale l’uomo peccatore è in grado di offrire delle prestazioni che gli ottengono la salvezza da Dio. Alla fine di ottobre del 1517 Lutero inviò a un certo numero di teologi e vescovi dell’impero un testo di 95 tesi che dovevano provocare una discussione tra teologi. L’affissione alle porte del duomo di Wittemberg, capoluogo del ducato di Sassonia, non è mai avvenuta; si tratta di una narrazione sorta addirittura dopo la morte di Lutero. Il giovane frate aveva pensato alle 95 tesi come a uno strumento di confronto tra addetti ai lavori e non a un manifesto di propaganda per il popolo.
La risposta venne giusto un anno dopo, niente meno che dal papa e per merito di uno dei migliori teologi dell’epoca. Infatti nel 1518 Lutero venne ascoltato dal cardinale Tommaso De Vio, domenicano, fine commentatore degli scritti di Tommaso d’Aquino. Questi era stato inviato in Germania quale legato apostolico, per trattare questioni concernenti l’impero: fu colta l’occasione affinché udisse Martin Lutero. Questi fu effettivamente ascoltato dal cardinale De Vio, che ebbe modo di constatare sia le lacune dottrinali di Lutero, dovute alla sua rapida formazione teologica, che la sua irremovibilità. Pertanto il cardinale sollecitò da Roma una bolla nella quale il papa si pronunciasse in maniera autorevole sulle indulgenze e con tutta probabilità fu lo stesso porporato a fornirne l’abbozzo del testo.
Fu così che con la bolla Cum postquam del 9 novembre 1518, papa Leone X definì come dottrina della fede cattolica quanto segue:
«il romano pontefice, successore di Pietro il clavigero e vicario di Cristo in terra, può, per la potestà delle chiavi che aprono il regno dei cieli, allontanare dai fedeli ciò che è loro di impedimento (cioè, la colpa e la pena dovuta per i peccati attuali; la colpa mediante il sacramento della penitenza, e la pena temporale mediante le indulgenze ecclesiastiche). Egli può per cause ragionevoli concedere agli stessi fedeli, membra del corpo di Cristo uniti nella carità, che siano essi in questa vita o in purgatorio, le indulgenze, prendendole dalla sovrabbondanza dei meriti di Gesù Cristo e dei santi, e con autorità apostolica dispensare questo tesoro.
Quando, in virtù della sua autorità apostolica, egli concede una indulgenza, dispensa il tesoro dei meriti di Gesù Cristo e dei Santi, sia che conferisca l’indulgenza stessa sotto forma di liberazione (per modum absolutionis) sia che la trasferisca sotto forma di suffragio (per modum suffragii)».
Per una di quelle ironie, che la storia non manca di prendersi, il Concilio di Trento promulgò solo alla sua conclusione un documento sulle indulgenze, che erano state occasione dell’inizio della Riforma Protestante. Membri ragguardevoli del concilio, particolarmente tedeschi e francesi, chiedevano con forza che in assemblea si preparasse un documento con una presentazione dottrinale delle indulgenze; altri membri avevano invece fretta di concludere. Alla fine il tema delle indulgenze venne trattato nell’importante decreto di riforma generale (4 dicembre 1563) e sotto il solo aspetto disciplinare. Il decreto si limita ad affermare la potestà della Chiesa nel concedere le indulgenze; per coloro che negano questa potestà o dicono inutili le indulgenze è comminata la scomunica. Ai vescovi viene dato mandato di vigilare severamente contro ogni abuso che può introdursi in questo campo: devono intervenire fermamente contro eventuali ricerche di lucro, come contro credenze e abusi superstiziosi.
La dottrina delle indulgenze è tra quelle secondarie e periferiche della fede cristiana, e tuttavia ne fa parte. Nel credo cristiano, per dirla con i francesi, tout se tient: tutto è collegato in armonia e anche una piccola cellula non è insignificante nel vivo organismo della fede cristiana.
don Claudio Centa
Nell’immagine: Lucas Cranach il Vecchio, Ritratto di Martin Lutero come monaco agostiniano, 1520, incisione su carta, cm 16,9 x 11,6, Londra, British Museum (foto: www.britishmuseum.org).