Emozioni nel deserto
I Tuareg, nomadi del deserto, dicono: «Dio ha creato le terre con i laghi e i fiumi perché l’uomo possa viverci. E il deserto affinché possa ritrovare la sua anima». Un viaggiatore occidentale racconta: «Le emozioni che si provano nel deserto vanno ben oltre alle sensazioni del caldo e del freddo. Sono sensazioni di calma, di tranquillità e di pace in netta contrapposizione con i ritmi frenetici cui siamo abituati, con i quali conviviamo in questa nostra società “civile”».
Il deserto, per chi lo sa apprezzare, è totale immersione in una natura incontaminata, bellezza dei paesaggi, colori delle dune dall’ocra al rosso con riflessi che, al tramonto e all’alba, assumono toni e ombreggiature che solo un pittore potrebbe esprimere sulle sue tele, cielo di un azzurro intenso durante il giorno e traboccante di stelle nelle notti. Il deserto sa regalare al visitatore, al di là dei disagi, un senso di dolcezza e di serenità che fanno apprezzare maggiormente la bellezza del nostro “vecchio” mondo. Scriveva un condottiero e poeta Tuareg (Mussa Ag Amastane): «È la legge del deserto aver caldo di giorno e freddo di notte. Ma non hai che da volgere la tua fronte al cielo per ricevere il sole e poi le stelle. E sarai contento!»
Gesù si ritira nel deserto
Gesù si lascia sospingere dallo Spirito nel deserto non solo per mortificarsi, ma per godersi le sensazioni che esso regala, lo spazio, specialmente il cielo, l’infinito “fuori del mondo” dove è più facile relazionarsi con Dio. I suoi 40 giorni nel deserto corrispondono a un’esperienza che riassume tutto il significato della sua esistenza terrena: è un racconto del suo «vincere il male con il bene» (San Paolo ai Romani). “40” per ricongiungere idealmente la sua storia all’esperienza di Israele che rimase 40 anni nel deserto prima di giungere alla Terra promessa. Al limite della fame, quel popolo scoprirà che “non di solo pane vive l’uomo” (vedi le tentazioni). Vive, cioè, della relazione con il suo Signore. Il deserto è il luogo dove Gesù con la sua umanità (la fame) impara a mettersi in relazione con la sua divinità.
Il deserto come esperienza spirituale
Fratel Carlo Carretto, nel suo libro “Lettere dal deserto”, scriveva: «Quando si parla di deserto all’anima, quando si dice che il deserto deve essere presente nella tua vita, non devi intendere solo la possibilità di andare nel Sahara… E se tu non potrai andare nel deserto, devi però “fare il deserto” nella tua vita… lasciare di tanto in tanto gli uomini, cercare la solitudine per rifare nel silenzio e nella preghiera prolungata il tessuto della tua anima, questo è indispensabile, e questo è il significato del deserto nella tua vita spirituale… devi abbandonare tutto e tutti e ritirarti solo con Dio… Ma il deserto non è il luogo definitivo; è una tappa. Perché la nostra vocazione è la contemplazione sulle strade. Devi tornare tra gli uomini, devi mescolarti a loro, devi vivere la tua intimità con Dio nel chiasso della loro città…»
Per riflettere
- Nella nostra esperienza cristiana, cerchiamo in maniera sufficiente il silenzio, per “fare il deserto”, relazionarci con il Signore, abituarci a scegliere il bene e sfuggire il male e rifare il tessuto della nostra anima?
- Noi cristiani sappiamo farci “oasi”, in cui gli esseri umani possano respirare e refrigerarsi, luoghi dell’ospitalità e della comunicazione, dell’ascolto e della consolazione, del soccorso e dell’impegno solidale… e della preghiera intercedente?