2a domenica del tempo ordinario - anno B

«Rabbì dove dimori?» – «Venite e vedrete»

a cura di don Ezio Del Favero

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Sono andata e ho visto!

Racconta una giovane: «Grazie a un viaggio missionario in Tanzania ho capito cosa voglia dire andare in un posto per vedere e non solo per guardare da turista. Serve tanto coraggio per lasciare la propria vita e immergersi in una realtà sicuramente più difficile, nella sofferenza giornaliera, nel dolore, nell’incertezza del domani! Ho imparato cosa voglia dire prendere coraggio e intraprendere un viaggio simile. Ho imparato che guardare il telegiornale e provare compassione non aiuta nessuno; che invece fare lo zaino e partire, anche se in piccola parte, aiuta tantissimo; che il sorriso di chi non ha nulla per cui essere felice può migliorarti non solo la giornata ma anche la vita…  L’Africa ti svuota la mente per poi riempirtela di ciò che c’è di più vero e puro, ciò che muove il mondo: l’amore». «Venite e vedrete»…

La ricchezza nei popoli nomadi

Quando pensiamo ai nomadi, immaginiamo dei popoli “primitivi” che si muovono per adattarsi all’ambiente, come gli animali, e che vivono miseramente di provvidenza. Studiando tali popolazioni, si evidenziano invece caratteri tutt’altro che primitivi, arricchiti proprio dalla loro mobilità. Per esempio, la loro vita è intrisa di spiritualità: il percorso della migrazione crea una mappa del territorio che lo mitizza e stabilisce località sacre e luoghi di accampamento storici. Questa dinamica di movimento crea in un certo senso un “paese”, formato dai luoghi magici e dai percorsi che li collegano. La Mecca e Gerusalemme sorgono in località ove in origine si svolgevano feste e riunioni periodiche di popoli nomadi. Spesso, i nomadi portano con sé un oggetto, semplice, ma che racchiude il significato della loro religiosità. Gli Aranda (aborigeni australiani), nei loro spostamenti portano con sé il palo “kauva-auva”, che il mito vuole costruito dal dio Numbakulla e irrorato di sangue umano. Il palo viene piantato di volta in volta nell’accampamento e rappresenta il centro del mondo e la méta del peregrinare. Solo alzandosi e partendo si può “vedere” e sperimentare l’ebbrezza e le sorprese del peregrinare, con la libertà dei nomadi…

 Gesù, dimora e méta

 «Venite e vedrete»… è assolutamente controcorrente rispetto a quanto la società oggi ci fa ambire: casa di proprietà, posto fisso, bellezza e giovinezza intramontabili, metti via per domani… Ma le persone, per fortuna, sentono anche il richiamo di muoversi nel tempo e nello spazio nell’instancabile ricerca di meglio, di incontri che li appaghino sul serio… Gesù invita i suoi a partire, togliendo le àncore che imprigionano; invita a “prendere il largo”, fino a fare di Lui la propria dimora e la méta. Come i “nomadi”, che si accontentano di poco, di una tenda, di un clan, della provvidenza e sono felici e benedetti, con il loro “kauva-auva” sempre accanto, che per noi cristiani ha la forma della croce (che poi fiorisce), il simbolo della nostra identità.

 

Per riflettere
  • Noi cristiani desideriamo sperimentare, “vedere” il meglio, rispetto a quanto solitamente ci viene offerto?                 
  • Abbiamo il coraggio e la fiducia di seguire l’invito che il Signore ci fa di alzarci e andare a vedere – anche senza partire per forza per l’Africa – e di riempirci di ciò che c’è di più vero e puro, ovvero l’Amore?