Storia del giubileo

Roma diventa la nuova Gerusalemme

I monaci irlandesi vedevano nel pellegrinaggio l’apice dell’ascesi e insegnavano ai fedeli il suo valore penitenziale

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Fin qui, in questi articoli, abbiamo visto il primo dei tre elementi del giubileo, ossia l’anno santo. Da questa puntata alcuni cenni sul secondo elemento: il pellegrinaggio a Roma.

Dopo la fine delle persecuzioni e la piena libertà accordata da Costantino alla Chiesa (313), Roma divenne con Gerusalemme la più importante meta di pellegrinaggio cristiano. Prime testimonianze chiare le abbiamo da san Giovanni Crisostomo (†407) e da san Girolamo (†420). A Roma si era attirati dal ricordo dei martiri che erano modelli di fede per i cristiani. Costantino, con un buon anticipo di tempo su Gerusalemme, diede impulso all’edilizia religiosa facendo sorgere, contro ogni difficoltà tecnica, una basilica sul colle Vaticano, sul luogo ove si trovava la tomba di san Pietro; una seconda basilica venne eretta sulla via ostiense sulla tomba dell’apostolo Paolo. Il retore Magno Felice Ennodio (474-521), vescovo di Pavia, affermava che il sepolcro di Pietro «attira pellegrini da tutti gli angoli della terra». Altra meta privilegiata del pellegrinaggio a Roma era la visita alle catacombe, che papa Damaso (366-384) aveva fatto restaurare. Alcuni si recavano alle tombe dei martiri per trovare sepoltura, così da avere un avvocato propizio nel giorno della risurrezione finale; molto spesso si cercava di ottenere reliquie dei martiri da portare con sé nella propria città d’origine.

Il pellegrinaggio cristiano aveva un esclusivo significato devozionale: venerare le sepolture degli apostoli e dei martiri. Ma all’inizio del Medioevo assunse un ulteriore significato. A partire dal VII secolo i monaci irlandesi, che vedevano nel pellegrinaggio l’apice della vita ascetica, percorrendo in lungo e in largo il continente europeo, insegnarono ai fedeli il valore penitenziale del pellegrinaggio. I libri penitenziali, sui quali i monaci irlandesi si basavano per assegnare le penitenze ai peccatori che si rivolgevano a loro per il sacramento della penitenza, prevedevano l’imposizione di pellegrinaggi come penitenza di colpe particolarmente gravi: omicidio, parricidio, uccisione di ecclesiastici, incesto, eccetera.

Proprio in quel torno di tempo in cui nella Chiesa si andava diffondendo l’uso di assegnare il pellegrinaggio, quale massima penitenza della confessione, accadeva che Gerusalemme veniva conquistata dall’Islam; era l’anno 638. È vero che ciò non pose fine in maniera drastica ai pellegrinaggi a Gerusalemme, ma la pratica ne ebbe molto a risentire, sia per il forte tributo che i pellegrini dovevano versare per poter giungere a Gerusalemme, sia per la minor sicurezza loro garantita; passò così a Roma il primato di meta di pellegrinaggio. I molti pellegrini erano attratti dalle memorie dei martiri, in particolare dalle tombe di san Pietro e di san Paolo. A Roma si potevano venerare molte insigni reliquie della Terra Santa e della Passione del Signore, cosicché il pellegrinaggio a Roma era in qualche modo un surrogato del pellegrinaggio in Terra Santa. Presso il Laterano c’era la Scala Santa, percorsa da Gesù nel Pretorio di Pilato; nella basilica di Santa Croce si conservava parte del legno della croce e i chiodi; in San Pietro il velo della Veronica, la lancia del soldato Longino, che squarciò il costato di Gesù, e la colonna della flagellazione. Perciò Giovani Diacono († circa 880), autorevole collaboratore del papa, scriveva che Roma poteva essere considerata la nuova Gerusalemme.

A ciò si aggiunge un’altra circostanza. Da principio le mete del pellegrinaggio penitenziale venivano fissate a scelta dai confessori, ma dal IX secolo si moltiplicano i casi di vescovi che mandano i peccatori macchiatisi di colpe particolarmente gravi al papa, affinché decida la penitenza per tali peccatori. Questi una volta ritornati nella loro città ricevono l’assoluzione del vescovo. Ma a partire dal XII secolo (per la precisione dal Concilio Lateranense II del 1139), il papa stabilisce i “casi riservati”, vale a dire una serie di peccati dai quali si può essere assolti solo dal papa e da sacerdoti da lui delegati: i penitenzieri di Roma. Insomma l’assoluzione di alcuni peccati viene sottratta alla giurisdizione dei vescovi e il papa la riserva a sé. È chiaro che tutto ciò comportò un ulteriore incremento del pellegrinaggio a Roma.

don Claudio Centa
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Nella foto: Fidenza (Parma), Duomo di san Donnino, bassorilievo sulla facciata raffigurante pellegrini in viaggio per Roma, sec. XII.