6ª domenica del tempo ordinario - anno B

«Se vuoi, puoi purificarmi!»

a cura di don Ezio Del Favero

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«Sono una lebbrosa felice»

Da 65 anni una donna originaria di un paesino dell’interno della Sardegna vive rinchiusa nel suo “castello”, il reparto per hanseniani di un ospedale di Cagliari, uno dei quattro centri italiani di riferimento per la cura della lebbra.

La donna si trova in quel “lebbrosario” dall’età di diciassette anni e i suoi compagni di viaggio, con cui ha condiviso sofferenze, risate e pianti, sono morti uno dopo l’altro mentre le stagioni si alternavano. Il momento più difficile per lei è stato quando, venti anni fa, è scomparsa la sua compagna di stanza con cui ormai viveva in simbiosi. Nel primo dopoguerra, la struttura ospitava decine di malati gravi. «La lebbra è una malattia che colpisce nei paesi poveri e la Sardegna in quegli anni era molto povera», precisa la malata. La paziente, che potrebbe essere accolta in una Rsa con altri anziani, non vuole andarsene perché terrorizzata dall’idea di essere additata come lebbrosa. Ancora oggi, causa ignoranza e pregiudizi, questo è uno stigma sociale dal sapore ancestrale. E la donna non vuole che lo stesso stigma colpisca la sua famiglia cui è legata e che non l’ha mai abbandonata. Sente regolarmente gli amici del gruppo di solidarietà che andavano a visitarla, adesso anziani, e spesso è proprio lei a dare loro forza e a incoraggiarli…, perché ha una fede incrollabile e una bontà che la porta a interessarsi al prossimo e la rende disponibile all’ascolto, nonostante abbia perso completamente la vista e il senso del tatto.

Una volta ho visto il mare…

A un’infermiera, che con i colleghi è diventata la sua famiglia, un giorno la donna lebbrosa parla del mare che ha visto una sola volta quando era bambina, durante una gita coi fratelli e i genitori. Un ricordo dolcissimo che nella sua mente è ancora vivido. Spesso immagina l’acqua e le onde, respirando l’aria salmastra che in certi giorni di scirocco arriva sino alle finestre del suo castello. Il mare per lei significa qualcosa di meraviglioso, di sconfinato, di poetico, che esiste poco lontano, convinta che poco lontano la aspetti anche lo sconfinato orizzonte del Paradiso, che la porterà finalmente a liberarsi per sempre dalla prigionia del suo corpo martoriato e dei falsi pre-giudizi. L’orizzonte del mare è la sua nostalgia e la sua speranza.

Gesù ha compassione ancora oggi

Come il lebbroso del Vangelo, ancora oggi una donna malata di lebbra è “toccata” e purificata da Gesù, guarita nonostante il mancato recupero dell’uso degli organi lesionati dalla malattia. Lei è guarita nello spirito, è felice, perché vive già nel Regno proposto dal Salvatore, il Regno della Pace, della Giustizia e dell’Amore. Anche se il valore della Giustizia non le è ancora evidente, visti i pregiudizi ingiusti di cui è ancora vittima, la donna spera e sogna. Il mare sconfinato dell’amore le appartiene già e le prefigura la Guarigione, la Purificazione, la Salvezza, del corpo e dello spirito, grazie al suo amato Salvatore, che la ama e che vuole questo per lei, come suggerisce il Vangelo di oggi: «Lo voglio, sii purificata!».

 

Per riflettere
  • Noi cristiani, ci lasciamo tentare dai luoghi comuni, dai falsi pregiudizi che riguardano le persone o siamo alla ricerca continua della Verità e della Giustizia?
  • Di fronte alla persona sofferente, a causa di malattie terribili come la lebbra, siamo capaci, sull’esempio di Gesù, di essere compassionevoli e di tendere la mano?