Comunicato dell’Ufficio diocesano per la liturgia
Uno sguardo al posto della stretta di mano
L’invito allo scambio del segno della pace è entrato come modalità celebrativa rituale ben accolta e familiare a coloro che partecipano alla celebrazione della Messa. Le nuove parole dell’invito riportate nella terza edizione del Messale Romano erano state generalmente ben accolte e comprese nel loro significato: «Scambiatevi il dono della pace». Le normative in relazione alla celebrazione in tempo di pandemia avevano però bloccato questo gesto. Il celebrante augura il dono della pace, ma l’invito a uno segno rituale è stato generalmente cancellato. Il contatto fisico anche solo delle mani è proibito.
Il contatto visivo espressione di fraternità
I Vescovi italiani nel comunicato finale del loro ultimo Consiglio permanente dedicano attenzione a questo rito. Nel capitolo “Comunicazioni”, così si esprimono sul “Rito della pace nella Messa” con una riflessione che diventa normativa per la Chiesa Italiana.
«La pandemia – ha ricordato il Consiglio Permanente – ha imposto alcune limitazioni alla prassi celebrativa al fine di assumere le misure precauzionali previste per il contenimento del contagio del virus. Non potendo prevedere i tempi necessari per una ripresa completa di tutti i gesti rituali, i Vescovi hanno deciso di ripristinare, a partire da domenica 14 febbraio, un gesto con il quale ci si scambia il dono della pace, invocato da Dio durante la celebrazione eucaristica. Non apparendo opportuno nel contesto liturgico sostituire la stretta di mano o l’abbraccio con il toccarsi con i gomiti, in questo tempo può essere sufficiente e più significativo guardarsi negli occhi e augurarsi il dono della pace, accompagnandolo con un semplice inchino del capo. All’invito «Scambiatevi il dono della pace», volgere gli occhi per intercettare quelli del vicino e accennare un inchino, secondo i Vescovi, può esprimere in modo eloquente, sicuro e sensibile, la ricerca del volto dell’altro, per accogliere e scambiare il dono della pace, fondamento di ogni fraternità. Là dove necessario, si potrà ribadire che non è possibile darsi la mano e che il guardarsi e prendere “contatto visivo” con il proprio vicino, augurando: «La pace sia con te», può essere un modo sobrio ed efficace per recuperare un gesto rituale.
Da domenica 14 febbraio 2021 una nuova modalità
Nelle celebrazioni delle sante Messe nella Chiesa italiana dalla prossima domenica 14 febbraio 2021 risuonerà ancora l’invito: «Scambiatevi il dono della pace». Gli sguardi che si incroceranno e la espressione augurale suggerita riempiranno quello che era sentito come un vuoto celebrativo. Già da alcuni era stato introdotto spontaneamente questo segno. In tanti casi era rimasto il vuoto. Claudio Maniago, vescovo di Castellaneta, presidente della Commissione episcopale per la liturgia e membro della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, spiega che «proprio perché questa modalità di scambiarsi il dono della pace si è diffusa in maniera spontanea, si voleva dare un’indicazione che portasse uniformità nelle celebrazioni e che facesse risaltare il valore del gesto rituale».
La decisione presa dai Vescovi vuole venire incontro a un’esigenza manifestatasi là dove lo scambio della pace non è stato continuato in alcun modo, «perché se ne sente la mancanza, e perché il sacerdote o chi presiede, annuncia sempre il dono della pace, ma poi manca quella specie di diffusione nell’assemblea attraverso un gesto». Sul senso di usare gli occhi e il movimento del capo al posto delle mani, così dice mons. Maniago, vescovo di Castellaneta e presidente della Commissione episcopale per la Liturgia: «La Cei indica una forma di scambio del dono della pace consona a questo momento straordinario, previo al ricevere l’Eucaristia, che è il culmine della celebrazione e che il Signore chiede di preparare con una riconciliazione, con un’attenzione gli uni verso gli altri, che mai come in questo tempo sembra opportuna. Il toccarsi con i gomiti, come già accennato, è stato ritenuto un gesto non eloquente, non consono. Il cardinale Bassetti, presidente della CEI, in un suo intervento ha sottolineato che durante questa pandemia, in cui siamo limitati sotto tanti aspetti, possiamo valorizzare lo sguardo, il guardare. Ecco allora l’invito a volgersi verso il fratello vicino, senza avvicinarsi, senza toccarlo, ma con uno sguardo, anche con un piccolo inchino, anche aggiungendo le parole “la pace sia con te.” Quindi nel pieno rispetto delle misure richieste dalla situazione sanitaria eccezionale, un gesto capace di esprimere la sua valenza liturgica». Il gesto che si compie, antichissimo nelle sue origini, non ha un valore solo sociale, ma rappresenta la condivisione della pace che ci dona Cristo. Si tratta della nostra profonda unione in Cristo. È qualcosa di più del significativo fatto di volerci bene tra di noi. Il lo scambio del dono della pace ripristinato nella sua ritualità dopo il Concilio Vaticano II, ci riporta alle origini del cristianesimo e agli intensi legami all’interno della comunità dei fratelli in Cristo. Il gesto viene così definito dall’Ordinamento del Messale: «Il gesto con il quale i fedeli esprimono la comunione ecclesiale prima di ricevere la Eucaristia» (n. 82).
Giuliano Follin