Due riflessioni sull'ultima enciclica del Papa

Tempo di fraternità

Il direttore della Caritas diocesana e il vicepresidente del Consiglio Pastorale diocesano

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La lettera enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti” è un documento denso e ricco di riflessioni, di indicazioni, di apertura al futuro. È un’enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale, come recita il sottotitolo, in ideale continuità con la Laudato si’. Nasce, confida il Papa, dall’ispirazione di san Francesco d’Assisi, un uomo che ha perseguito la via della fraternità e della riconciliazione senza sosta e senza frontiere, ma riprende anche i temi del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato ad Abu Dhabi nel febbraio del 2019 insieme al Grande Imam Ahmad al Tayyeb.

Il testo costituisce una ripresa, attorno ad un tema centrale, quello della fraternità, di tanti pensieri ed annotazioni offerti dal Papa nel corso di interventi, messaggi, interviste, ed è destinato a tutti: non vi è infatti alcun riferimento a categorie particolari, segno che il Papa guarda ad una umanità variegata ed unita: «Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede,  o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!».

L’enciclica parte dalla considerazione di alcune realtà che appaiono minare la solidarietà e la fraternità e rendere incerto il perseguimento della pace: la fine della coscienza storica – senza memoria c’è il rischio di perdere quanto conquistato in passato – lo scarto mondiale, espresso dall’emarginazione o dall’esclusione, la violazione dei diritti umani, che ne mina l’universalità, l’esasperarsi del conflitto e della paura. Nel secondo capitolo dell’enciclica il Papa offre una riflessione sulla parabola del buon samaritano, tratta dal Vangelo di Luca, che è una vera icona della fraternità. Se nella Genesi Dio chiede conto a Caino della vita del fratello, di una fraternità negata, nella parabola la fraternità viene descritta come assunzione di responsabilità dell’uno verso l’altro.

L’invito della parabola è quello di uscire dall’autoreferenzialità della mentalità mondana e del proprio egoismo e di costruire relazioni di fraternità, che si manifestano nella prossimità, cioè nel farsi vicini a chi è più debole o marginale, perché nessuno è estraneo nell’umanità. I personaggi della parabola – i briganti, i funzionari del sacro, lo straniero di Samaria – in qualche modo descrivono i possibili modi di rapportarsi con l’altro: forse ciascuno può essere stato a volte brigante o indifferente alla sorte dei deboli, ma certo ciascuno è chiamato a diventare samaritano. È solo la cura fatta di vicinanza concreta – è questa la tenerezza secondo papa Francesco – che guarisce, salva e consente la creazione di relazioni nuove.

Nella parabola è contenuta la promessa di un mondo aperto, nel quale andare oltre le distorsioni che i poteri economico-finanziari pongono alle relazioni tra le persone e i popoli, per affermare libertà, uguaglianza e fraternità, il valore della solidarietà, la destinazione universale dei beni. L’affermazione di questi valori fonda l’amicizia sociale, che genera la creazione di una nuova cultura, basata sull’incontro, sul rispetto della verità, sul recupero della gentilezza: è un percorso di costruzione artigianale della pace, capace di mettere all’angolo la guerra, ma anche la pena di morte; un percorso di riconciliazione e di perdono, che non neghi tuttavia la memoria. In questo il ruolo delle religioni può essere importante: pur nelle differenti identità, esse possono operare al servizio della fraternità e della pace.

diacono Francesco D’Alfonso

Fratelli tutti… e sorella morte