Torna il rito delle Ceneri

Gesto penitenziale di valore simbolico

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Ricevere sul capo un po’ di cenere. I fedeli presenti alla santa Messa del Mercoledì delle Ceneri, dopo la Liturgia della Parola, partecipano alla preghiera di benedizione delle ceneri e quindi fanno la fila per riceverle sul capo.

Storia di un rito antico

Il Messale del Rito romano qualifica il gesto compiuto nella celebrazione iniziale della Quaresima come «austero rito delle ceneri». Questo gesto e questo simbolo sono collegati all’antica ritualità, quando i peccatori convertiti si sottoponevano alla penitenza pubblica (penitenza canonica), per essere poi riammessi alla piena comunione ecclesiale nella Pasqua. Il gesto di cospargersi il capo di cenere aveva il significato di richiamare e indicare visivamente la propria fragilità e mortalità. Da questa pubblica ammissione il richiamo al bisogno della misericordia di Dio. Con la trasformazione all’interno della Chiesa del percorso di reintegro nella comunione ecclesiale, con l’evoluzione della celebrazione del sacramento della penitenza-confessione, si è passati da un segno esteriore a un segno che ha valore di richiamo alla misericordia, alla conversione e all’impegno nel rinnovamento pasquale. La stessa visione della Quaresima sul piano teologico-liturgico e della conseguente spiritualità nei fedeli e nelle comunità cristiane ha dato il valore specifico a questo rito delle Ceneri. Oggi, punto di arrivo di un’evoluzione plurisecolare, si richiama l’inizio di un cammino verso una meta fondamentale, la Pasqua. L’aspetto penitenziale caratterizzante le settimane di Quaresima non è fine a sé stesso, ma accompagna questo percorso e guarda con grande attenzione alla meta pasquale, raggiunta nella celebrazione rituale nei giorni del Triduo pasquale.

Significato della cenere: richiami da testi biblici

Cenere è materiale oggi meno familiare rispetto ai secoli scorsi. L’indicazione per ottenere la cenere da utilizzare come segno rituale liturgico indica quello di bruciare rami di ulivo benedetti nella domenica delle Palme dell’anno precedente. Ma questa realtà è presente e richiamata anche nei testi biblici. La cenere richiama la fragile condizione dell’uomo di fronte al Signore. Lo afferma Abramo: «Ecco che ricomincio a parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere» (Gen 18,27). Anche Giobbe dichiara questa condizione umana in un momento di grande infelicità: «Mi getta nel fango e mi confonde con la polvere e con la cenere» (Gb 30,19). Un forte richiamo dal libro del Siracide: «Perché mai si insuperbisce chi è terra e cenere?» (Sir 10,9). E ancora: «Esso sorveglia le schiere dell’alto cielo, ma gli uomini sono tutti terra e cenere» (Sir 17,27). L’espressione utilizzata nell’imposizione della cenere sul capo delle persone: «Ricordati uomo che polvere tu sei e in polvere ritornerai», richiama chiaramente l’aspetto della fragilità umana. Nel racconto biblico la cenere diventa anche segno concreto di chi si è pentito e con cuore rinnovato riprende il proprio cammino verso il Signore. Nel libro di Giona si narra del re di Ninive che accanto alla conversione del suo popolo, lui stesso compie segni particolari, tra i quali c’è quello del mettersi a sedere sulla cenere. Anche nel libro di Giuditta la protagonista prima di iniziare il suo intervento straordinario e risolutivo a favore del popolo, si cosparge il capo di cenere ed eleva a Dio la sua forte preghiera. Nella formula proposta nel Messale come prima ad accompagnare il rito dell’imposizione – «Convertitevi e credete al Vangelo» – c’è un preciso richiamo a questo secondo aspetto nell’utilizzo dell’elemento cenere.

Un appuntamento celebrativo per la comunità cristiana

Le mutate prassi di vita e le attuali condizioni lavorative non facilitano la partecipazione dei fedeli cristiani alla Messa delle Ceneri. È però da notare come la presenza a questo rito feriale sia ancora rilevante. È il segno di un richiamo spirituale alla conversione interiore e all’impegno di un percorso individuale e comunitario verso la grande meta della Pasqua. La meta viene messa subito in rilievo: il grande incontro con Cristo risorto e con il rinnovato impegno della sua sequela nella notte della Veglia Pasquale. I cristiani sono chiamati a sentire e a vivere i giorni della Quaresima come un grande dono, una grande opportunità loro offerta nel contesto concreto della loro vita. Il primo prefazio della Quaresima richiama bene questa prospettiva. «Ogni anno tu doni ai tuoi fedeli di prepararsi con gioia, purificati nello spirito alla celebrazione della Pasqua, perché assidui nella preghiera e nella carità operosa, attingano ai misteri della redenzione la pienezza della vita nuova in Cristo tuo Figlio nostro salvatore» (Prefazio di Quaresima I – Il significato spirituale della Quaresima). L’invito alla gioia è indicazione di una realtà di pace interiore che è fonte di serenità, dono di un tempo liturgico sentito talora solo come grigia penitenza. Preghiera (rapporto con Dio) e carità operosa (rapporto con i fratelli) sono il modo, con il quale entrare in quella “vita nuova” alla quale continuamente l’umanità aspira, specie se immersa nella stanchezza, nella paura, nella delusione o nella sensazione di fallimento. Le indicazioni di penitenza e di digiuno suggerite per il tempo quaresimale, e che oltre alle norme fissate, sono lasciate alla sensibilità dei singoli, sono proposta di un esercizio-allenamento per percorrere il cammino indicato. La meta alla quale aspirare è sempre l’incontro con il Cristo Risorto, senso pieno dell’esistenza per ogni cristiano.

Giuliano Follin