2 febbraio 2025 - 47ª giornata per la vita

Trasmettere la vita, speranza per il mondo

La speranza, tema del Giubileo, trova eco nel Messaggio dei vescovi italiani

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L’Anno santo dedicato alla Speranza trova eco anche nel Messaggio che i vescovi italiani hanno pubblicato per la 47ª Giornata per la vita. Il Messaggio pone domande e cerca di proporre a tutti, credenti e non credenti, delle risposte per il tempo che viviamo. Viene messo in evidenza che la realtà che viviamo appare sempre più come realtà di vite senza speranza e senza futuro ed incoraggia a vedere e a contribuire ad opere di fiducia, di speranza vera, di concreta solidarietà con ogni vita a partire da quella “nascosta” che c’è e non si vuole riconoscere: il “piccolo bambino” nel grembo della madre come diceva con forza santa madre Teresa di Calcutta. È dal più piccolo “degli uomini” che può rinascere un mondo diverso. Ecco alcuni passaggi del Messaggio (che si può leggere interamente sul sito della CEI).

Perché credere nel domani?

Come nutrire speranza dinanzi ai tanti bambini che perdono la vita nei teatri di guerra, a quelli che muoiono nei tragitti delle migrazioni per mare o per terra, a quanti sono vittime delle malattie o della fame nei Paesi più poveri della terra, a quelli cui è impedito di nascere? Questa grande “strage degli innocenti”, che non può trovare alcuna giustificazione razionale o etica, non solo lascia uno strascico infinito di dolore e di odio, ma induce molti – soprattutto i giovani – a guardare al futuro con preoccupazione, fino a pensare che non valga la pena impegnarsi per rendere il mondo migliore e sia meglio evitare di mettere al mondo dei figli.

Si può fare a meno della speranza?

Quale futuro c’è per una società in cui nascono sempre meno bambini? La scelta di evitare i problemi e i sacrifici che si accompagnano alla generazione e all’educazione dei figli, come la fatica a dare sufficiente consistenza agli investimenti di risorse pubbliche per la natalità, renderanno davvero migliore la vita di oggi e di domani? Il riconoscimento del “diritto all’aborto” è davvero indice di civiltà ed espressione di libertà? Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e “civile” rimuovere? Quale futuro c’è per un mondo dove si preferisce percorrere la strada di un imponente riarmo piuttosto che concentrare gli sforzi nel dialogo e nella rimozione delle ingiustizie e delle cause di conflitto?

Abbandonare uno sguardo di speranza, capace di sostenere la difesa della vita e la tutela dei deboli, cedendo a logiche ispirate all’utilità immediata, alla difesa di interessi di parte o all’imposizione della legge del più forte, conduce inevitabilmente a uno scenario di morte.

La trasmissione della vita, segno di speranza

La speranza si manifesta in scelte che esprimono fiducia nel futuro; ciò vale non solo per le nuove generazioni. Scrive papa Francesco nella Bolla per l’Anno santo che stiamo vivendo: «Guardare al futuro con speranza equivale ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere». Una particolare espressione di fiducia nel futuro è la trasmissione della vita, senza la quale nessuna forma di organizzazione sociale o comunitaria può avere un domani.

In quanto credenti, riconosciamo che «l’apertura alla vita con una maternità paternità responsabile è il progetto che il Creatore ha inscritto nel cuore e nel corpo degli uomini e delle donne, una missione che il Signore affida agli sposi e al loro amore». Tutti condividiamo la gioia serena che i bambini infondono nel cuore e il senso di ottimismo dinanzi all’energia delle nuove generazioni. Ogni nuova vita è “speranza fatta carne”. Per questo siamo vivamente riconoscenti alle tante famiglie che accolgono volentieri il dono della vita e incoraggiamo le giovani coppie a non aver timore di mettere al mondo dei figli. È urgente “rianimare la speranza” in questo particolare campo dell’esistenza umana, tanto decisivo per l’avvenire: “il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della fecondità del loro amore, dà futuro a ogni società ed è questione di speranza: dipende dalla speranza e genera speranza” (SnC 9).

Pochi figli e la rinuncia ad accogliere la vita

Nel nostro Paese, come in molti altri dell’occidente e del mondo, si registra da anni un costante calo delle nascite, che preoccupa per le ricadute sociali ed economiche a lungo termine; alcune indagini registrano anche un vistoso calo del desiderio di paternità e maternità nelle giovani generazioni, propense a immaginare il proprio futuro di coppia a prescindere dalla procreazione di figli

Dobbiamo poi constatare come alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l’obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell’aborto, nel tempo abbiano generato nella coscienza di molti la scarsa o nulla percezione della sua gravità, tanto da farlo passare per un “diritto”, mentre “la difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo” (Dignitas infinita 47).

Per di più, restano largamente inapplicate quelle disposizioni (art. 2 e 5) tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all’aborto. Occorre pertanto ringraziare e incoraggiare quanti si adoperano “per rimuovere le cause che porterebbero all’interruzione volontaria di gravidanza offrendo gli aiuti necessari sia durante la gravidanza che dopo il parto” (L. 194/78, art. 5), come i Centri di Aiuto alla Vita, che in 50 anni di attività in Italia hanno aiutato a far nascere oltre 280.000 bambini.

L’impegno di tutti per la vita; un’alleanza sociale per la speranza

L’impegno per la vita interpella innanzitutto la comunità cristiana, chiamata a fare di più per la diffusione di una cultura della vita e per sostenere le donne alle prese con gravidanze difficili da portare avanti. La Chiesa deve anche promuovere «unalleanza sociale per la speranza, che lavori per un avvenire segnato dal sorriso di tanti bambini e bambine che vengano a riempire le ormai troppe culle vuote in molte parti del mondo». Un’alleanza sociale che promuova la cultura della vita, mediante la proposta del valore della maternità e della paternità, della dignità inalienabile di ogni essere umano e della responsabilità di contribuire al futuro del Paese mediante la generazione e l’educazione di figli.

Tale alleanza può e deve essere inclusiva e non ideologica, mettendo insieme tutte le persone e le realtà sinceramente interessate al futuro del Paese e al bene dei giovani: se la questione della natalità dovesse diventare la bandiera di qualcuno contro qualcun altro, la sua portata ne risulterebbe svilita e le scelte relative sarebbero inevitabilmente instabili, soggette a cambi di maggioranza o agli umori dell’opinione pubblica.

Laiuto di Dio, “amante della vita”

La Scrittura ci presenta un Dio che ama la vita: la desidera e la diffonde con gioia in molteplici e sorprendenti forme nell’universo da lui creato e sostenuto nell’esistenza; ama in modo particolare gli esseri umani, chiamati a condividere la dignità filiale e ad essere partecipi della stessa vita divina. Confidiamo pertanto nella grazia particolare di questo anno giubilare, che porta il dono divino di “nuovi inizi”: quelli che il perdono offre a chi è prigioniero del suo peccato; quelli che la giustizia porta a chi è schiacciato dall’iniquità; quelli che la speranza regala a chi è bloccato dalla disillusione e dal cinismo.

Livio Casagrande