Se nel 1850 l’Anno Santo non venne assolutamente celebrato, venticinque anni dopo a Roma se ne ebbe un simulacro e la sua celebrazione avvenne piuttosto nella Chiesa sparsa per il mondo.
Ancora una volta, come già nel 1800 e nel 1850, sulla celebrazione del giubileo incisero fortemente le vicende politiche dalle quali la vita della Chiesa non è avulsa dal momento che essa vive e opera nel mondo.
Il 14 marzo 1861 venne proclamato il Regno d’Italia; l’unità d’Italia però non era ancora pienamente realizzata. Appena due settimane dopo, il Parlamento, da poco insediato, espresse il voto che Roma doveva essere congiunta all’Italia e divenirne la capitale. Questo scopo fu raggiunto nove anni più tardi.
Nel luglio del 1870, scoppiata la guerra tra Francia e Prussia, Napoleone III richiamò le truppe francesi; una volta che Roma fu sguarnita dell’unico valido presidio militare, Pio IX venne interpellato dal governo italiano, affinché rinunciasse al potere temporale e consegnasse Roma all’Italia. Avendo il papa opposto il suo rifiuto, Roma venne presa militarmente: il 20 settembre 1870 l’esercito italiano attraverso la breccia di Porta Pia entrò in Roma e la occupò.
Da questo momento, il rapporto con lo stato che aveva posto fine al potere temporale con un’azione militare, divenne il problema principale nella vita della Chiesa italiana e, soprattutto, inaugurò un muro contro muro tra Santa Sede e Governo italiano.
Il Regno di Sardegna, protagonista dell’unificazione d’Italia, portava avanti fin dalla metà del secolo una politica guidata dal palese intento di marginalizzare sempre più la Chiesa nella società. Dopo l’unificazione del regno, vennero a pioggia provvedimenti che chiaramente eran finalizzati a cancellare il più possibile l’influsso religioso nella vita pubblica: le leggi sulla soppressione degli ordini religiosi, l’abolizione delle facoltà di Teologia nelle Università, la legge Coppino che eliminava l’insegnamento della religione nelle scuole, la soppressione delle confraternite e l’incameramento dei loro beni. Lo storico Giorgio Spini (del tutto insospettabile di esser di parte, in quanto valdese) a ragione ha scritto: «è impossibile comprendere la storia religiosa italiana del XIX secolo senza prendere in considerazione il grande assalto che fu allora sferrato contro le credenze e le istituzioni ecclesiastiche tradizionali».
D’altro canto Pio IX, impressionato dalla laicizzazione galoppante appena descritta, privo di consiglieri veramente lungimiranti, influenzato piuttosto da ambienti conservatori, rimase arroccato nell’illusione di un ritorno di Roma alla sovranità pontificia. Sia detto qui per inciso che questa fu la chiara pretesa più volte rivendicata dal suo successore, Leone XIII. Pio IX offrì ripetutamente di sé l’immagine del «Papa prigioniero», mentre della Santa Sede affermò più volte che era «asservita ad un’autorità ostile alla Chiesa».
L’impossibilità della Santa Sede, come era stato per l’innanzi, di amministrare la città organizzandone vita e attività in occasione di un grande evento come il giubileo e lo smantellamento di tutta la rete di accoglienza per i pellegrini dopo la requisizione statale dei conventi e delle opere pie facevano cadere la possibilità pratica di svolgere un giubileo. Qualcosa venne fatto, ma fu appunto un simulacro di giubileo, se raffrontato agli Anni Santi dei secoli precedenti: non vi fu nessuna celebrazione pubblica e il flusso dei pellegrini fu assai ridotto. Il 25 dicembre Pio IX emanava la bolla Gravibus Ecclesiae, che già dalla prima riga preannunciava una lamentazione sui mali del momento presente («Mossi dalle gravi calamità della Chiesa e di questo secolo»). Non vi fu l’apertura della Porta santa e l’inaugurazione del giubileo fu assolutamente in sordina, anzi segreta. Essa avvenne l’11 febbraio, quando Pio IX scese in forma privata nella Basilica vaticana, le cui porte rimasero chiuse, e lucrò l’indulgenza. Pochi i pellegrinaggi di un certo rilievo numerico: quello degli Irlandesi di Dublino guidati dal Lord Mayor (sindaco), quello indetto a Bologna dalla Gioventù Cattolica maschile da poco fondata, e alcune comitive francesi. Nei primi giorni del 1875, Pio IX ripubblicò la lettera, con la quale Leone XII nel 1825 aveva dato la possibilità ai fedeli di ottenere le grazie del giubileo senza recarsi a Roma. Dopo pochi giorni, il 24 gennaio, il Dicastero De Propaganda Fide promulgò un indulto, che ai fedeli dei territori di missione prorogava per due anni la possibilità di ottenere, dove vivevano, l’indulgenza giubilare.
don Claudio Centa
Nella foto: Pio IX nel 1875, 83 anni di età. (Foto di Adolphe Braun, 1812-1877)