QUITO – Una nostra volontaria bellunese informa e rassicura in margine ai disordini avvenuti nel Paese

Una bellunese nell’emergenza dell’Ecuador

«...siamo tranquilli, la situazione è sotto controllo, ma penso che il peggio avverrà nei prossimi giorni»

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Emanuela dall’Ecuador

Emanuela Mondin è una missionaria laica della nostra diocesi di Belluno-Feltre. Originaria di Quero, nel 2011 ha vissuto un’esperienza di volontariato in Perù della durata di 4 mesi. Nel novembre del 2016 è partita come missionaria laica “Fidei donum”, inviata dalla nostra diocesi di Belluno-Feltre, a servizio della diocesi di Guadalajara in Messico. Lì ha operato presso “Villa Infantil” una casa che accoglie bambini, neonati, abbandonati o orfani, con prospettiva di futura adozione. “Villa Infantil” si trova sulle rive del lago Chapala, a circa 72 chilometri dalla capitale. È una grande “casa famiglia”, sostenuta da una piccola comunità di suore messicane e dal volontariato locale. Dopo un periodo di riposo in Italia, a fine gennaio 2020 Emanuela è ripartita, questa volta per la Bolivia, per partecipare a un progetto di promozione umana come educatrice e animatrice delle comunità indigene. Da due anni e mezzo Emanuela si trova in Ecuador. Dopo essere stata nella zona della costa, ora si trova vicino a Quito e si occupa di bambini, salute e formazione.

Mercoledì 10 gennaio Emanuela scriveva a Josè Soccal, segretario del nostro Ufficio Missionario:

«Volevo assicurarti e dirti che sto bene, che stiamo tutti bene, anche le suore, i bambini. Ieri (9 gennaio) è stata dura, perché tutto il mondo era impazzito. Sembrava di vivere in uno stato di guerra. Adesso è stato proclamato lo stato di guerra per 8 giorni, quello di emergenza per 60 giorni. Oggi per le strade la situazione si è davvero normalizzata: i negozi sono di nuovo aperti, gli autobus hanno ripreso a circolare. Certo, vedi più polizia per le strade, ma io penso che quello che è successo ieri sia stato fumo negli occhi, qualcosa per tener occupata la polizia e l’esercito mentre i due super boss che sono evasi in seguito alla rivolta in tutte le carceri dell’Ecuador hanno avuto modo di raggiungere il loro rifugio… Questo mi spaventa un po’ di più. Perché speriamo che non organizzino qualcosa di davvero brutto. Comunque, volevo tranquillizzarvi. Io terrò aperta la mia attività di formazione, le classi sono virtuali, però ho avvisato i bambini e i genitori che io terrò aperto per i bambini che vogliono venire, mentre ai volontari ho dato carta bianca che scelgano loro se venire o meno, perché ognuno in situazioni così deve fare quello che si sente. Io mi sento di tenere aperto. Comunque, oggi la situazione è sotto controllo, ma io penso che il peggio avverrà nei prossimi giorni.  Per come si è svolta tutta la faccenda. Vi mando un grande abbraccio e assicura nel caso siano preoccupati don Augusto e don Renato il nostro vescovo».

Cronaca dei disordini

Lunedì 9 gennaio l’Ecuador è stato messo in stato d’emergenza per la fuga del criminale “numero 1” del Paese. Il provvedimento è stato preso dal Presidente Daniel Noboa dopo che José Adolfo Macías Salazar, alias “Fito”, non è stato trovato nella sua cella nel carcere di Guayaquil. «Il suddetto Salazar “Fito” – precisa l’agenzia di stampa Fides – leader della banda Los Choneros, è stato condannato per rapina, omicidio, traffico di droga e crimine organizzato, per i quali stava scontando una pena di 34 anni dal 2011. Dal carcere dove era rinchiuso continuava a controllare il traffico di droga e gli scontri con altri gruppi con collegamenti con i cartelli in Messico e Colombia. I media locali riferiscono che il boss criminale aveva il controllo totale del carcere regionale da dove è scappato».

L’evasione del più importante boss criminale ecuatoriano coincide con un’ondata di rapimenti di poliziotti (almeno 4 agenti sequestrati in due località diverse) e alcuni attentati con ordigni esplosivi.
L’Ecuador è diventato terreno di scontro di bande criminali che si contengono il controllo del narcotraffico tra la vicina Colombia e Stati Uniti ed Europa.

Il Presidente Daniel Noboa, dichiarando l’esistenza di un “conflitto armato interno”, ha ordinato alle forze militari di smantellare 22 gruppi criminali organizzati transnazionali, definiti organizzazioni terroristici non-statali. Dichiarazione emessa dopo che un gruppo armato ha occupato per diverse ore il canale pubblico TC Televisión a Guayaquil, mentre si verificavano disordini in sei carceri e altri atti violenti a Quito e in diverse città. «Le forze di sicurezza – precisa l’agenzia Fides – sono riuscite a liberare gli ostaggi nella stazione tv e a catturare i membri del commando senza spargimento di sangue. Ma il panico è scoppiato nelle strade di Guayaquil, dove otto persone hanno perso la vita in attacchi contro pedoni e veicoli. La polizia è intervenuta in più di seicento situazioni di emergenza e diversi ospedali sono stati perquisiti. Approfittando del caos, anche un altro pericoloso boss, Fabricio Colon Pico, è evaso dal carcere di Riobamba».
Al governo di Quito è giunta la solidarietà dei governi latinoamericani, dal Messico all’Argentina, passando per Colombia, Brasile e Cile. Il confinante Perù ha annunciato che dichiarerà lo stato di emergenza su tutta la frontiera settentrionale del Paese e invierà le Forze Armate per monitorare la zona insieme alla Polizia nazionale. L’Argentina ha annunciato di essere pronta a inviare forze di sicurezza in Ecuador per contribuire a ristabilire l’ordine, definendo la situazione ecuadoregna un problema per l’intero continente.

Domenica scorsa 14 gennaio le forze di sicurezza dell’Ecuador hanno ripreso il controllo di diverse prigioni cadute nelle mani dei membri delle bande, dopo aver ottenuto il rilascio di oltre 200 funzionari tenuti in ostaggio all’interno delle carceri.

Edf – J.S.