La luce nell'oscurità, tema scelto dal Vescovo per le omelie di Natale

Abbiamo visto una grande luce

La testimonianza di un politico italiano: «Non posso fare a meno del confronto con il Mistero»

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

«Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce»: facendo eco alle parole del profeta Isaia, proclamate nella notte di Natale, il vescovo Renato, nell’omelia tenuta in Cattedrale a Belluno, ha riletto le vicende di cronaca di questi ultimi giorni: «…l’insicurezza dei lavoratori… la fragilità di alcune situazioni di vita familiare… il persistente e sconsolato andarsene di giovani che cercano futuro… motivi di uno smarrimento collettivo, a volte di un dolore comunitario». Questa incertezza riguarda spesso anche la vita di tanti diocesani: «Spesso le nostre vicende di vita sono state un “camminare nelle tenebre”, un “barcollare tra il buio”, un “essersi persi”, un “trovarsi abbandonati e, forse anche, traditi”». Spesso le vicende della vita sono un “camminare nelle tenebre”. «La vita si fa conoscere in questo “camminare nelle tenebre”».

Il Natale celebra proprio – nel nostro “camminare nelle tenebre” – «l’incontro con il “Dio che ci salva”, in quanto è affezionato a noi». Dio affianca «il nostro “camminare nelle tenebre”». San Luca, nel brano evangelico cantato nella notte santa, dice che «in quella notte di Betlemme “la gloria del Signore avvolse di luce” i pastori».

Anche nella Messa dell’Aurora presieduta nella Concattedrale di Feltre, il Vescovo ha sottolineato il «delicato e inaspettato “tocco di Dio”» che raggiunge i pastori nell’oscurità della notte, mentre pernottavano all’aperto, vegliando il gregge. Il tocco di Dio «penetra fino al cuore della notte». Ma che cosa è il Natale? «Siamo imbarazzati di fronte allo spropositato utilizzo che oggi si fa di questo esile e fragile inizio della “bontà di Dio” e del “suo amore per gli uomini”».

Ci sono «molti motivi di preoccupazione e di disagio nel nostro contesto di vita», riconosce il Vescovo e, citando Giuseppe De Rita, osserva: «Ci manca il futuro e per questo il presente diventa faticoso, fastidioso». Vale dunque la pena di farsi compagni di viaggio dei pastori nel loro andare fino a Betlemme a vedere «questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere» (Luca 2,15). Ne viene «questo mettersi in cammino, questo desiderare ancora»; ne viene la «percezione che una breccia di novità sia ancora possibile»; ne viene «questo incoraggiarsi l’un l’altro»: “Andiamo a Betlemme!”. E’ l’immagina ripresa anche nella Messa del Giorno, presieduta in Cattedrale a Belluno: «Straordinaria questa scena dove ci si conduce l’un l’altro, incoraggiandoci a vicenda: “Su, andiamo!”». Altrimenti – ricorda il Vescovo nella Messa del Giorno – «è possibile disperdere la gioia degli inizi, dimenticarla tra le nostre abitudini a subire e, forse, a sopportare la vita».

Giova la testimonianza che un autorevole politico italiano ha affidato ieri, vigilia di Natale, a un quotidiano: «Ho avuto momenti di stanchezza, […] ma non ho mai smesso di ricercare il Signore […] sento di non poter fare a meno del confronto con il Mistero». E ancora riconosce che «tra tante urla» la fede «mia dà l’energia giorno dopo giorno per rendere concreto il mio cammino sulla via dell’equità, del rispetto e dell’accoglienza soprattutto verso i più deboli e i più abbandonati. Altrimenti la parola di Dio rischia di rimanere scritta solo nei libri e non nei cuori». [DF].