L’Ufficio Missionario Diocesano ripropone l’iniziativa quaresimale “Un pane per amor di Dio”

Una scuola per i bambini sfollati in Birmania

Si permette ai bambini l’opportunità di crescere pur nell’esperienza traumatica dello sfollamento

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L’iniziativa quaresimale

Precisa don Augusto Antoniol, direttore dell’Ufficio di pastorale della Missione: «La Quaresima, ormai da tradizione per la nostra diocesi, è anche tempo per aprire il cuore e lo sguardo “fino agli estremi confini della terra” in quei luoghi remoti dove i nostri missionari e missionarie annunciano il Vangelo con coraggio e dedizione. La campagna di solidarietà “Un Pane per Amor di Dio” ci permette di costruire ponti di amicizia e sostegno economico con le comunità cristiane che vivono in situazioni di povertà, guerre e carestie. Quest’anno i progetti quaresimali del “Pane” sono destinati soprattutto ai bambini, alla loro educazione, alla loro salute e al loro benessere».

Lo slogan di quest’anno è “Con gli occhi dei bambini”, con il riferimento alla frase evangelica attribuita a Gesù: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite”. I progetti sono i seguenti: programma supporto donne e bambini in Ecuador; sosteniamo i bambini dell’asilo in Costa d’Avorio; superiamo i traumi della guerra in Libano; una scuola per i bambini sfollati in Birmania.

Ogni settimana su questa pagina sarà presentato uno di questi progetti.

Birmania: una scuola per i bambini

La maggior parte dei parrocchiani di don Bruno Soppelsa (nostro missionario bellunese in Thailandia) e don Ferdinando Pistore (altro missionario del Triveneto della diocesi di Vicenza) viene dal Myanmar, in particolare dallo stato del Kayah, diocesi di Loikaw dove, da ormai 4 anni dopo l’ultimo colpo di stato, la situazione va di male in peggio sotto il silenzio e nell’indifferenza della comunità internazionale. Ci scrive don Bruno: «La Giunta Militare è stata protagonista di rappresaglie efferate nei confronti della popolazione civile, invadendo villaggi, trucidando e bruciando persone, a volte con truppe di terra e a volte con bombardamenti aerei. Come risultato moltissime persone sono state costrette a fuggire e tentare di trovare un po’ di sicurezza nella foresta, in alcuni campi profughi o in altri villaggi al momento non ancora attaccati.

In uno di questi villaggi, Sibu, è venuta la richiesta dei genitori di poter mandare a scuola i bambini, ma la scuola materna aveva una capienza massima di 40 bambini, 50 proprio stretti. Così parroco e collaboratori (compresi alcuni parrocchiani dall’estero) si danno da fare per permettere che, pur nell’esperienza traumatica dello sfollamento e del rifugio a Sibu, non si chiuda ai bambini l’opportunità di una crescita. In paese l’energia elettrica è limitata ad alcune ore al giorno e già da tempo le linee dell’acquedotto non danno più acqua, che gli abitanti del villaggio devono procurarsi da sorgenti naturali. Eppure, non manca la tenacia e la forza d’animo di pensare anche ai bambini e tentare di costruire qualche locale per allargare la scuola materna».

Rifugio e cibo per la popolazione

In una precedente missiva, don Bruno Soppelsa precisava: «Da circa 13 anni i preti missionari Fidei-Donum del Triveneto hanno fondato la parrocchia di San Francesco d’Assisi in Lamphun, nel nord della Thailandia, quasi 400.000 persone, i cui cattolici sono poco più di un centinaio, la maggior parte dei quali immigrati birmani venuti a lavorare nella zona industriale. Vorremmo essere vicini alla situazione drammatica del Myanmar, dove vivono i familiari dei nostri parrocchiani. Quattro anni fa abbiamo assistito a un violento colpo di stato da parte della giunta militare, che ha destituito e incarcerato la legittima presidente eletta San Suu Kyi. Tuttora la situazione catastrofica viene vissuta nell’indifferenza quasi totale, anche da parte dei mass media internazionali. In questi anni noi missionari abbiamo tentato di essere vicini e portare il nostro aiuto in tre direzioni. Anzitutto nei campi dei profughi birmani che sono all’interno del territorio thailandese, dove i profughi sono privi di documenti, senza i quali è impossibile pensare a qualunque futuro.

Abbiamo poi fatto arrivare aiuti diretti nel territorio birmano di Loikaw, dove la popolazione è dovuta scappare prima nella foresta, senza cibo e vestiti, e infine nelle altre province. Una terza via di aiuti è indirizzata ad alcuni villaggi sotto le bombe o in difficoltà.

Attualmente è difficile trovare riso (o altre cose da acquistare) e quando si trova è in piccola quantità e a prezzi molto alti. In un villaggio hanno tentato di organizzarsi per accogliere i bambini nella scuola materna. Non ci sono però risorse. Per questo abbiamo pensato di concentrarci su quel villaggio e di chiedere anche il generoso sostegno della diocesi di Belluno-Feltre».

Edf