Il filo conduttore della sua esistenza

Omelia del card. Beniamino Stella nella prima memoria liturgica del beato Giovanni Paolo I

 

Eccellenza carissima, Signor Sindaco,
cari concittadini di Canale d’Agordo, Fratelli e Sorelle,

sono grato al vescovo Renato, per l’onore di invitarmi a presiedere questa celebrazione, nella prima Memoria liturgica del Beato Giovanni Paolo I, il vostro carissimo don Albino, il mio carissimo vescovo Albino.

Nella bella lettera che mi ha inviato, il Vescovo mi scriveva così: «lo stile di Albino Luciani ogni giorno sembra sollecitarci alla chiamata all’umiltà, riconoscendo – oltre le forme eclatanti della vita ecclesiale – l’essenziale della fede, della speranza e della carità».

È proprio così, cari amici; è proprio così, caro vescovo Renato. Il magistero del Beato Giovanni Paolo I, breve quanto un ciclo lunare, si è centrato sulle tre virtù teologali, premettendo tuttavia, quasi come antifona di ingresso, la meditazione sull’umiltà. Questa virtù – lo sappiamo – è stata il filo conduttore della sua esistenza.

Pochi giorni prima di fare l’ingresso come Vescovo a Vittorio Veneto, in questa chiesa parrocchiale alle mie spalle, diceva: «…penso che il Signore continua anche adesso col suo vecchio sistema: prende i piccoli che sono nel fango e nella storia e li solleva alle altezze: chiama dai boschi, dai campi, dalle reti la povera gente e ne fa dei grandi». Era il 4 gennaio 1958.

Riprese la stessa immagine il successivo 11 gennaio, nella Cattedrale di Vittorio Veneto. Lo ripeté l’8 febbraio 1970, sulla Cattedra di San Marco a Venezia: «…confido nell’aiuto, che il Signore concede anche a chi vale poco. Dio, infatti, certe cose grandi ama talvolta scriverle non sul bronzo o sul marmo, ma addirittura sulla polvere».

Le parole – come ben notate – sono le stesse, ripetute in tre momenti importanti e solenni della sua vita e del suo magistero di Vescovo. Pronunciava le medesime parole, non per scarsa originalità, ma perché erano il “chiodo fisso” a cui – come provetto scalatore delle Dolomiti – aveva ancorato la sua esistenza di credente. Non è un caso che all’umiltà abbia dedicato, da Pontefice, anche la prima catechesi di mercoledì 6 settembre del ‘78, evocando ancora una volta il simbolo della polvere.

Farsi piccoli davanti a Dio è la chiave per comprendere questa virtù eminentemente cristiana, tipica di quel Maestro, diceva Papa Luciani, che «ha preso talmente l’ultimo posto che nessuno ha potuto strapparglielo»: «Davanti a Dio, la posizione giusta è quella di Abramo, che ha detto: “Sono soltanto polvere e cenere davanti a te, o Signore!” (cfr. Gen 18,27). Giusto, piccoli dobbiamo sentirci davanti a Dio. Quando io dico: Signore io credo; non mi vergogno di sentirmi come un bambino davanti alla sua mamma». Parole sapienti e umili di Papa Luciani!

Sono parole di 45 anni fa. Ma parlano anche al mondo d’oggi. La sua humilitas contrasta fortemente la moderna ossessione per i “followers” e i “like” dei social, sul cui altare si sacrificano, talvolta, vite, persone, ore di lavoro e di sonno, e purtroppo spesso si immola anche la verità, del dire e del pensare.

E in questo ordine di riflessione sull’umiltà nel sentire di sé e nel relazionarsi – e chiedo sinceramente venia per questa mia incursione in un meno gradito moralismo – impariamo dal Beato a usare un linguaggio umile, ricco di bella umanità! Eliminiamo dalla nostra bocca l’arroganza, la prepotenza, l’esibirsi da primi della classe, che sanno tutto e hanno sempre da insegnare agli altri.

Lo vorrei dire, con rispetto e con garbo, anche a chi si presenta armato di microfono, o davanti a una telecamera, o su un canale social. Non facciamo a gara per chi la dice “più grossa”, per chi è capace di offendere più in profondità, per chi fa più colpo, o peggio… per chi è più bravo a mentire.

Teniamoci lontano anche da un linguaggio che non useremmo davanti ai nostri bambini. Impariamo a essere nobili nelle parole e nei gesti, rispettosi degli anziani e dei piccoli, a dare buon esempio come genitori, a seminare le nostre giornate di piccole opere buone e di umili servizi agli altri, torniamo alla buona educazione verso i vecchi, e verso tutti!

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Le tre virtù teologali della fede, della speranza e della carità hanno ritmato le successive tre catechesi dei mercoledì successivi al 6 settembre.

Il 13 settembre parlò della fede, iniziando con un sonetto del poeta romanesco Trilussa. Sentite! «Quella sera, quella vecchietta cieca, che incontrai la sera che mi spersi in mezzo ar bosco, me disse: se la strada nun la sai te la mostro io, che la conosco». È ben strano – osservano il poeta Trilussa e il Papa con lui – farsi accompagnare da una persona cieca; o meglio, che sembra cieca. Ma «la cieca, allora, me pijò la mano e sospirò: – Cammina –. Era la fede». È la fede in Gesù, la vecchietta cieca, che guidò la vita di Papa Luciani. È sempre questa vecchietta, apparentemente cieca, la fede, che può guidare anche la nostra vita.

Soprattutto mi piace ricordare quel punto in cui Giovanni Paolo I osservava che la Chiesa è come una madre, che si ama e che si venera nel cuore, anche quando è vecchia e soprattutto malata: «Nella Chiesa – diceva il Beato – ci sono qualche volta, dei difetti e delle mancanze, ma non deve mai venire meno il nostro affetto verso la Chiesa». Nella Chiesa – aggiungo io – ci sono talvolta anche contro-testimonianze, dolorose e tristi. Ma che questo non sminuisca nel nostro cuore il senso del divino e la bellezza dei Sacramenti e della Parola di Dio. Apportiamo e doniamo, semmai, per rendere più bello ed attraente il volto della Chiesa, nostra Madre in sofferenza, il tesoro del nostro sacrificio e dell’offerta riparatrice.

Ricordo velocemente le altre due virtù. Il 20 settembre, sempre del ‘78, papa Luciani parlò della speranza, dichiarando: «Vedete dunque che il Papa è piuttosto entusiasta, ha tanta simpatia per questa virtù della speranza». È la virtù che tiene la porta aperta a chi è ferito nella vita: «Dirà qualcuno: ma se io sono povero peccatore? Se ho tanti peccati?». E ricordava l’esortazione che aveva dato a una penitente che si riteneva perduta: «Lasci perdere il passato, pentita com’è, si proietti all’avvenire, cambi con l’aiuto di Dio la sua vita. Vedrà, sarà tutto cambiato». Aggiunse un’allusione a Francesco di Sales, che parla delle «nostre care imperfezioni». Le mancanze sono per Dio «occasione di mostrare la sua misericordia e a noi di tenerci bassi, di esser umili, di capire e compatire le mancanze degli altri». Ho citato il Papa Luciani.

E il giorno prima di rendere l’anima a Dio, Giovanni Paolo I rese l’ultima testimonianza alla carità. Parlò dell’amore che dobbiamo a Dio, ma lo collegò – come «fratello gemello» – all’amore per il prossimo, alla giustizia, alla solidarietà sociale, anche nelle relazioni internazionali. Il magistero di Papa Luciani si concluse con la catechesi sulla carità il 27 settembre del ‘78, vigilia della morte e porta il sigillo delle sue ultime volontà.

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Nella stessa lettera che ho citato all’inizio, il vostro Vescovo mi sottolineava «la consapevolezza della “grazia” della beatificazione di Giovanni Paolo I per la Chiesa di Belluno-Feltre».

Ne sono proprio convinto anch’io! E se c’è una grazia e un dono della Provvidenza del Padre che scaturisce dal 4 Settembre dell’anno scorso, giorno della Beatificazione, ne derivano due impegni per questo incanto di paese che gli ha dato i natali, per questa cara diocesi che ne custodisce la memoria, per tutti coloro che hanno conosciuto e amato l’indimenticabile Giovanni Paolo I e che oggi sono qui, con emozioni forti nel cuore, a venerarne la memoria e a impetrarne l’intercessione.

Anzitutto il dovere della gratitudine al Signore, che semina nel cammino della storia della sua Chiesa esempi di santità e di virtù cristiane, eroicamente vissute. La Chiesa resta sempre bella e splendida nei suoi Santi, che sono quelli ascesi alla gloria degli Altari, ma sono anche quelli della “porta accanto”. Ognuno di noi ne potrebbe enumerare parecchi, già passati all’altra riva della vita, e non pochi altri, che vivono vicino alla nostra porta di casa, che vivono il quotidiano in tanti umili e nascosti gesti di eroismo e di servizio ai piccoli, ai poveri, ai malati, ai migranti, agli anziani, e soprattutto ai propri figli.

Vorrei qui anche dire, sottovoce e sommessamente ma con sentita ammirazione, che il servizio alla vita nascente è oggi un grande atto di fede, di speranza e di carità, direi quasi da veri Santi, verso la società e la Chiesa. Fidiamoci del Signore che invita a essere padri e madri di nuove vite e che non farà mancare “il pane e l’acqua” – lo dico in metafora! – per sostenere nell’ora della fatica, del bisogno, dell’angustia, per noi e i nostri bambini!

Come seguito a quanto dicevo sopra del parlare umile, semplice e umano, aggiungerei qui un cenno al linguaggio della fede e della speranza! Sentite come parla il credente!

Il Signore lo sa, Dio vede e Dio provvede, non perdiamo la speranza e la fiducia, Dio continua a fare miracoli anche oggi. Affidiamoci alla preghiera che sposta le montagne, lasciamo fare al Signore che conduce i destini personali e del mondo. Se a Dio piacerà, nulla è impossibile al Signore etc. etc., dopo esserci ovviamente tirati su le maniche, come si dice in parole che tutti qui ben comprendiamo!

I Santi vanno poi imitati! Guardando a Papa Luciani, raccogliamo da questo incontro, così festoso e caro al cuore, un messaggio, e portiamoci a casa, con un’immaginetta, soprattutto l’invito al cuore di copiarne una virtù, una caratteristica, un gesto, una memoria che ci ha attirato e conquistato il cuore. In questa Piazza calpestiamo un suolo che lui ha amato, e respiriamo un’aria che lui ha raccolto nei suoi polmoni.

Oggi l’essere buoni e santi nel quotidiano non è meno impegnativo di allora, ai suoi tempi. Ciascuno nella sua propria storia e nel suo ambiente di vita dica al Signore: Signore prendi me e fai della mia povera vita un segno, umile e sorridente, di santità cristiana, per la famiglia, per la società e per la Chiesa, là dove Tu, Signore, mi hai posto a nascere e a crescere… come il nostro don Albino! E così sia!

+ Beniamino Card. Stella

Canale d’Agordo
26-08-2023