All’inizio del ministero episcopale

Cattedrale di Belluno
24-04-2016

At 14,21b-27; Sal 144 (145); Ap 21,1-5a; Gv 13,31-33a.34-35

Vi ringrazio tutti, donne e uomini qui radunati in assemblea di Dio, e voi giovani che mi avete accompagnato dandomi speranza; vi ringrazio per le parole pronunciate dal patriarca Francesco e da voi accolte. Eccole:

«Fratelli e sorelle in Cristo, per grazia di Dio e designazione della Sede Apostolica, da questo momento il Vescovo Renato è pastore della santa Chiesa di Belluno-Feltre».

 

Nel gesto del fratello vescovo Giuseppe, mio predecessore, che mi ha consegnato il pastorale, riconosco la fiducia e l’accoglienza da parte di questa Chiesa di Dio che è in Belluno-Feltre.

La tua santità e la tua bontà, carissima Chiesa di Dio, sono il motivo del mio affidarmi: ho accolto questa chiamata al ministero episcopale, perché ci sei tu, Chiesa di Dio, con la tua bellezza.

Ora comprendo perché – cercandone una ragione nei racconti evangelici – la mia attenzione e il mio desiderio si siano incontrati con le parole del Risorto dette a Maria di Màgdala, in quell’alba ancora nascosta e titubante del primo giorno dopo la passione e morte di Gesù:

«Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”» [Gv 20,17-18].

Sì, posso riconoscerti nella figura evangelica di Maria di Màgdala. Tu Chiesa di Belluno-Feltre:

  • tu raggiunta dal tuo Maestro, il Signore Gesù che tu ami e per il quale a volte hai pianto come se qualcuno l’avesse portato via;
  • tu chiamata da lui per nome poiché il suo volerti bene ti precede;
  • tu sollecitata ad un nuova relazione con lui che ti ha detto: «Non mi trattenere»

tu sei stata inviata “ai suoi fratelli”, i discepoli smarriti nelle loro stesse paure.

Tramite il tuo amore e la tua fede il Risorto li ha coinvolti nuovamente e la sua Parola ha potuto toccare il loro cuore e ridestarli, rigenerati, all’alba della Pasqua.

Oggi, Chiesa di Belluno- Feltre, io vivo il mio incontro con te come se tu, alla stregua di Maria di Màgdala e sulla Parola del Signore, abbia coraggiosamente raggiunto me, ridestandomi all’annuncio del Risorto, in quel suo salire al Padre, origine e fonte della nostra fraternità e comunione.

Insieme siamo ora coinvolti nella sua Pasqua con all’orizzonte «un cielo nuovo e una terra nuova» [Ap 21,1], incamminati verso la «Gerusalemme nuova», che scende «dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo».

La consegna è davvero decisiva per noi:

«Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» [Gv 13,35].

Il Signore Gesù pronuncia queste parole nel bel mezzo della nostra fragilità, delle nostre esitazioni, delle nostre paure, perfino del nostro peccato che lui si getta dietro le spalle…

Il racconto evangelico tocca le nostre rigidità, le nostre gelosie, le nostre chiusure, i nostri tradimenti! La missione che Gesù affida ai discepoli avviene proprio lì. Il Vangelo annuncia che in questo stesso istante «il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui».

Ecco dove sta la “gloria di Dio” e dove possono apparire “il cielo nuovo e la terra nuova”, secondo il Vangelo appena ascoltato:

«Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» [Gv 13,35].

Come discepoli di Gesù ogni giorno, sulla nostra stessa carne, possiamo di nuovo imparare, conoscere e assumere il grande bisogno di amore presente in ogni persona da sempre.

La profezia del Vangelo ha iniziato il suo corso nella esilità e nella povertà di donne e uomini che hanno pianto su Gesù, che hanno guardato ai tanti sepolcri vuoti della vita e che hanno resistito nonostante l’indifferenza circostante, affascinati da una sorprendente e immeritata misericordia.

Io non conosco ancora come vivano le comunità di discepoli che abitano questo affascinante territorio.

L’incontro di oggi ci affratella nella domanda che conta: ma noi siamo riconoscibili come discepoli del Risorto? Abbiamo amore gli uni per gli altri, dove “gli altri” sono coloro ai quali il Risorto ci manda, ci fa incontrare con la sua Parola di vita e di speranza e con i gesti del suo amore?

Ci lasciamo raggiungere da questa evangelica domanda per aiutarci e non per esaminarci e giudicarci, non per rivendicare spazi e privilegi che il Vangelo non prevede e non comprende…

La Parola del Signore è immediata, semplice e pulita: «Se avete amore…».

Questa parola confidenziale si offre a noi con estrema delicatezza, con disarmante pudore, con sorprendente tenerezza. Il Risorto ci rende liberi così!

La pagina dell’Apocalisse proclamata ci svela l’intera visione:

«Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio» [Ap 21,3].

Come farci portatori di questa speranza, come annunciare questo Vangelo?

«Come io ho amato voi…», dice il figlio dell’uomo!

Dove ci porterà questo amore?

Ecco la commovente descrizione dell’Apocalisse:

«E [Dio] asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate».

«Se avete amore…»: siamo ancorati a questa chiamata.

È la salutare povertà da raggiungere e condividere: solo così saremo riconoscibili come discepoli di Gesù.

Ho un grazie particolare da manifestarti, Chiesa di Dio in Belluno-Feltre. La tua vicenda al seguito del Signore mi affascina. Dieci anni fa nel libro del tuo Sinodo hai scritto:

«Questa è la vita da amare, accogliere, difendere, servire, educare, annunciare»: e ti riferivi al «dono di una vita felice, possibile anche dentro situazioni comunemente giudicate realtà maledette».

Poi additavi in modo originale il Vangelo che oggi abbiamo accolto con questa singolare citazione: «Colui che ama dice: Tu non morirai mai!» [Gabriel Marcel, Homo Viator, Torino 1967, p. 171].

Questo lo conoscono le nostre esperienza d’amore.

Poi del tuo Signore hai scritto: «La protesta, sulle labbra di Colui che è datore di vita, diventa “attestazione” di vita e di risurrezione».

E tu, chiesa di Belluno-Feltre ti lanciavi in una coraggiosa risposta:

«Diventiamo così testimoni di vita e di speranza dimostrando di conoscere l’aggressività del non senso».

È la Parola con cui oggi e sempre il figlio dell’uomo è glorificato:

«Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» [Gv 13,35].

Cammineremo così: il nostro rispetto, la nostra empatia, la nostra disponibilità, il nostro servizio, la nostra fraternità, la nostra comunione saranno un “discepolato accogliente” in questo magnifico territorio attraversato dai fremiti di una crisi globale e locale.

Nel cammino di preparazione al Convegno ecclesiale triveneto Aquileia 2, tu, Chiesa di Belluno-Feltre, hai comunicato alle altre 14 Chiese sorelle di questa regione  del Triveneto tutto il senso e il valore della tua missione:

«Oggi la nostra Chiesa è cosciente di dover ripartire dall’annuncio del Vangelo. Il sinodo chiede alle comunità cristiane di ritornare capaci di annuncio e accoglienza convertendosi, ascoltando e riscoprendo la freschezza liberante della “Buona novella” e condividendo con la società il “capitale di senso” che scaturisce dall’adesione sincera all’annuncio del Vangelo». Così hai raccontato.

Anche la Chiesa di Padova con la sua presenza qui ti manifesta il suo grazie lasciandoti oggi un suo figlio, unitamente alle Chiese qui rappresentate dai loro pastori.

Grazie, Chiesa di Dio in Belluno-Feltre!

Per te, con te, in te… eccomi!